Avevo sentito parlare di spiagge dove le tartarughe nascevano fra le radici dei grandi e maestosi Baobab e da tempo mi frullava per la testa questa visita, quindi, visto che mi trovavo a Mahajanga, nord ovest del Madagascar per il nostro “Progetto TCI Angonoka”, e da qui ci sono alcuni voli per Mayotte, ho deciso di affrontare questo breve viaggio di 3 giorni anche per visitare questa isola a me sconosciuta e a solo un’ora di volo . Ed eccomi in partenza per l’isola di Mayotte, per vedere le mitiche spiagge di Saziley e Moya, dove le tartarughe marine depongono le uova fra le radici dei grandi e meravigliosi baobab .Mayotte è un grande atollo, con tante isole al suo interno, dove prevalentemente sono abitate le due isole più grandi, Grande terre e Petite terre.
La spiaggia di Moya è situata sul lato est dell’isola Petite terre e la spiaggia di Saziley è posizionata a sud dell’isola Grande terre. Purtroppo per arrivare alla spiaggia di Saziley non esistono strade, ho trovato solo una cartina locale che ne faceva riferimento e quindi partendo dall’Hotel che si trovava vicino alla capitale Mamoudzou , sono partito per trovare un mezzo che mi portasse più vicino possibile alla meta e già questa è stata la prima impresa. Per fortuna i taxi sono molto economici anche se fanno un sacco di fermate per far salire e scendere i passeggeri e la strada è interminabile. Il taxista mi dice che fa uno sforzo e mi porta fino all’inizio della presunta strada che porta alla spiaggia di Saziley, dove c’è un cartello con una freccia che indica 3,3 Km . La strada non si presenta bene, sembra un sentiero stretto e mal ridotto, ma era solo l’inizio, il resto era molto molto peggio. Il paesaggio è una meraviglia ma non ero in forma, avevo un’anca che poco tempo prima mi aveva dato complicazioni serie e quindi non sarebbe stato il massimo sforzarla, ma ormai ero partito e convinto di arrivare in fondo. Le sorprese però non erano finite, dopo 3,3 km di sali e scendi su un sentiero che chiamarlo così è un elogio, più che altro è una mulattiera,
mi rendo conto che il cartello indicava il punto di arrivo al colle più alto, dove poi poco più avanti si trova la deviazione per discendere verso tre spiagge fra cui quella di Saziley. Ovviamente altri 4 km ancora più sconnessi; in totale fra andata e ritorno credo di aver marciato per oltre 20 km in quanto poi al ritorno non c’erano più taxi fino ad un punto più a nord. Lungo il percorso, c’erano delle simpatiche segnalazioni sui sassi, delle tartarughe marine dipinte per indicare la via;
la vegetazione sembrava simile alle vegetazioni delle nostre zone a ridosso del mare, se non per i grandi baobab che ogni tanto svettavano maestosi.
Ogni tanto sbucava qualche uccello endemico,
oltre a bellissimi paesaggi
e un atollo di sabbia bianca sul mare.
Ma parliamo della meravigliosa spiaggia
che si è aperta ai miei occhi, che sicuramente mi ha ripagato della grande fatica. Una spiaggia meravigliosa, con sabbia nera su una baia che dire incantevole è poco, con tanti meravigliosi Baobab che si affacciano sulla spiaggia , al punto che le radici spesso si ritorcono indietro per non andare verso l’acqua salata.
La prima cosa che vedo sono le tantissime tracce delle tartarughe marine
che sono venute la notte precedente a deporre le uova; sulla sabbia nera e liscia, senza tracce umane, sembrano delle piccole piste che vagano nella larga spiaggia per trovare il luogo migliore per deporre. Le prime che vedo sono su una parte dove dopo la sabbia c’è dell’erba o piccoli arbusti e qui le tartarughe cercano di scavalcare il lato più alto in modo che le maree non arrivino fino ai nidi. Questo prima spettacolo mi ha incantato al punto che inizialmente non mi ero accorto che li vicino c’erano tanti bellissimi baobab
che si slanciavano in alto e largo vicino a bellissimi grandi massi neri arrotondati dalla forza del mare. Per una mezza giornata sono stato l’unico visitatore ad eccezione di un pescatore locale
che pescava a lenza, sul mare, molto inoltrato in quanto la marea era molto bassa. Vedo quasi subito tanti gusci di uova schiuse,
segno che qui l’attività è frenetica e viva, ed ho trovato anche il segno che è recentissima, purtroppo macabro ma è la realtà, una zampetta di una baby,
ancora molto fresca, quindi segno che è uscita la mattina stessa e non ce l’ha fatta; ci sono molti corvi
che popolano la baia e questi fanno sicuramente strage delle piccole ritardatarie che escono con la luce del giorno. Trovo anche diversi teschi di tartaruga, proprio a fianco di un grande baobab.
