Incubatrice di grandi dimensioni (Paolo Zoccatelli)
Premessa
L' incubatrice "frigo portatile", progettata in precedenza, è di piccole dimensioni ed è adatta per un numero ridotto di uova, circa una quarantina.
Mi sono posto il problema di costruirne una di dimensioni molto maggiori che potesse contenere un numero rilevante di uova, che avesse un basso consumo energetico e che costasse molto molto poco.
Per far questo mi sono avvalso dell'aiuto di due miei amici che mi hanno dato una mano sia nella fase di progettazione che di realizzo.
Principio di funzionamento
Il principio di funzionamento è quello del ricircolo di aria calda ( assorbimento di aria più fredda dal basso ed emissione di aria calda in alto).
La temperatura di incubazione viene impostata sul pannellino di due termostati digitali con sonda che, oltre a controllarsi a vicenda, pilotano tutta l'incubatrice
L'umidità viene prodotta in basso utilizzando un vaschetta piena d'acqua ed un riscaldatore per acquari da 150 watt.
Problematiche risolte in fase di progettazione e costruzione
Per prima cosa ho recuperato un vecchio frigorifero che misura 80 cm in altezza, 55cm di larghezza e 55cm di profondità e l'ho svuotato completamente, tenendo solo "la carcassa".
Fase 1 - Temperatura
Il primo problema che ci si pone nella costruzione di una grossa incubatrice a più strati di uova, è quello di ottenere una temperatura ed un'umidità pressoché costante ed identica in tutto l'ambiente, ciò è stato fatto passo passo in funzione dei risultati che si ottenevano nelle varie fasi di costruzione.
La prima cosa era di creare un ricircolo naturale dell'aria, per far questo si è costruita un'intercapedine, in lamierino di alluminio, all'interno del frigorifero, lungo tutta la "schiena", reparto verdure compreso, ad una distanza di 5 cm, con uno spiraglio di 2 cm in basso ed in alto, poi all'interno di questa intercapedine è stato installato un'ulteriore lamierino di alluminio che misura 50x40 cm posto al centro a 2,5 cm.
Il lamierino interno serve da supporto per la parte riscaldante, si tratta di una resistenza adesiva su gomma siliconica da 300 Ohm, con protezione termica, che misura 35x20 cm con spessore di 2 mm, tutta la parte in alluminio serve per dissipare il calore.
La funzione di questa intercapedine è di prendere l'aria più fredda dal basso , riscaldarla e farla uscire dall'alto, creando così un ricircolo naturale.
Il sistema funziona, ma il ricircolo d'aria è insufficiente per avere una temperatura costante infatti fra la parte bassa ed alta c'era una differenza di 6-7 gradi.
Fase 2 – Ricircolo d'aria
Per ottimizzare il ricircolo d'aria avevo pronte 2 soluzioni, la prima tramite una ventolina, la seconda utilizzando una vaschetta porta verdure piena d'acqua riscaldata attraverso un riscaldatore da acquari termostatato a 32 gradi.
Ho optato per la seconda, in quanto oltre a risolvere il problema della temperatura costante mi garantiva anche l'midità nell'ambiente.
Fase 3 – Umidificazione ed illuminazione
Una volta risolto il problema della temperatura e dell'umidità, sono passato alla parte finale, ovvero, come controllare l'incubatrice senza far fuoriuscire il calore e l'umidità.
Per questo ho costruito un telaio in alluminio a tutto frigo con tre finestrelle in plexiglas in modo da garantire la chiusura della porta del frigo stesso ed il controllo nei vari settori.
Poi ho installato dei tondini in acciaio per appoggiare le griglie, ed un vecchi neon da acquari con accensione dall'esterno per avere la luce.
Con questo sistema ho notato che tutta l'umidità ed il "gocciolamento" si forma sulla porta del frigorifero a causa della differenza di temperatura, quindi pur avendo all'interno un'elevata umidità (circa l'80%) non c'è alcuna condensa.
Fase 4 – Ulteriori ottimizzazioni e test
Nel caso vi fossero problemi di temperature ed umidità si può sempre applicare una ventolina da PC per creare un ricircolo d'aria ottimizzato.
Per avere l'esatta misura dei consumi, basta inserire in serie alla resistenza ed al riscaldatore per acquari 2 orologi elettrici, in questo modo si hanno i tempi esatti di funzionamento e si può calcolare il consumo in Chilowatt/ora giornalieri. Il costo di 2 orologi è di 5€. Da una mia stima il consumo è di circa 0,25 Chilowattora al giorno.
Finita la costruzione del prototipo sono passato alla fase di test, ho notato che la resistenza utilizzata per riscaldare l'aria produceva troppo calore in tempi brevissimi e raggiungeva temperature elevatissime.
Per ovviare questo problema e diminuire i consumi ho acquistato un variatore di tensione ad induzione (quelli che si usano per regolare a piacere la luce su un qualsiasi lampadario) ed in questo modo ho alimentato la resistenza con una tensione di 60 Volt invece che 220 Volt.
Il risultato è stato sorprendente, si mantiene la temperatura di 32-33 gradi senza problemi con consumi limitatissimi (facendo il calcolo con la legge do Ohm: P=V*V/R) la potenza assorbita è circa di 12 Watt.
Materiali per la costruzione
Materiali "di ricircolo" che mi sono procurato senza spese
* Un vecchio frigo 80x55x55 cm
* Un termostato con sonda e ralais aperto/chiuso.
* Un secondo termostato con sonda e 4 relais.
* Una resistenza adesiva su gomma siliconica da 300 Ohm e 220 Volt con protezione termica, che misura 350x200x2 mm.
* L' intelaiatura per l'intercapedine ed il supporto per la resistenza in alluminio.
* L' intelaiatura con le finestrelle interne in plexiglas.
* La lampada per acquari.
* Griglie di dimensioni leggermente ridotte rispetto al frigo.
* I supporti per le griglie.
* Vaschetta per l'acqua.
Materiali acquistati per il completamento ed i test
* Un riscaldatore da acquari termostato da 150 Watt. Costo 17€.
* Un variatore di tensione induttivo. Costo 15€.
* Quattro termometri per misure interne. Costo 2€.
* Un termometro/igrometro. Costo 12€.
Modalità di costruzione
Una volta in possesso dei materiali di costruzione, l'installazione è molto semplice, per l'intercapedine posteriore ed il telaio anteriore con finestrella bastano 8 viti autofilettanti.
Piu complessa e la parte elettrica:
1. Il riscaldatore da acquari và collegato direttamente alla rete elettrica.
2. I due termostati muniti di apposito trasformatore vanno collegati alla rete elettrica e vanno tarati sulla temperatura che vogliamo avere nell'incubatrice.
3. Le sonde collegate ai termostati vanno inserite nell'incubatrice.
4. La luce interna l'ho collegata ad un relais ausiliario del secondo termostato per poterla accendere e spegnere dall'esterno.
5. Il collegamento un po' più complesso è quello della resistenza, questo è il cuore di tutta l'incubatrice.
- partendo da un filo collegato alla rete elettrica si arriva al contatto aperto/chiuso in ingresso al relais del primo termostato;
- l'uscita va collegata al contatto aperto/chiuso in ingresso al relais del secondo termostato. (NOTA: Ho usato 2 termostati perché li avevo e non mi sono costati nulla, li ho collegati in serie a protezione uno dell'altro, nel senso che se uno dovesse bloccarsi, la temperatura salirebbe moltissimo cucinando le uova, a questo punto interverrebbe il secondo interrompendo il circuito)
- l'uscita va collegata in ingesso al variatore di tensione.
- dal variatore di tensione si arriva alla resistenza all'interno dell'incubatrice
- dalla resistenza si ritorna alla rete elettrica ed il collegamento è finito.
Utilizzo
Collegare alla rete elettrica i termostati, la resistenza ed il riscaldatore da acquario.
Inserire le sonde dei termostati, nell'incubatrice scegliendo i punti in cui rilevare la temperatura.
Impostare sui termostati la temperatura voluta (33° per favorire la nascita di femmine).
Se la temperatura scende a 32° il termostato attiva le resistenze che, riscalda l'ambiente in maniera uniforme riportando la temperatura a 33°.
Regolare la tensione della resistenza attraverso il variatore di tensione in modo da avere la temperatura ideale limitando i consumi. Io l'ho portata intoro ai 60 Volt.
Inserire alcuni termometri per rilevare la temperatura in più punti, nel mio caso ho usato 4 termometri + le 2 sonde dei termostati + il termometro/igrometro.
Incubatrice di piccole dimensioni (Paolo Zoccatelli)
Premessa
La mia incubatrice è di tipo amatoriale utilizzata per l'incubazioni di uova di rettili ed in particolare delle tartarughe terrestri. Nella costruzione ho riutilizzato solo materiali di riciclo.
Principio di funzionamento
Il principio di funzionamento è quello del ricircolo di aria calda (simile a quello di un asciugacapelli in miniatura). La temperatura di incubazione viene impostata sul pannellino di un termostato digitale con sonda che pilota la fonte di riscaldamento.
L'umidità viene prodotta utilizzando un vasetto pieno d'acqua che evapora naturalmente; da una misurazione si attesta all'incirca al 60%.
Materiali per la costruzione
- Un vecchio frigo portatile da campeggio
- Un termostato con sonda e ralais aperto/chiuso
- Una ventolina (ho usato quella di raffreddamento dei processori Pentium dei PC) che funziona a 12 Volt in corrente continua o raddrizzata).
