George Il Solitario, Geochelone nigra abingdoni,tartaruga gigante

Su autorizzazione dell'autore, Domenico Morabito.

Il 24 giugno 2012 è morto “George Il Solitario”. Al secolo Geochelone nigra abingdoni, tartaruga gigante dell’isola Pinta, una delle 14 isole che compongono l’arcipelago delle Galapagos nell’Oceano Pacifico, santuario indiscusso della biodiversità. Luogo sacro per i naturalisti dove Darwin nel 1835 ebbe la folgorazione per la teoria della selezione naturale.

Nelle 14 isole che compongono l’arcipelago delle Galapagos nell’Oceano sono presenti specie animali e vegetali uniche , adattate all’ecosistema peculiare di ciascuna isola. La leggenda vuole che tra le tante minuziose osservazioni, il giovane Darwin  notò che i fringuelli che vi vivevano erano rappresentati da tredici specie diverse per le dimensioni, i colori e per la struttura del becco. Ma, leggendo attentamente le pagine del libro “The Voyage of the Beagle” scritto  al rientro dal viaggio lungo cinque anni a bordo della nave Beagle, è storia nota, Darwin probabilmente fece confusione.

Tornato a Londra Darwin si accorse di non aver raccolto tutte le specie e di non aver separato le specie delle diverse isole. Pensava di avere a che fare con famiglie di uccelli diverse tra loro. Lo aiutò a completare il quadro della distribuzione dei volatili sulle diverse isole il capitano FitzRoy, comandante del Beagle. Tutti gli uccelli raccolti vennero consegnati all’ ornitologo John Gould, che li classificò in 13 specie appartenenti tutte alla stessa famiglia. Solo allora Darwin si interessò ai fringuelli.   Lonesome George, questo il suo nome originale in inglese, è stato trovato sull’ isola di Pinta nel 1972, quando si credeva che la specie di tartarughe endemica dell’isola fosse del tutto estinta.

Da allora la tartaruga fu trasportata  sull'isola di Santa Cruz e sistemata in un recinto alla Stazione di Ricerca Charles Darwin, nel Parco nazionale delle Galápagos. Fu inserito nel programma di riproduzione in cattività della Direzione del Parco Nazionale delle Galapagos. George non è riuscito a trovare in 35 anni una femmina con cui accoppiarsi, e le ultime speranze erano riposte in qualche miracolo della scienza, che non si è verificato. Grazie all’ analisi del DNA di George si cercarono “affinità elettive” comparandolo con quello di tartarughe femmine provenienti dalle altre isole. Un team internazionale guidato da ricercatori della Yale University aveva individuato una tartaruga con metà dei geni in comune con George, come riportato nella rivista Current Biology. Gli sforzi di perpetuare i discendenti di George( che faceva parte del Guinness come animale tra i più unici al mondo) non ebbero successo. Non voleva accoppiarsi con femmine di altre sottospecie, e quando finalmente ci riuscì, le uova non risultarono fertili.

Quattro delle 14 specie di tartarughe giganti delle isole Galapagos, si erano già estinte nel secolo scorso a causa della caccia, o per meglio dire, del prelevamento forzato da parte di marinai, soprattutto balenieri e pirati che facevano scorta di tartarughe. I grandi rettili rimanevano vivi a lungo sulle navi ed erano quindi cibo fresco pronto a sfamare le ciurme in lunghi periodi di navigazione. A metà del ‘900  i problemi per le tartarughe non cessarono. Specie introdotte come capre e maiali si diffusero sulle isole mettendo a serio rischio  l'habitat dei rettili. Ma George ormai viveva solo soletto nel suo recinto, star internazionale e simbolo “turistico” delle Galapagos.

Raccontare questa storia significa accendere i riflettori sulla la notizia di questi giorni:  quasi tutti i parchi nazionali italiani  hanno scritto al ministro Clini per sensibilizzarlo sulle conseguenze che il taglio delle spese che il governo sta operando anche nel comparto degli enti parco andrà a creare toccando le economie e la gestione degli enti, compromettendo quindi soprattutto le attività e i servizi di conservazione. Se in un primo momento le aree protette in molte regioni italiane non erano tenute molto in considerazione, con il tempo si è assistito ad un cambiamento culturale graduale ma deciso, giungendo alla nascita della politica per le aree da salvaguardare con la legge quadro n. 394 del 1991,  che definisce l'istituzione e la gestione delle aree naturali protette  e  identifica i criteri per la classificazione delle aree protette.

In questi ultimi anni, si è visto che  il problema della tutela e della conservazione  riguarda tutti. La biodiversità è presente nei territori della penisola in modo tangibile, la sua conservazione e valorizzazione costituisce un fondamentale contributo alle economie locali. Gli elementi di questo prezioso patrimonio sono stati individuati da tutti gli organi internazionali, in particolare dall’Unione Europea che invita tutti gli attori locali a tenerne conto per indirizzare i sistemi economici e i piani territoriali per lo sviluppo locale.

Purtroppo, il ruolo delle aree protette  non è apprezzato nella misura che invece esse svolgono. Se le singole aree protette non saranno salvaguardate in modo adeguato, non potranno essere in grado di resistere ai cambiamenti e di contribuire positivamente alle strategie nazionali e locali. Mi riferisco soprattutto agli ecosistemi capaci di combattere i cambiamenti climatici come le foreste alpine, i corridoi biologici ed ecologici che consentono il collegamento, tra gli habitat oltre i confini delle aree protette, dove contemporaneamente, nuove socialità si incentivano sulla scia di collettori uomo-natura. Il collegamento delle aree protette all’interno di paesaggi terrestri e marini, può avvenire attraverso la gestione della vegetazione naturale e semi-naturale, delle acque e della pesca, con  l’attuazione di azioni  di governance che,  coinvolgano le comunità locali, le popolazioni autoctone e il settore privato per incoraggiare un maggior numero possibile di persone come parti integranti di strategie innovative.

La notizia della morte della tartaruga George ha fatto il giro del mondo nei giorni successivi ma…. poi anche questa vicenda si è dissolta. George verrà esposto imbalsamato con l’intento di perpetuare il rito del simbolo  riconoscibile, quasi un “marchio di qualità” ma, a mio avviso, resta solo il monumento all’impotenza dell’uomo che con le sue tecnologie cerca di recuperare gli errori commessi, spesso causati per la sopravvivenza della nostra specie.

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