Fa effetto vedere che la maggior parte dei nidi è scavata proprio far le radici dei grandi baobab, come se in qualche modo cercassero protezione. Dopo aver scattato tante foto e rimasto abbagliato e entusiasmato dalle forme dei grandi alberi di baobab, di cuoi ho raccolto anche i semi a terra, comincio a pensare di rimanere la sera fino all’arrivo delle prime tartarughe, ero troppo eccitato dall’idea, ma l’idea me l’ha fatta cambiare il pescatore quando mi ha chiesto se ero da solo, quella zona purtroppo non è molto sicura e spesso si sono verificati dei furti o attacchi a turisti. Prospettiva poco rassicurante, aggiunta al fatto che non ero attrezzato per la notte e il percorso era veramente duro, considerando poi che i taxi di notte non ci sono, a malincuore ho ripensato di tornare . Lungo il tragitto, con mio stupore ho visto dei lemuri fulvi,
pensavo fossero solo in Madagascar. Il giorno seguente, di primo pomeriggio avevo il volo di ritorno, ma sapendo che la spiaggia di Moya era sulla stessa isola dell’aeroporto, pur ancora tutto dolente per la sfacchinata del giorno prima, quando scendo dal traghetto mi do da fare per trovare un taxi che mi accompagni il più possibile vicino alla spiaggia di Moya, cosa però non facile, ho dovuto chiedere a lungo e pazientare per trovarne uno, che però mi ha lasciato ad alcuni km dalla spiaggia; tanto per cambiare ancora tanta marcia a piedi…… solo l’ambita meta mi faceva non pensare alla fatica e al dolore, ma la passione è talmente forte che non mi fermo. Anche qui mi si presenta una piccola baia, sempre con sabbia nera vulcanica,
molto carina, anche se non come Saziley, ma con tanto fascino e anche qui diversi baobab direttamente sulla spiaggia, dove le tartarughe scavano immense buche proprio fra le loro radici, al punto che le scoprono tantissimo per entrarci in mezzo e fanno si che si presenta uno spettacolo meraviglioso di intrecci di mega-radici . Purtroppo il meraviglioso spettacolo era rovinato dalla tantissima plastica mischiata in mezzo ai tantissimi gusci di uova di tartarughe marine.
Anche qui gli immancabili corvi neri e bianchi che pattugliano continuamente la spiaggia, non lasciando via di scampo ai piccoli che rimangono indietro o nascono con la luce del sole. A fianco di questa baia ce n’è un’altra piena di mangrovie, quindi meno di effetto, ma anche in questa ho trovato alcune posizioni con le tracce delle tartarughe e dei nidi; sembra che ci sia una lotta ad accaparrarsi le posizioni migliori lontane dall’acqua. Un’altra passeggiata di avvicinamento all’aeroporto e la nostra avventura svolge al termine.
By by Mayotte !
Agostino Montalti
Prime nascite!
La notte del 21 agosto, dopo circa 5 mesi di incubazione, è nata la prima Angonoka !
Il periodo di incubazione naturale è di circa 10 mesi ed è scandito dalla stagione delle piogge.
Alle prime piogge, che avvengono solitamente ai primi di dicembre, i maschi iniziano le loro lotte serrate, a colpi di "vomere", la grossa pretuberanza che viene usata a mo di ariete, allo scopo di capovolgere l'avversario. Questo rito ha il compito di selezionare i maschi più forti che così hanno il privilegio di accoppiarsi con le femmine. Poco dopo, le femmine iniziano a deporre le prime uova (da 3 a 5/6 per deposizione) che solitamente avvengono verso fine dicembre.
Purtroppo, da come ci dicono al centro di riproduzione, la percentuale di schiusa delle prime deposizioni in terra, è bassissima, e questo a nostro parere è dovuto al fatto che il successivo arrivo delle forti piogge, infradicia le uova; tesi avvalorata dal fatto che le ultime deposizioni hanno percentuali di schiusa notevolmente più alte.
Per questo, dopo lunghe discussioni si è deciso di inserire dentro alla nuova incubatrice del Tarta Club Italia, studiata in collaborazione con la FIEM Incubators , 12 uova degli ultimi 3 nidi deposti ad inizio marzo. Se pur quest'anno le deposizioni sono state abbondanti (oltre 80 uova deposte), come prima esperienza, per precauzione, i responsabili Durrell, hanno preferito essere prudenti e vedere i risultati.