- Un trasformatore da 220 a 12 Volt.
- Un raddrizzatore 12 Volt.
- Due resistenze da 20 ohm in ceramica per corrente alternata e tensione di 220 Volt.
- Una piastra di plexigas trasparentea misura del frigo portatile
- un po' di sabbia ed un contenitore per l'acqua che serve solamente per umidificare l'ambiente.
Modalità di costruzione
Installare sulla piastra di plexiglas le due resistenze ceramiche e la ventolina ad una distanza di pochi centimetri, in modo che l'aria spinta dalla ventolina si riscaldi al contatto con le resistenze.
Sul coperchio di plexiglas fare un piccolo foro per il passaggio della sonda.
La ventolina che ho utilizzato è quella per il raffreddamento dei processori pentium dei PC e funziona in corrente continua a 12 Volt. Per questo motivo ho dovuto utilizzare un trasformatore da 220 a 12 Volt ed un raddrizzatore per portare la corrente da alternata a raddrizzata. Se si riesce a trovare una ventolina che funzioni a 220 Volt non servono più nè il trasformatore né il raddrizzatore.
La scatola grigia di foto2 è in pratica la centralina che governa l'incubatrice, e contiene il trasformatore, il raddrizzatore ed il termostato.
In ingresso (cavo grosso grigio scuro) abbiamo il cavo di alimentazione a 220 Volt, ed internamente alimenta il termostato. A valle del termostato e sotto controllo dello stesso abbiamo il trasformatore, il raddrizzatore e tutti i cavi in uscita.
In uscita abbiamo:
- la sonda del termostato che rileva la temperatura in incubatrice (cavo grigio scuro)
- l' alimentazione a 220 Volt per le resistenze ceramiche (cavo grigio chiaro).
- l' alimentazione a 12 Volt per la ventolina (cavo rosso).
Utilizzo
Mettere 2-3 cm di sabbia sul fondo del frigo.
Appoggiare sul fondo il contenitore per l'acqua, va benissimo un vasetto piccolo.
Appoggiare le uova sulla sabbia.
Inserire la sonda del termostato, la cui parte finale deve appoggiare alla sabbia per rilevarne la temperatura.
Impostare sul termostato la temperatura voluta (33° per favorire la nascita di femmine) ed il gioco è fatto.
Se la temperatura scende a 32° il termostato attiva le resistenze e la ventolina che,
inviando aria contro le resistenze, riscalda tutto l'ambiente in maniera uniforme riportando la temperatura a 33°.
Risultati
L'incubatrice è stata costruita nel 2001 e funziona perfettamente tuttora.
Tutte le uova fecondate si sono schiuse.
L’importanza di uno sbalzo termico nell’incubazione artificiale delle uova di Testudo
foto 1
Scrivo questo breve articolo con l’intento di esporre le mie esperienze con le incubazioni artificiali e di aiutare quanti si cimentano in questa importante pratica che è fondamentale per la nostra passione verso le Testuggini.
Premetto che le mie esperienze sono rivolte verso le specie terrestri ed in particolar modo verso le specie mediterranee (Testudo hermanni, Testudo marginata e Testudo ibera), ma credo che sia di egual importanza anche per tutte le altre specie se non per la differenza di sbalzo termico per le specie acquatiche esotiche in relazione alla temperatura di origine.
foto 2
foto 3
La mia ricerca e sperimentazione parte dalla lettura di uno studio di ricerca di un istituto olandese di una decina di anni fa, (del quale però non riesco più a trovarne traccia) il quale parlava proprio dell’importanza di uno sbalzo termico che in fondo poi simulava la condizione che si verifica in natura, con una diminuzione notturna di diversi gradi centigradi. Questo studio parlava di evidenti risultati sia su percentuali di schiuse che su diminuzione drastiche di “morti bianche”, quelle in cui troviamo il piccolo morto all’interno dell’uovo, spesso anche totalmente formato ma inspiegabilmente non nato(foto 2) e anche sulla diminuzione di esemplari con scaglie anomale(foto 3).
Ho eseguito diverse prove e devo dire di essere rimasto stupito sui risultati; con le condizioni di temperatura diurna ottimale(le prove le ho eseguite sui 32°C – 32,5° C per cercare di ottenere femmine), le schiuse erano sempre del 100% con assenza di morti bianche e scaglie anomale, anche con quantità di uova sui cento esemplari, mentre il risultato diminuiva se portavo la temperatura diurna sui 33°C – 33,5°C.
Nota molto importante è che tutti gli esemplari nati con lo sbalzo termico, risultano molto più attivi e sani di quelli nati con valore termico fisso.
Detto questo, per prima cosa provai ad inserire una sonda di un termostato in un nido di uova deposte in cattività, circa a 10-12 cm sotto il livello del suolo ed esattamente in mezzo alle uova deposte.
foto 4
Lo strumento utilizzato era in grado di verificare le temperature minime e massime del nido(foto 5).
foto 5
Le prove furono fatte in condizione di bel tempo, nel periodo di inizio agosto e quindi circa a metà incubazione .
Queste prove rilevarono uno sbalzo termico fra minima e massima di circa 5°C .
Mi posi subito il quesito di come riuscire ad effettuare questo sbalzo termico all’interno di una incubatrice artificiale e in grandi linee verificai due possibilità:
Ora rimane solo fare qualche prova per verificare quanto tempo dobbiamo staccare l’alimentazione del sistema termico , gradualmente , staccando per un’ora la prima notte. Ovviamente ci si deve procurare un termometro (possibilmente con sonda) che verifichi le temperature minime e massime all’interno dell’incubatrice.
Quindi la mattina successiva si verifica lo sbalzo termico della notte; il mio consiglio è di arrivare a 5°C inferiori alla temperatura diurna impostata .
Se la differenza termica è ancora poca, si aumenta il tempo di stacco dell’alimentazione fino al risultato che si vuole ottenere.
Ricordiamo però che, sia la temperatura della stanza in cui è posta l’incubatrice, sia l’isolamento termico con cui è costruita l’incubatrice, influenza molto questo range, quindi ogni qualche giorno (almeno una volta a settimana) è bene ricontrollare la minima notturna e se serve, modificare il tempo di stacco. La stanza dove tengo le mie incubatrici varia la temperatura con un aumento costante fino alla fine dell’incubazione estiva delle Testudo mediterranee, quindi partivo da uno stacco di circa 2 ore per arrivare a circa 12 ore nel periodo più caldo.
Ora stiamo sperimentando questo sbalzo termico sull’incubatrice che il Tarta Club Italia ad aprile 2011 ha portato nel centro di riproduzione delle rarissime Astrochelys yniphora in Madagascar , che fa parte del “Progetto TCI Angonoka”(foto 7).
foto 7
L’incubatrice al momento ha un sistema elettronico che permette di impostare solo due temperature, una diurna ed una notturna, ma stiamo studiando insieme alla ditta F.I.E.M. un nuovo programmatore professionale che ci permetta di regolare ora per ora e possa controllare la cella di Peltier che provvede sia a riscaldare che rinfrescare (in caso di eccesso di temperatura nell’ambiente dove è sistemata l’incubatrice). Al momento il range impostato è di circa 4°C, ma la sperimentazione è ancora lunga, in quanto non conosciamo esattamente le temperature notturne dei nidi nei siti originali del Parco di Soalala(unica zona del Madagascar dove vivono le bellissime Astrochelys yniphora); conosciamo solo quelle dove è ubicato il centro di riproduzione che dista qualche centinaio di kilometri.
Al momento della stesura di questo documento, sono nate le prime 3 Angonoka al mondo, in incubazione artificiale e questo ovviamente rende onore al lavoro del Tarta Club Italia(foto 8 e 9).
La prima Astrochelys yniphora nata al mondo con incubazione artificiale
La prima Astrochelys yniphora nata al mondo con incubazione artificiale
Agostino Montalti (presidente Tarta Club Italia)
Una collezione di fotografie a tema.
Una collezione di fotografie a tema.
La Vaschetta per le Emergenze (Agostino Fiorentino)
Allestire un acquaterrario (Stefano Redaelli)
L'acquaterrario è la soluzione alternativa all'allestimento di un laghetto artificiale per chi non ne fosse possibilitato o per quelle specie che richiedono un'allevamento a temperature costanti tutto l'anno. Deve essere abbastanza grande in relazione alle dimensioni e alla quantità di animali ospitati. E' importante sapere che ogni specie richiede un allestimento particolare, sta all'allevatore documentarsi (consultando il web e le apposite schede di allevamento) sul tipo di stabulazione ideale per la specie allevata in particolare sul livello dell'acqua o per la presenza dell'area emersa e la sua estensione.
Di seguito verranno spiegate in dettaglio tutte le parti essenziali per poter allestire un acquaterrario idoneo ad ospitare delle tartarughe: area acquatica (riscaldamento e filtraggio) e area emersa (allestimento, illuminazione UVB/UVA e riscaldamento).
RISCALDAMENTO
Il riscaldatore è l'elemento fondamentale per la sopravvivenza delle vostre tartarughe. Poiché le tartarughe sono animali a sangue freddo incapaci di termoregolare il loro corpo, l'unico modo per garantirgli una temperatura adeguata è il riscaldatore. Si tratta di in termostato isolato (esistono anche a serpentina) che viene immerso nell'acquario e grazie ad un regolatore interno è in grado di mantenere la temperatura costante in base a quella impostata. È importante consultare le schede di allevamento o il web per poter stabilire la temperatura più adatta per l'allevamento delle singole specie. Temperature troppo alte potrebbero nuocere alla vostra tartarughina, a temperature troppo basse non sono in grado di attivare a pieno il proprio metabolismo mostrando apatia (falso letargo) e nei peggiori dei casi potrebbero ammalarsi e morire. Si può tenere sotto controllo la temperatura con degli appositi termometri (è consigliato quello a immersione col fissaggio a ventosa). Esistono diversi tipi di riscaldatori la cui potenza deve varia a seconda della capacità dell'acquario (dai 25W ai 300W). Mentre il prezzo del termometro è circa 2,5€ quello del riscaldatore varia tra le 15€ e le 20€ in relazione alla potenza e alla marca. Va posizionato in una parte nascosta dell'acquario per evitare che le tartarughe vengano a contatto e possano romperlo e vicino all'uscita della pompa di riciclo dell'acqua in modo da favorire una diffusione costante dell'acqua riscaldata. Possono essere posti sia orizzontalmente completamente immersi in acqua, sia verticalmente rispettando la tacca del livello minimo d'acqua (solitamente in prossimità del cappuccio nero). Prima di toglierlo dall'acqua è necessario staccarlo dalla presa e lasciarlo raffreddare qualche minuto per evitare di farlo scoppiare. Sono riscaldatori che funzionano solo in acqua, accenderli fuori può provocare una rottura dei suoi componenti.
Per capire il wattaggio necessario alle nostre esigenze basta confrontare questa semplice tabella di guida. Scegliere la riga della tabella in base alla differenza di temperatura che si vuole ottenere dell'acqua e quella dell'ambiente (ex acqua 25°C casa 20°C si guarda la prima riga) La colonna invece si sceglie in base al numero di litri di acqua contenuti nell'acquario. L'incrocio delle due scelte da il wattaggio necessario.
FILTRAGGIO
Anche il filtro deve essere alloggiato all'interno della vasca, anche se ne esistono di esterni molto costosi ma notevolmente più efficienti. Il prezzo oscilla tra le 15€ e le 100€ a seconda dei modelli e della capacità di filtraggio. Un buon filtro vi permette di pulire completamente l'acquario poche volte l'anno (anche se è buona norma cambiare un po' di acqua ogni tanto, magari dopo averla lasciata decantare una giornata per fare evaporare il cloro) risparmiando tempo e fatica e mantenere i parametri chimici dell'acqua nella norma. Anche la pompa di filtraggio, come il riscaldatore, va accesa durante l' immersione, altrimenti si brucia.
FILTRI INTERNI
Esistono due tipologie di filtri interni:
* quelli già assemblati tipo Duetto o Fluvial che hanno un sistema di riciclo composto da due filtri di spugna e un vano per il carbone attivo, con una pompa, tutto in un unico blocco. Sono abbastanza piccoli e adatti per acquari di piccolissime dimensioni, garantendo una autonomia dei filtri di circa 2 settimane dopo di che vanno sostituiti visto il notevole carico biologico che producono le tartarughe rispetto ai pesci per cui sono progettati questi filtri interni.
* Quelli ricavati sfruttando parte dell'acquaterrario (un terzo della capacità creando un divisorio di vetro con dei fori diaspirazione per l'acqua. La figura rappresenta un tipico sistema filtrante di questo tipo. Si crea una sezione a parte che a sua volta viene suddivisa in scomparti in comunicazione tra loro, tenendo presente che il livello dell'acqua deve essere all'incirca quello della linea rossa. Si possono distinguere così tre scomparti: nel primo l'acqua viene prelevata dai fori dientrata per poi essere trasportata lentamente passando dall'alto nel secondo scomparto composto a strati: un primo filtro di lana di perlon in grado di trattenere lo sporco più grosso (filtraggio meccanico), un secondo scomparto che contiene al suo interno i batteri che aiutano ad eliminare lo sporco costituito da una spugna o da un sacchetto di cannolicchi (filtro biologico), ed infine un terzo stato filtrante di zeofil e carboni attivi che tolgono gli odori più cattivi e li colore giallo dell'acqua, il cloro, ecc con un filtraggio di tipo chimico. Questi ultimi due hanno durata di due settimane e necessitano perciò di essere cambiati. Nell' ultimo scomparto si trova un motorino che è in garantisce il circolo e espellendo da un tubicino l'acqua appena filtrata: è l'elemento fondamentale del vostro filtro e bisogna assicurarsi di acquistarne uno con una portata d'acqua per minuto molto elevata, garantendo così un ottimo riciclo. In questo vano può anche essere inserito il riscaldatore.
FILTRI ESTERNI
E' sicuramente la soluzione ideale, anche se più costosa (tra i 50 e i 100€), e più efficiente in termini di pulizia. I filtri esterni sono costituiti da diversi stadi come quelli appena descritti ma il vantaggio è che sono posti all'esterno dell'acquario. Hanno la classica struttura a bidoncino e riciclano l'acqua grazie alla pompa ma anche grazie al sistema dei vasi comunicanti. Essendo esterni hanno il pregio di essere facilmente pulibili staccandoli dalla loro sede senza dover intervenire sull' acquario portandoli in luoghi adeguati a queste operazioni.
1. Offre una maggiore igiene e soprattutto una qualità di filtraggio ben superiore ai filtri interni.
2. Aumenta lo spazio all'interno dell'acquaterrario di ben 1/3 non dovendo riservane una parte per il filtro interno.
3. E' molto silenzioso.
4. Ha il vantaggio di ridurre fatica e tempi di pulizia: con una levetta si può staccare il filtro dai tubi di aspirazione, che si chiudono inmodo da non lasciare uscire l'acqua, e si può facilmente operare solo sul bidoncino.
5. E' possibile poi cambiare completamente l'acqua semplicemente aprendo i tubi di aspirazione e raccogliendola con una bacinella sfruttando la legge dei vasi comunicanti.
6. Niente più schiene spezzate per svuotare le vasche o bevute d'acqua per aspirare dai tubi.
7. Va posto al di sotto del livello dell'acquario per la storia dei vasi comunicanti.
8. Essendo progettati per i pesci, è necessario acquistarli sovradimensionati visto la notevole quantità di sporco prodotta dalle tartarughe.
AREA EMERSA
ALLESTIMENTO
A seconda della specie è necessario allestire un'area emersa opportunamente attrezzata; consultate le schede di allevamento per capire meglio le abitudini di ogni singola specie. La maggior parte delle specie passa gran parte della giornata proprio qui, soprattutto nei mesi estivi, a prendere il sole oppure riscaldandosi con le lampade per rettili e beneficiando dei raggi UVB. Bisogna fare attenzione che le
tartarughe riescano ad accedervi senza fatica fuoriuscendo dall' acqua per cui l'ideale sarebbe creare una specie di rampa di risalita.
Poichè al di sopra dell'area vengono collocate le lampade di riscaldamento e i neon è bene che risultino ad una adeguata distanza per evitare che le vostre tartarughe le possano raggiungere e quindi ustionarsi. Eventualmente possono essere protette con delle retine. Un accorgimento particolare è quello di creare anche una zona sabbiosa o di terriccio se avete delle coppie che depongono le uova per permettere la deposizione.
IN SUGHERO
Per crearla possiamo utilizzare del sughero non trattato che si trova in tutti i negozi di animali. Se ne sagoma una rettangolo in modo che vada a costituire circa 1/3 della superficie acquatica disponibile. E' possibile lasciarlo solo galleggiare oppure può essere conveniente fissarlo: si possono utilizzare delle ventose opportunamente fissate con il silicone al sughero ma il metodo migliore è quello di creare dei ganci in alluminio che, dopo essere stati incollati con silicone al sughero, verranno fissati al lato superiore dell' acquario piegandoli. Questi due metodi permettono di modificare a piacimento la posizione della piattaforma in base all' altezza dell' acqua. Ricordatevi di posizionarla in modo che una parte sia parzialmente immersa in modo da creare una pedana di risalita agevole. È sconsigliato fissare il sughero incastrandolo tra i vetri: con l'acqua può gonfiarsi e provocare il distaccamento delle lastre di vetro con le relative disastrose conseguenze...
STRUTTURA FISSA
Si può creare utilizzando delle piccole lastre di vetro o di plexiglas che vengono attaccate alle pareti dell'acquaterrario con del silicone. È consigliato per acquaterrari di tartarughe adulte che non cresceranno più e dunque non è più necessario aumentare l'altezza dell'acqua.
La base può essere ricoperta con sassi opportunamente siliconati o con del sughero o un tappetino sintetico. Permette di aggiungere una vaschetta removibile con del terriccio o sabbia per la deposizione. Come prima, la pedana di risalita non deve essere scivolosa.
ALTRE TIPOLOGIE
Possono essere costruite altri tipi di superfici emerse a seconda dei gusti: si possono utilizzare delle radici di mangrovia che escono parzialmente dall'acqua, anche se è consigliato solo per le tartarughine piccolissime data la poca libertà di movimento che permette questa soluzione. Si possono utilizzare anche delle pietre messe in pila una sull'altra anche se c'è il rischio che queste cadano schiacciando le tartarughe e tra di esse si accumulano facilmente lo sporco e i batteri.
Insomma... sbizzarritevi con la fantasia...
Per l'allevamento dei vostri animali avete bisogno di due tipi di lampade essenziali:
1. un neon che emette raggi UVB (vitali per le tartarughe) e UVA.
2. una lampadina spot per riscaldare la zona emersa.
ILLUMINAZIONE: NEON UVB - UVA
Per poter assimilare il calcio le vostre tartarughe hanno la necessità di poter esporsi quotidianamente ai raggi diretti del sole che ne aiutano il metabolismo e favoriscono il sistema immunitario. L'esposizione deve essere diretta e la luce non deve essere "filtrata" da alcun vetro o plexiglas. Se questo non è possibile (durante i mesi invernali) si possono acquistare Neon UVA - UVB per rettili in grado di svolgere le funzioni dei raggi solari, producendo raggi senza però riscaldare. È necessario accenderlo per 10-12 ore al giorno e tenerlo ad una distanza massima di circa 30cm, oltre la quale perde la sua efficacia. I raggi non devono in nessun modo essere filtrati da plastica, vetro o plexiglas in quanto perderebbero tutta la loro efficacia.
La lunghezza d'onda dei raggi UVA aumenta l'appetito, l'attività fisica, aiuta a indurre i comportamenti riproduttivi ed è favorevole al benessere psicologico delle vostre tartarughe.
La lunghezza d'onda dei raggi UVB garantisce la capacità di regolare i livelli della vitamina D3. Solo con la loro presenza è possibile la sintesi della vitamina D3 ad opera dell'organismo della tartaruga che permette il corretto fissaggio del calcio nelle ossa. L' emanazione dei raggi UVA- UVB del neon rimane efficace per circa sei mesi poi è necessario sostituirlo anche se il neon in apparenza funziona correttamente.
Ci sono diversi tipi di questi neon, cambia la quantità di raggi emessa; le percentuali di emissione di questi raggi sono indicate sui neon stessi; possiamo trovare: 2% 5% 7-8% che è il massimo; indicati anche come 2.0 5.0 7.0 e 8.0.A seconda della specie può bastare un 2.0 o un 5.0 o oltre: per Apalone e Chelydre è sufficiente un 2.0 in quanto sono animali che vivono in profondità e notturni; tartarughe africane necessitano invece di percentuali di UVB il più elevate possibile.
le marche sono molteplici, ecco le più comuni:
* Reptisun della ZooMed (la migliore ma abbastanza costosa)
* Reptistar della Sylvania (come la Reptisun ma costa ben la metà)
* Reptile D-light 8% della National Biological Corp
* Reptasun della Fluker
Esistono poi i neon compatti tipo Arcadia D3 che sono neon per rettili in tutto e per tutto (non scaldano, emettono UVB/UVA) ma sono "arrotolati" e hanno il classico attacco E27 (filetto grande) per poter essere montate su un normale portalampada senza bisogno di starter e centralina. Ricordano nella forma le lampadine a risparmio energetico. Questo tipo di lampada puòessere posto anche a distanze maggiori (massimo 50cm).
RISCALDAMENTO: LAMPADA SPOT
In combinazione con il neon UVA- UVB che non fornisce calore, per favorire la termoregolazione delle tartarughe è necessario riscaldare anche l'aria circostante l'area emersa. Per fare ciò possono essere utilizzate delle normali delle lampadine tipo "spot". È consigliato mettere le lampadine in un angolo del acquaterrario in modo da creare zone di temperatura lievemente differenti per permettere alla tartaruga, qualora sentisse troppo caldo, di scegliere il luogo con la temperatura che più le aggrada. Il loro periodo di accensione deve emulare quello del sole e vanno poste ad una distanza di circa 50cm o comunque a seconda del wattaggio in modo da garantire una temperatura non omogenea e non troppo elevata rispetto a quella dell'acqua, intorno ai 30-32 gradi come punta massima. Fare riferimento alle schede per il dettaglio delle temperature delle singole specie.
Dato che sono in funzione per la maggior parte del giorno esistono dei porta-lampadina in ceramica in grado di sopportare il calore meglio dei normali portalampade e permettere con comode clip di agganciarle all'acquaterrario. Sono inoltre dotate di griglia di protezione per evitare che gli animali si ustionino con un eventuale contatto. Sono accessori costosi ma non indispensabili e con un pò di fai da te si possono creare ottime soluzioni.
Poichè di notte solitamente le tartarughe dormono in acqua non è necessario che la zona emersa sia illuminata e riscaldata con queste lampadine, tuttavia se avete specie notturne o che dormono all'asciutto allora potete dotarvi di lampade INFRARED che riscaldano l'area emersa emettendo una luce debole rossiccia che vi permette di osservare le vostre bestie di notte. Solitamente sono comunque indicati lievi abbassamenti di temperatura durante la notte.
Il filtro a bidoncino - Variante (Dr. Peppe Croce)
In quest'articolo vi descriverò una mia variante per il filtro a bidoncino.
La grossa variazione rispetto al progetto originario è l'utilizzo di una pompa esterna al bidoncino.
Questa variante ha i suoi lati positivi:
La pompa è esterna, quindi se ci sono dei problemi o si brucia si può sostituire senza dover aprire il filtro, togliere i materiali filtranti, sporcarsi, allagare il pavimento. subire le ire dei familiari :-D e infine dover riassemblare il tutto.
Si combatte di meno con i tubi che passano all'interno del filtro.
Per un neofita può risultare di più semplice realizzazione.
E i suoi lati negativi:
La pompa è esterna quindi poco bella da vedere (ma questo è un piccolo dettaglia perchè io ho messo il filtro sotto il mobile dell'acquario che ha un'anta e quindi è tutto nascosto :-D )
La pompa è un pò più difficile da tener ferma perché tende ad abbattersi su un lato, ma per questo è bastato utilizzare un pò di colla attack per fissare le ventose della pompa alla base del mobile ma in alternativa (se la pompa non ha le ventose) è possibile incollare dei listelli di legno sulla base del mobile in modo da infilarci dentro la pompa come se fosse una piccola scatola.
I Materiali utilizzati sono i seguenti:
Note
Il bidoncino è da 15 litri ed è quello rosso che si usa solitamente per contenere le olive (questo contenitore è adatto per filtrare fino a 150/180 Lt d'acqua) se la vasca è più grande è necessario utilizzare un contenitore più grande, infatti, per il mio laghetto sto utilizzando un contenitore da 80 Lt
La pompa è da 1300 Lt, a dire il vero io uso questa pompa perchè ha una prevalenza di circa 130 cm e ma me serve poco più di 1 mt per portare l'acqua dal fondo del bidoncino alla parte alta della vasca.
Quindi se avete una prevalenza minore, potete usare anche una pompa più piccola anche se penso che 1000 Lt sia il minimo da utilizzare per questo tipo di impianto, (il ricircolo d'acqua è ottimo)
Realizzazione:
La prima cosa da fare è appoggiare i connettori in plastica, prima sul tappo del bidoncino e poi su un lato basso per tracciarne i controrni, in modo da avere 2 cerchi con la stessa misura dei connettori.
I connettori serviranno per collegare il tubi di ingresso e uscita dell'acqua.
Successivamente, si passa bucare i cerchi disegnati sul bidoncino cercando però di fare un foro un po' più piccolo di quello disegnato in modo da far entrare i connettori con una leggera pressione, dato che i connettori da me utilizzati sono filettati da un lato, alla fine li ho praticamente "avvitati" nei fori.
(Per fare i fori ho utilizzato un taglierino, però chi non ha dimestichezza puo usare, una punta da trapano oppure scaldare sul fuoco un cacciavite, bucare il bidoncino e procedere pian piano ad allargare il foro eliminando di volta in volta con un coltello/taglierino le bavature di plastica che si andranno a formare)
Successivamente, si passa a mettere un pò di silicone attorno al fori (creando un cerchio più grande del foro) e infine si inseriscono i connettori, il silicone in eccesso che uscira dai lati si stende (si puo utilizzare il dito bagnato con dell'acqua) attorno ai punti di contatto in modo da non lasciare spazi tra il bidoncino ed i connettori per evitare perdite.
Dopo 24 ore si passa al collaudo del connettore basso, verificando l'assenza di perdite, per farlo si deve chiudere il connettore, (si puo utilizzare un pezzo di tubo di gomma che va sollevato verso l'alto in modo da evitare che l'acqua fuoriesca) e si deve riempire il bidoncino, se nel giro di qualche ora non ci sono perdite, si puo procedere con la fase successiva, in caso contrario, si deve svuotare il bidoncino, attendere che l'interno si sia asciugato bene e poi, andare a siliconare anche la zona interna del connettore cercando di far entrare bene il silicone nei punti di contatto, infine, siliconare ancora un pò la parte esterna, attendere 24 ore e ripetere il collaudo.
A questo punto possiamo collegare la pompa al bidoncino,
per prima cosa si inserisce un pezzo di tubo di gomma nel connettore montato sul bidoncino e si stringe con una fascetta, sull'altra estremità del tubo bisogna mettere una valvola a farfalla, (in questo se dobbiamo togliere la pompa modo, possiamo bloccare la fuoriuscita dell' acqua) e la solita fascetta,
continuiamo colleghiamo un altro pezzetto di tubo tra la pompa e la valvola a farfalla, stringendo sempre con delle fascette. (per il tubo che va sulla pompa ho utilizzato delle fascette di plastica)
Ormai il bidoncino è pronto quindi, possiamo iniziare a predisporre i materiali filtranti da mettere all'interno.
Io ho utilizzato:
L'argilla espansa, l'ho messa sul fondo, riempiendo circa metà bidone
ed ho utilizzato gli stessi accorgimenti segnalati nell'articolo del filtro a bidoncino originario (lavare bene, utilizzo di prodotti per il cloro, e batteri)
Lana filtrante fine al centro e la lana grossa in superficie, divisa in parti uguali
Alla fine quando è tutto pronto si passa a collegare il filtro alla vasca.
Io ho utilizzato il seguente metodo:
Ho preparato due tubi rigidi, uno che và a "pescare" l'acqua sul fondo dell'acquario e l'altro che la ributta fuori "filtrata" a pelo d'acqua, (messi in due lati oppostiti della vasca – e tenuti fermi con delle ventose) poi all'estremità di ogni tubo che esce fuori dalla vasca ho collegato due gomiti a "L" uniti assieme in modo da formare una "C" che
mi servono per collegare un 'altro pezzo di tubo rigido che scende dietro l'acquario per andare verso il bidoncino, i tubi rigidi che scendono dietro la vasca non arrivano fino all' entrata e all' uscita del bidoncino, ma sono un po' più corti, perchè nella parte finale ho preferito (per comodità, dato che si devono fare alcune curve) utilizzare il tubo di gomma.
il tubo di aspirazione finisce nel connettore sulla parte alta del bidoncino (sempre avvitato con la fascetta) e l'altro sulla pompa (e qui ho utilizzato delle fascette di plastica), infine su tutti e due i tubi ho collegato una valvola a farfalla in modo da regolare (quando necessario) il flusso dell'acqua.
Per quanto riguarda il rodaggio ho eseguito le stesse modalità segnalate nell'articolo del filtro a bidoncino originario.
Buon Lavoro!!
Il filtro a bidoncino (Peppe Croce)
Introduzione
Chi possiede un acquario di grosse dimensioni o un grande terracquario di sicuro avrà sentito parlare di filtri esterni da posizionare sotto la vasca. Alcuni li avranno anche visti nei negozi di acquariofilia ed avranno chiesto il prezzo di questi aggeggi: bene, contate quanti sono stati a vedere questi filtri, quanti hanno chiesto il prezzo e quanti ne hanno acquistato uno.
Ecco, ora vi rendete conto che questi filtri, pur essendo il sogno di molti, non vengono comprati per un solo motivo: hanno un prezzo esagerato. Alcuni, tuttavia, ritengono che questi filtri valgano i soldi che costano e li comprano.
Io penso che sia meglio costruirsene uno da soli, ad un prezzo irrisorio se confrontato con le soluzioni commerciali, per alcuni motivi: prima di tutto le tartarughe hanno un costo di gestione, diciamolo chiaramente, niente affatto basso e spendere molti soldi per un filtro vuol dire spenderne pochi in mangimi di qualità, vitamine o altri accessori come le lampade o i riscaldatori che forse sono più importanti per la corretta crescita di questi animali; secondo motivo: questi filtri in commercio sono studiati per essere usati con acquari tropicali per pesci, ed hanno caratteristiche che non si adattano perfettamente ad una vasca per tartarughe.
Mi spiego meglio: i pesci necessitano di una elevata qualità dell'acqua, ben superiore a quella che serve per le tartarughe; per le tartarughe il problema è di igiene, per i pesci è di "chimica dell'acqua". Inoltre i filtri commerciali hanno spesso una struttura a segmenti divisi da grate o pareti forellate; questi fori sono studiati in modo da consentire un determinato passaggio dell'acqua, ad una determinata velocità in modo che tutti i materiali filtranti siano bagnati nel modo e nel momento prefissati. Provate ad immaginare cosa potrebbe succedere a questi fori se per caso un escremento di Trachemys non fosse intercettato a dovere dalle spugne e ci finisse dentro: un bel filtro da decine di euro inefficace perché otturato!
Ben inteso, non sto cercando di dire che questi filtri siano cari perché le ditte speculano sulla passione degli acquariofili, ma semplicemente che sono cari perché offrono indubbi vantaggi solo a chi deve gestire un acquario tropicale di alto livello con la minore manutenzione possibile.
A noi allevatori di tartarughe questi filtri semplicemente non convengono perché abbiamo esigenze più "grezze": ad esempio difficilmente avremo bisogno di un ampio scomparto per il carbone attivo, ma di sicuro ci serve un enorme spazio libero per la lana di vetro.
Proprio per questo ho deciso di costruirmi da solo un filtro a bidoncino: sicuramente la sua complessità è ridicola rispetto ad un filtro commerciale, per non parlare dell'estetica (come sempre vado all'essenziale, i fronzoli aggiungeteli voi); ma, vi assicuro, ciò che molto semplicemente (barbaramente, per un amante serio dei pesci tropicali) ho costruito è né più né meno di ciò che avevo bisogno: un grosso contenitore per i rifiuti delle tartarughe in cui però ci sia anche il giusto spazio per quelle reazioni chimiche e biologiche (e solo quelle) di cui necessita una vasca per tartarughe.
Materiali utilizzati
Questo è il bidone vero e proprio, è in plastica col tappo a vite e due comodi manici per trasportarlo; l'ho pagato 6,50€, una miseria. Quando comprate il bidone dovete stare attenti
a due cose:
- il tappo deve essere a vite e con la guarnizione per garantire la tenuta stagna;
- dovete poi fare attenzione al diametro del collo del bidone: se lo comprate troppo stretto non potrete infilarci dentro la pompa.
In generale, più è largo il collo del bidone, più sarà comodo lavorarci dentro ed accedere, in seguito, ai vari materiali filtranti.
Questi sono i tubi, i raccordi, le valvole a farfalla e la pompa d'acquario.
La pompa deve essere abbastanza potente da far circolare i 25 litri del bidone; io ho comprato una pompa da 800L/H, costo 18€. Tra tubi (3 metri, per sicurezza) valvole e raccordi ho speso 14€. Vi spiego dopo a cosa servono le valvole.
Realizzazione
Per prima cosa vi devo dire che l'unico collante che ho usato è il silicone nero per vetro.
Il silicone va usato in modo corretto: le superfici da incollare devono essere ben lavate ed ASCIUTTE; ho scelto il silicone perché permette di avere facilmente la tenuta stagna, ma attenzione perché macchia maledettamente e puzza un bel po', quindi procuratevi una pezza vecchia asciutta su cui pulirvi le mani man mano che lavorate e per fare asciugare i pezzi poneteli lontano da voi, magari fuori la finestra, se il tempo permette; stare per ore ad aspirare silicone vi porterà prima una tremendo mal di testa, se invece ci siete abituati vi troverete presto con un sorriso a 58 denti sulle labbra: a lungo andare il silicone sconvolge e stordisce; non usate silicone e non bevete vino contemporaneamente, altrimenti vi troverete presto a sbattere contro i muri ridendo.
Riscaldate per bene su un fornello la punta di un cacciavite e fate 3 fori: entrata dell'acqua, uscita dell'acqua e foro piccolissimo per far passare il cavo elettrico della pompa.
Per tutti e tre i fori un solo consiglio: andateci piano e controllate a poco a poco il diametro avvicinando i raccordi ed il cavo (a proposito, dovete tagliare il cavo a circa 20cm dalla spina elettrica: la spina intera non ci passerà mai da un buco). Man mano che squagliate la plastica pulite con delle forbici le sbavature, cercando di ottenere da entrambe le parti del tappo una superficie più liscia e piatta possibile. Appena i buchi saranno della dimensione giusta (meglio un millimetro in meno che uno in più) fermatevi.
I due raccordi da attaccare al tappo nei fori grandi sono del tipo qui a fianco.
La ghiera centrale deve aderire alla parte superiore del tappo, quindi il foro deve essere di dimensioni pari al corpo centrale del giunto (le due parti simmetriche). Per attaccarli spalmate il silicone su uno dei lati della ghiera, inserite il pezzo nel buco e premete.
Così la ghiera si attacca al bordo del buco; la tenuta stagna la ottenete spalmando del silicone sopra ed intorno alla ghiera; date una spalmatina pure dall'interno del tappo per sicurezza.
Ripetete l'operazione anche per il secondo giunto; fate passale il cavo tagliato dal foro piccolo: se avete fatto bene il buco il cavo entrerà e scorrerà con una certa resistenza; ottimo, così resta ben fisso e non scivola; anche qui una bella spalmatina di silicone da dentro e da fuori.
A questo punto avete "quasi" finito: per quasi intendo 24 ore, il tempo di reticolazione del silicone. A dire il vero già dopo 4/5 ore il silicone ha aderito alle superfici e ha preso una forma stabile, ma soprattutto non macchia più. Quindi se siete come me dei patiti del silicone e lo sapete maneggiare con destrezza potete fare tutto il lavoro di seguito, altrimenti potete attaccare un giunto alla volta, con un intervallo, appunto di circa 4 ore.
24 ore dopo...
Appena il tutto è asciutto per benino si passa a posizionare la pompa ed i tubi.
La pompa va inserita sul fondo del bidone e vi si collega (ben fermato tramite una fascetta) un tubo di dimensioni sufficienti ad arrivare in maniera morbida, non teso quindi, alla parte inferiore di uno dei giunti siliconati sul tappo; naturalmente ci vuole una fascetta anche qui per ancorare bene tubo e tappo.
Nelle immagini avrete di sicuro notato dei giunti ad L di cui ancora non ho parlato: la disposizione ideale del tubo interno è aderente alla parete del bidone, quindi ad arco; per realizzarla sono utili proprio dei raccordi ad L, ma il discorso cambia in base al tipo ed alla grandezza della pompa.
Con la pompa in mano ed il bidone davanti immaginate la posizione del tubo all'interno e sistemate il/i raccordi ad L di conseguenza.
Una volta sistemata la pompa e collegati i tubi si passa ad avvitare il tappo e facendo ciò pompa e tubo ruoteranno lungo l'asse centrale del bidone fino alla fine della vite; per questo sono importanti due cose: i tubi devono essere ben stretti con le fascette e il cavo elettrico della pompa deve essere abbastanza morbido e lungo, quindi quando lo fissate lasciatene abbastanza all'interno del bidoncino.
Quando poi metterete i materiali filtranti all'interno questi faranno ulteriore resistenza, quindi non risparmiate le fascette o qualcosa si staccherà.
I materiali filtranti.
Ciò che avete fin qui costruito non è altro che un grosso recipiente da riempire con i materiali filtranti.
A questo punto parte il dibattito tra le varie scuole di pensiero sul filtraggio meccanico/biologico.
Se inserite solo lana di vetro o altri tipi di spugne otterrete prevalentemente un filtro meccanico che ha la sola funzione di raccogliere rifiuti.
Io utilizzo materiali diversi per ottenere un filtraggio sia meccanico che biologico.
Naturalmente l'acqua nel bidone si muove dall'alto in basso per caduta per essere poi rispedita in alto dalla pompa; quindi i vari strati vanno inseriti partendo all'ultimo, quello più in basso, ma io ve li descriverò partendo dall'alto, seguendo il ciclo che attraversa l'acqua.
- PRIMO STRATO: lana sintetica di color blu a maglie larghe (assomiglia molto alle spugnette metalliche per raschiare le pentole, ma inpratica è di plastica); serve per trattenere le impurità più grosse ed ingombranti ed è fondamentale in ogni filtro per prevenirel'otturazione degli altri strati.
- SECONDO STRATO: la classica lana di vetro: intercetta le particelle medie e piccole di sporcizia. Questi due strati costituiscono il filtro meccanico e nel mio filtro occupano poco più della metà dello spazio totale.
- TERZO STRATO: argilla espansa; chi mi conosce sa che la amo quanto il silicone: è l'argilla porosa a palline che si usa nei vasi pertrattenere l'umidità; nel filtro mette a disposizione i suoi pori per captare le ultime particelle di sporcizia rimaste e per l'insediamentodei batteri denitratori. Questi batteri sono quelli che si trovano comunemente in commercio (io uso il Sera Nitrivec) e "mangiano" ammoniaca. L'argilla va lavata molto bene perché di solito contiene della sabbia o polvere; poi la si mette ammollo in acqua trattata con un biocondizionatore (io uso Sera Aquatan) che serve ad eliminare il cloro comunemente disciolto nell'acqua di rubinetto che ucciderebbe i batteri. Dopo un'oretta si spruzzano i batteri nella bacinella di ammollo e si lasciano attecchire per qualche ora. L'argilla così trattata va poi inserita in sacchetti in modo da non disperdersi all'interno del filtro.
- Nei negozi si trovano dei sacchetti a retina che vanno benissimo ma se volete risparmiare fate come me: prendete dei collant da donna non molto spessi e tagliateli a segmenti con delle forbici, fate un nodo da un lato, riempiteli di argilla e annodate l'altra estremità. Potete fare anche pochi grandi sacchi di questo tipo ma farne tanti piccoli vi permette di disporli meglio nel bidone senza sprecare spazio utile.
- QUARTO STRATO: cannolicchi di ceramica; sono lo zoccolo duro del filtro biologico ed hanno la stessa funzione dell'argilla ma funzionano meglio e costano di più; in realtà esistono anche cannolicchi dal prezzo irrisorio ma di solito non servono a nulla. Dall'altro estremo ci sono le soluzioni super professionali come gli Askoll BioMax o i Sera Siporax, ma hanno un prezzo per molti inaccessibile e non so se valgano veramente i soldi che costano. I cannolicchi vanno lavati e trattati come l'argilla; anche per la sistemazione nei
- sacchetti vale lo stesso discorso fatto sopra.
Allestimento del bidone
A questo punto siamo pronti a mettere in funzione il bidone: basta solo riempire per una decina di centimetri il bidone con l'acqua trattata dei cannolicchi o dell'argilla. Una volta riempito il bidone non resta che posizionarlo sotto la vasca e collegare il tubo di ingresso al giunto restante.
Accendendo la pompa il bidone comincerà a svuotarsi; infilate il tubo di uscita sotto il livello dell'acqua, in fondo alla vasca, e spegnete la pompa. L'acqua comincerà a scendere dal tubo di uscita verso il bidone e il tubo di entrata comincerà a cacciare aria facendo delle bolle; appena il bidone è quasi pieno riaccendete la pompa e vedrete che il tubo di entrata comincerà ad aspirare correttamente e quello di uscita ad espellere. Nel bidone resterà invece una camera d'aria tra il livello dell'acqua ed il tappo.
Alcuni accorgimenti
I filtri esterni a bidone hanno innumerevoli vantaggi ma vanno "rodati" per bene. Già dai primi giorni noterete che il livello dell'acqua all'interno del bidone non è sempre uguale. In alcuni momenti, infatti il tubo di entrata non aspirerà abbastanza acqua da compensare la portata della pompa; inoltre man mano che il filtro si riempie la sporcizia comincia a fare resistenza alla caduta dell'acqua e a lungo andare può capitare cha la pompa resti completamente all'asciutto. Dopo alcune settimane, al contrario può capitare che la pompa venga in parte otturata da qualche particella che "ostinatamente" è riuscita a passare indenne dai vari strati; in questo caso la pompa sputerà fuori meno acqua di quanta ne entra. Per questo ho previsto le due valvole a farfalla, una in entrata ed una in uscita, in modo da poter regolare in ogni momento la giusta portata dei due tubi. Queste due valvole possono anche, se usate contemporaneamente, diminuire la portata sia in entrata che in uscita, qualora avessimo acquistato una pompa troppo potente e sproporzionata alla vasca. Tenete pure conto che la portata in entrata ed in uscita dipende anche dalla sezione del tubo usata.
Inoltre state ben attenti perché se l'aspirazione è troppo forte una tartaruga molto piccola potrebbe rimanere attaccata al tubo e morire annegata: per evitare il problema basta attaccare un piccolo imbuto al tubo, in modo da diminuire la pressione ma non la portata. Ultimo accorgimento, la disposizione dei tubi: li potete mettere paralleli sullo stesso lato della vasca o di fronte, uno su un lato, uno sull'altro; io preferisco la seconda soluzione perché crea un flusso continuo che aiuta a trasportare la sporcizia verso il tubo di aspirazione. Consiglio inoltre di posizionare il tubo della pompa non troppo in basso nella vasca per due motivi: se questo tubo è immerso e va via la corrente l'acqua torna indietro; se invece non è immerso l'acqua fa un salto dal tubo al livello della vasca che rompe il pelo dell'acqua ed elimina la sgradevole patina che si crea ogni tanto in superficie.
Il 16 agosto arriva una mail da Ampijoroa, nata la prima Astrochelys yniphora !
Che bello, penso subito che quest’anno sarà un anno con tante nascite e soddisfazioni …… ma attendiamo gli sviluppi.
Poco tempo dopo arriva un’altra mail, c’è un problema, l’efficientissimo(fin’ora) sistema di allarme da noi installato, ha un problema, non riescono ad inserirlo, scatta subito in allarme e quindi non è utilizzabile. Il sistema attuale è formato da 4 settori che si sono sommati negli anni, in quanto le zone da proteggere sono aumentate un po’ alla volta. Le comunicazioni per fortuna sono più veloci del solito, sempre via mail in quanto nel centro di riproduzione di Ampijoroa (che si trova al’interno della foresta di Ankarafantsika, Madagascar) non arriva il telefono, ma è presto spiegato il motivo, sono riusciti a installare un ruter Wi-Fi su una grande pianta,
dove da lì si riesce a ricevere un debole segnale di un trasmettitore che è stato installato per servire un villaggio a 5-6 Km di distanza. Dopo 2 giorni di tentativi, riesco, dall’Italia a far isolare il settore in avaria e far partire gli altri tre, almeno provvisoriamente; per fortuna quello difettato è l’ultimo installato che protegge la zona di quarantena e quindi meno importante degli altri 3 che proteggono una unica grande recinzione.
Siccome in settembre era prevista la nostra visita, la riparazione è di conseguenza programmata a fine settembre.
In Italia prepariamo una scheda elettronica di ricambio, in caso sia la scheda difettosa, anche se pensiamo che le probabilità maggiori siano dovute a dei cavi elettrici sotterrati.
Qualche giorno dopo la nostra grande mostra (TARTARUGHE BEACH), siamo nuovamente in partenza per il Madagascar ed una volta arrivati, con calma prepariamo i materiali necessari per la riparazione.
Il 29 settembre si parte per la foresta, portandosi dietro anche un grosso rotolo di buon cavo elettrico. Le prime prove rilevano subito il mal funzionamento di due cavi che servono per i proiettori a Led e per il contatto di protezione della porta della quarantena; non sappiamo se sia dovuto a dei topi o con molta probabilità alla scarsa qualità dei cavi di produzione cinese……… Sta di fatto che una volta sostituiti i cavi
sembra che funzioni, l’allarme si inserisce regolarmente, ma alle prove dei test qualcosa non funziona, la scheda elettronica della quarantena non rileva le vibrazioni della rete, cioè quello per cui è nata. E’ stata l’ultima scheda inserita, quindi la più nuova, ma poco conta, la sostituisco con una nuova di riserva e finalmente tutto funziona regolarmente.
Ormai si è fatto sera, manca poco al calare del sole e ci rilassiamo un poco; inizio a chiedere se l’incubatrice funziona regolarmente e il responsabile Ernest mi dice che dopo la nascita del 16 agosto, non ne sono avvenute altre, cosa che mi fa subito preoccupare e cerco di chiedere particolari sul funzionamento, solo allora mi espone i suoi dubbi, mi dice che la notte c’è troppa umidità all’interno dell’incubatrice ! Mi allarmo subito, il fatto è molto grave e serio. Purtroppo mi dice che è così da diversi mesi………. Cavolo, queste cose non devono succedere, se c’è un problema devono avvisare subito, spesso una soluzione temporanea si trova, così si evita il peggio, ma se non si interviene si rischia di compromettere tutto il lavoro di un anno. Purtroppo il nuovo sistema di deumidificazione che sembrava efficientissimo, non funzionava più, si è rotto un componente elettronico, anche se nuovissimo, si chiama cella di Peltier, serve per raffreddare un’aletta di alluminio che col passaggio di aria forzata produce gocce di acqua, queste gocce vengono poi convogliate all’esterno e di fatto riduce l’umidità togliendo acqua all’interno dell’incubatrice; un sistema semplice, a basso consumo ed efficace, ma non doveva rompersi……. Purtroppo!
Il giorno dopo ritorno in città, e con l’aiuto dell’amico Maurizio Bellavista, pensiamo ad una soluzione provvisoria, una piccola ventola che forzi aria dall’esterno, così riduce la percentuale di umidità velocemente. Qua il pezzo di ricambio è impossibile da recuperare e se me lo devo far arrivare dall’Italia passa probabilmente più di un mese, troppo se voglio sperare di salvare qualche uovo.
Purtroppo sono poco ottimista, credo che la lunga permanenza di livelli molto alti di umidità all’interno dell’incubatrice abbia compromesso tutte le uova.
Nel frattempo ho acquistato anche un ventilatore da posizionare vicino il compressore del refrigeratore, in quanto si riscalda troppo e tende di conseguenza a raffreddare poco.
In attesa del successivo appuntamento per il secondo viaggio in foresta, porto avanti un altro piccolo progetto che vorrei fare; ripulire le spiagge della città, sono veramente uno schifo, piene soprattutto di plastica. La plastica, per prima cosa uccide le tartarughe marine e siccome non si distrugge mai, si polverizza, viene mangiata dai piccoli pesci che a sua volta vengono mangiati dai pesci più grossi, e all’apice della catena alimentare ci siamo noi umani che ce la mangiamo, con la conseguenza di tanti tumori.
L’idea mi è venuta in quanto nella spiaggia che frequento conosco quasi tutti i bambini del piccolo villaggio di pescatori e vorrei insegnargli a rispettare l’ambiente, cosa sicuramente quasi impossibile in Madagascar, ma mi piacciono le sfide impossibili e credo che solo partendo dai bambini si può ottenere qualcosa, i grandi sono irrimediabili, gettano tutto, dappertutto. Acquisto quindi 40 T-Shirt di color arancio, dove gli faccio stampare la scritta: “association Mahajanga ville propre” (associazione Mahajanga città pulita) e do appuntamento a tutti i bimbi la domenica 5 ottobre, ovviamente con il permesso di alcuni genitori. Distribuisco le 40 T-Shirt; impresa mega titanica, tutti le vogliono, grandi e piccolissimi, ma le taglie acquistate sono per bimbi di 9-12 anni.
Avevo acquistato anche dei grossi sacchi per la raccolta dell’immondizia e partiamo, di immondizia ce n’è una quantità esagerata e a fine mattinata, quando vedo i bambini che iniziano a dare segni di cedimento, dovuto al caldo che sta aumentando, ci fermiamo, abbiamo raccolto una trentina di grossi sacchi, pieni soprattutto di plastica, il tutto portato nel contenitore dell’immondizia poco fuori al villaggio.
E’ bello vedere i volti degli adulti increduli su quanto facciamo, alcuni però si complimentano con noi e soprattutto i pochi bianchi residenti, se pur stupiti ci ringraziano. A fine lavoro, metto tutti i bimbi in fila e gli distribuisco caramelle varie, gomme da masticare, biscotti e ciupa-ciupa. Ovviamente è il momento che preferiscono !
Nel frattempo riesco a farmi ricevere dal nuovo sindaco della città, che sembra compiaciuto dell’idea, ora vedremo però che ci darà una mano, gli ho chiesto che renda obbligatorio l’installazione di un po’ di bidoni per l’immondizia, inesistenti qui sulle varie spiagge, altrimenti quando me ne andrò, il mio lavoro non sarà servito a nulla, sarebbe una “meteora” e tornerebbe tutto come prima in pochi giorni.
Attendo quindi che vengano a riprendermi in città per fare le nuove modifiche all’incubatrice.
Seconda puntata in foresta, il 9 ottobre e subito all’arrivo almeno una buona notizia, vediamo due uova bucate, stanno per nascere due baby, di cui una ancora con il sacco vitellino .
Inizio subito a fare le modifiche, è primo pomeriggio e dentro la stanza dell’incubatrice c’è un caldo infernale, quasi 38°C, ma soprattutto senza un filo di aria, il che da una sensazione di gran caldo. Prima cosa installo la ventola per far circolare più aria sul compressore e il radiatore del sistema di refrigerazione che si scalda veramente troppo e nel fermare il tutto,
mi accorgo che il sistema di raffreddamento ha superato la soglia di temperatura massima per cui lo scambiatore è in tilt e non produce freddo. Una volta installata la ventola provvedo a raffreddare il compressore con acqua fresca (per modo di dire, qua c’è solo caldo), con l’aiuto di una spugna e quando sento la temperatura del compressore diminuita, almeno ora ci si tiene le mani sopra, accendo il programmatore e il sistema di raffreddamento inizia a funzionare regolarmente; ora con la ventola non dovremmo più arrivare al punto di stallo del compressore.
Poi installo una ventolina a 12Volts (l’ho cercata a 220Volts in città ma non l’ho trovata) con il suo alimentatore, che viene attivata quando sale l’umidità.
Immettendo piccole quantità di aria, oltre ad abbassare l’umidità, crea ricambio di aria che fa solo bene alle uova.
Ora attendiamo che la temperatura e l’umidità vadano a regime e testiamo bene tutto il sistema. Tutto funziona benissimo, ci rimane di verificare il funzionamento nelle varie ore della giornata.
Anche la mattina successiva verifichiamo che i dati impostati sono regolati benissimo, quindi ora funziona tutto bene. Rimane solo la speranza che non siano troppe le uova compromesse, ma questo lo sapremo più avanti. Mi resta un po’ di tempo prima della partenza per il rientro in città e faccio un po’ di foto molto interessanti, fra cui riprendo l’accoppiamento di due adulti di Astrochelys yniphora,
un carapace vuoto
e anche alcuni baby di Eritmochelys madagascariensis di circa 2 anni di età.
Un amico mi chiama e mi spiega che in città c’è un francese che sta costruendo un parco con tanti animali, in effetti era da tempo che sentivo parlare di questa cosa, ma ora è lui che chiede collaborazione per le tartarughe e quindi prendiamo appuntamento per una prima visita. Le tartarughe non sono tante, soprattutto Astrochelys radiata
adulte e tre baby, tutte bellissime, ed una bella femmina di Astrochelys yniphora
di 35 anni, rimasta sempre sola, oltre ad alcune Pyxis aracnoides
e P. planicauda.
La cosa che mi piace è che il parco è costruito a scopo didattico e di conservazione, in futuro quando sarà pronto, tutte le scolaresche potranno visitarlo gratuitamente, quindi ho garantito il mio aiuto a migliorare la sezione delle tartarughe. Ho già dei conoscenti che detengono alcune Astrochelys yniphora che mi hanno autorizzato a fare un tentativo di accoppiamento. L’unico dubbio che ho è dovuto al fatto che le 3 A. yniphora detenute in una abitazione privata, sono due femmine ed un maschio
e da quando è morto il secondo maschio, così mi dicono i proprietari, finiti i combattimenti per stabilire la gerarchia, il maschio superstite è molto meno attivo (ovviamente questo è risaputo ed è solo una conferma). Nella stessa abitazione dove sono detenute le 3 Angonoka, ci sono anche 5 bellissime A. radiata adulte
ed ho fatto un controllo a due nidi di uova deposte da due femmine di A. radiata, ma purtroppo in uno non c’era nulla e nell’altro ce n’erano 4 fradice ed una non fertile. La seconda deposizione era troppo vicino ad una piccola pianta che il guardiano annaffia regolarmente e quindi il terreno sabbioso era troppo umido, causando la morte delle uova.
Nel frattempo domenica 12 effettuiamo la seconda giornata della raccolta della plastica, con oltre trentacinque sacchi raccolti. Lunedì devo mettermi in contatto con il vicesindaco e vedremo che intenzione hanno, io nel frattempo cerco di fare un preventivo per installare un grande cartellone da posizionare in entrata del villaggio, che scoraggi a gettare l’immondizia in spiaggia e a mare.
Siamo ad inizio novembre e arriva la notizia che le piccole nate in incubatrice sono 10,
almeno non è così male come temevo e poi rimangono ancora altre 12 uova in incubatrice ; inizialmente ne sono state inserite una trentina, ma alcune si sono rilevate non fertili e sono state tolte.
Le domeniche di raccolta sono diventate 5 e la media dei grandi sacchi di plastica raccolta varia da 30 a 37, non male; purtroppo però il comune non ha ancora fatto nulla, se non di passare al sabato a svuotare il grande contenitore dell’immondizia fuori villaggio. A breve mi rimetterò in contatto coi responsabili in quanto sto cercando di fare una riunione con tutti i pescatori e con chi lavora in spiaggia, anche se so che è un’impresa impossibile, voglio spiegargli quanto è pericolosa la plastica in mare, di quanti pesci e tartarughe uccide e che di fatto preclude il futuro dei loro figli. Continuo ad avere poca fiducia negli adulti, in quanto i malgasci non pensano mai a domani, qui conta solo il presente. Comunque nel frattempo ho acquistato 50 cappellini per i miei bimbi ed altre 10 T-Shirt e mi sto organizzando per fare costruire un carretto da collegare al quad per trasportare meglio i sacchi di plastica raccolta.
Anche se non sono pochi quelli che mi dicono che sto combattendo una guerra persa, rimango dell’idea che se salvo anche solo una tartaruga marina, è comunque un successo !!!!!
Una domenica mattina, durante la raccolta della plastica, mi si avvicina un adulto chiedendomi se sono interessato ad un adulto di Astrochelys yniphora…….. ovviamente alzo immediatamente le “antenne” e mi fingo molto interessato all’acquisto. Il prezzo parte già da una cifra molto bassa, il che mi fa dubitare fortemente ma qua le sorprese sono sempre all’ordine del giorno; siccome sono al lavoro con oltre 40 bimbi, che non posso mollare, decido di prendere un appuntamento per la mattina successiva, però poi nessuno si è fatto vivo all’appuntamento…… Peccato, avrei dovuto mollare tutto e correre a vedere l’esemplare che forse durante il giorno è stato venduto a qualche straniero ed ora sarà in un giardino a mangiare schifezze di ogni tipo.
Nel frattempo il carretto è pronto e i lavori di raccolta plastica delle domeniche vanno più spediti, è solo un po’ difficile tenere sotto controllo tutti i bambini.
Mi è arrivata notizia che in un giardino privato ci sono alcune tartarughe fra cui una molto chiara, quindi vedrò se riesco a verificare la notizia, potrebbe essere una A. radiata chiara o magari un’altra A. yniphora da salvare .
Tanti sono gli animali che in qualche modo incontro, e specialmente dopo le prime piogge, serpenti e camaleonti bellissimi, ma uno mi ha particolarmente colpito, un piccolissimo lemure che credo sia un Microcebus, lemure notturno,
aggrappato ad una T-Shirt di un malgascio, purtroppo legato con una piccola corda, che pena….
Le due tartarughe in realtà sono come quasi sempre delle Astrochelys radiata, anche se una di recente è sparita dal giardino privato. Il maschio è rimasto ma di una dimensione notevole e con evidente piramidizzazione, segno di eccesso di alimentazione. Poco dopo passo da un altro amico e trovo un’altra A. radiata, abbastanza bella ma anche lei alimentata malissimo, almeno ora spero che inizino a dargli alimenti giusti o quasi sempre a non dargli nulla, visto che spesso sono in grandi giardini e quindi trovano sufficienti erbe sane.
Il 28 novembre ho in programma, alle 17 una riunione con tutti i pescatori ed operatori della spiaggia del villaggio dove risiedo temporaneamente. Arrivo puntuale e non c’è ancora nessuno, temo un flop, ma piano piano iniziano a spuntare fuori tanti personaggi veramente degni di un film, gente con forti segni del duro lavoro di pescatori, molti sono anziani e sono le persone più importanti del villaggio. Almeno sono venuti a sentire cosa ho da dire a loro…… in fondo in due mesi di raccolta plastica coi loro figli e nipoti mi sono guadagnato la loro fiducia e non è facile che la diano ad un bianco. In un’ora circa gli spiego, con l’aiuto di un malgascio che traduce in lingua locale, il perché della pericolosità della plastica sia per i pesci, per le tartarughe marine e per noi umani e cerco di fargli capire che ora il futuro dei loro figli e nipoti dipende da loro e che devono iniziare a fare qualcosa, in fondo poi non gettare la plastica, raccoglierla e portarla nel contenitore apposito non è così difficile anche se da sempre sono abituati a viverci sopra. Ora attendo che prendano una decisione, se si impegnano, il TCI gli donerà una decina di grossi bidoni per la raccolta. Certo che questo è l’ultimo tentativo, sono poco fiducioso, ma aspettiamo, ho visto tante gente continuare a parlare fra loro, segno che almeno ho scosso un po’ le coscienze.
Arriva anche l’ultima domenica di raccolta plastica coi miei bimbi; dall’inizio il numero si è un po’ ridotto ma va bene comunque, sono sempre molto efficienti, anche se per riempire più velocemente i sacchi, tendono a tralasciare gli oggetti piccoli. Lo fanno perché in fondo per loro rimane comunque un gioco (e così deve essere) che è collegato al fatto che chi riempie un sacco, ha diritto ad un giro sul quad fino al contenitore dell’immondizia che si trova fuori villaggio. L’ultima mattina ne raccogliamo un po di meno, ma in verità dopo oltre due mesi di raccolta, la quantità di plastica in spiaggia è ridotta considerevolmente; lo dice il fatto che questa volta a fine lavori raggiungiamo una distanza molto superiore al solito, mai raggiunta e un ristorantino sulla spiaggia premia i miei bimbi con bibite varie e sciroppi preparati al momento. Tutti sono irrequieti, sanno che finito il lavoro ci sarà la festa; ho acquistato circa 25Kg di litchi (un frutto tipico della grande isola) ma che essendo prodotto sulla costa est, qui ha dei prezzi alti per loro. La festa è arricchita da tante bibite di cui loro vanno matti , con distribuzione di tantissimi dolci, snack e grossi palloni gonfiati, marcati TCI ……….
Riesco a saziarli tutti, tanto che i dolci non li mangia quasi nessuno, ma difficilmente arriveranno a sera.
Ricevo l’OK per i bidoni e ne acquisto 10 in città. Inaspettatamente qualche donna che gestisce gli ombrelloni e per prima proprio quella che ritenevo la più antipatica, mi viene a ringraziare, ora speriamo che non li rubino e soprattutto li utilizzino bene. E’ rimasto poco tempo e quindi rinuncio all’idea di verniciare i bidoni e mettergli il logo sia della nuova associazione per la raccolta plastica (Association Mahajanga Ville Propre) che del TCI, magari un altro anno.
Altra visita ad un francese che conosco, perché mi dice che ha delle tartarughe. Purtroppo mi ritrovo 3 esemplari di Astrochelys radiata di cui uno adulto e due subadulti,
in un piccolo recinto di cemento, con una piccolissima pozza d’acqua puzzolente, alimentati malissimo, con tutte le porcherie possibili. Mi sembra di vedere le tante situazioni che negli anni mi sono capitate in Italia, esemplari in recinti piccolissimi e alimentate da schifo, solo che qui in genere ci sono delle Astrochelys radiata. E le sorprese non finiscono qui, nella piccolissima pozza d’acqua spuntano fuori 3 Pelomedusa subrufa.
Come al solito provo a spiegare al guardiano e al padrone come dovrebbero essere alimentate, ma mi da la sensazione che una volta uscito da lì, le tartarughe continuino a mangiare le stesse cose, visto che l’addetto è il guardiano ……. I malgasci hanno la “testa dura”. Prima di partire dalla casa, vedo uno spettacolo veramente triste, due lemuri in una gabbia piccolissima, messa su un balcone, come arredamento che io ritengo “macabro”.
Resoconto delle nascite nel centro di riproduzione di Ampijoroa, al momento della nostra partenza: 11 baby in incubatrice (ma ci sono ancora uova all’interno) e 53 in terra, con alcune uova ancora da schiudere. Tutto sommato ottima stagione.
Nel frattempo una collaboratrice della nuova associazione, una signora anzianotta, mi parla di una popolazione di Astrochelys yniphora nella sua città di origine, che rimane molto più a nord di tutte le zone conosciute, ovviamente la cosa mi incuriosisce non poco; mi sono assicurato di spiegargli bene che non si sbagli a confonderle con altre specie ma lei insiste di conoscere bene le Angonoka e che la ci sono ancora di tutte le dimensioni. Per sicurezza l’ho chiamata a casa per fargli vedere le foto delle Angonoka e delle A. Radiata e lei insiste che sono Angonoka e che la le chiamano tutti così; mi rimane un unico piccolo dubbio che le chiamino così ma che siano un’altra specie, anche se è difficile che sia una popolazione di A.radiata , che sono originarie dell’estremo sud del Madagascar. Sarebbe una bella scoperta, una piccola popolazione rimasta isolata ; la cosa verrà sicuramente valutata dal TCI.
Agostino Montalti