C'è anche da dire che la scelta di passare all'incubazione artificiale, dopo 25 anni di metodo naturale, è data anche dal fatto che una parte delle uova veniva persa per l'attacco di formiche e termiti, ma i cambiamenti non sono facili da accettare subito e inserirle tutte in incubatrice.
Se da una parte occorre pensare che per quanto la nuova incubatrice abbia un doppio sistema di protezione (meccanico ed elettronico), che quindi abbassa moltissimo la percentuale di errori, con questa specie rarissima non possiamo permetterci di sbagliare, ma la percentuale di uova schiuse in più, è talmente alta che vale sempre la pena di inserirle tutte all'interno dell'incubatrice. La nuova incubatrice è dotata di due temperature di lavoro(diurna e notturna) con doppio sistema di riscaldamento e raffreddamento a celle di Peltier. Ovviamente non abbassiamo la guardia sullo studiare sistemi per diminuire i rischi e una modifica è già prevista nella prossima missione.
La nostra incubatrice è entrata in funzione ai primi giorni di aprile 2011, ma le 12 uova erano già state in terra per poco meno di un mese, quindi i parametri e i risultati saranno in parte influenzati anche da questo primo breve periodo , che verrà poi confrontato con gli anni a venire.
Dopo aver a lungo studiato le temperature del Madagascar e delle zone di origine delle Astrochelys yniphora e Astrochelys radiata e delle esperienze di alcuni allevatori Europei di A. radiata, il nostro parere era quello che i tempi di schiusa in incubatrice sarebbero stati molto inferiori dei 10 mesi in natura, quindi abbiamo impostato la programmazione delle temperature e umidità, tenendo conto di questa tesi.
Infatti, alla fine luglio, abbiamo detto al responsabile del centro di riproduzione di aumentare gradualmente la percentuale di umidità dal 70% all'80/90%, simulando così l'arrivo delle prime piogge(ancora moltolontane). La nostra teoria era che le baby rimanevano diversi mesi dentro l'uovo, già pronte, in attesa dell'arrivo delle piogge per uscire più facilmente. Uno dei motivi di questa convinzione era dovuta dal fatto che osservando le baby appena nate dell'anno precedente, si notava già una crescita degli scudi come se fossero nate già da mesi.
Però dal dire al fare, c'è di mezzo il mare (come dice un antico e saggio proverbio) e con queste rarissime e preziosissime uova non c'è da scherzare e gli esperimenti possono essere pericolosi.
Anche se convinti di questa tesi, ci sentivamo addosso molta responsabilità e la mail del 22 agosto che ci annunciava la nascita della prima baby ci ha fatto tirare un bel sospiro liberatorio.
La prima baby è nata la notte del 21 agosto 2011, con ancora un poco di sacco vitellino che si è assorbito nei 3 giorni successivi; ovviamente ha creato un pò di agitazione anche nello staff dei nostri amici del centro di recupero di Ampijoroa , a cui abbiamo subito dato consigli su come trattare gli esemplari nati con sacco vitellino e di come stabulare in esterno i primi nati, che necessitano di un substrato molto umido, in modo di simulare l'umidità della stagione delle piogge, in quanto ora e per i prossimi 4-5 mesi la stagione è molto secca.
Questa prima esperienza ci sta già facendo lavorare per cercare di migliorare ulteriormente la resa del progetto e per mettere a punto i lavori della missione 2012.
Ovviamente speriamo sempre che il progetto sia sostenuto anche dai soci e dalle donazioni .
Nei giorni successivi sono nate altre 6 baby Angonoka (quindi 7 in totale), attualmente ben vispe ed attive.
Alla fine del primo test, queste le mie conclusioni :
- 12 uova inserite nell’incubatrice
Premesso che : nei programmi di incubazione artificiale, per verificare la funzionalità dell’incubatrice utilizzata si ragiona considerando solo le uova fertili, queste le mie conclusioni finali su 10 uova risultate feconde :
- 7 bebè nati e sopravissuti
- 1 bebè nato con sacco vitellino ma morto successivamente
- 2 bebè morti all’interno dell’uovo
Note:
- Il bebè nato con sacco vitellino ancora non assorbito e morto successivamente, con maggiore esperienza sarebbe stato possibile salvarlo.
- La morte dei due bebè dentro all’uovo è dovuta alla temperatura un po troppo alta , ma il fatto è sicuramente positivo in quanto ci ha dato la possibilità di verificare al primo test qualè il valore della temperatura massima. In questo caso è sufficiente abbassare di soli 0,5°C la temperatura diurna e diminuirla anche di 1-2 ore e le morti non dovrebbero più succedere. Rimane però il fatto che probabilmente con una temperatura vicina ai livelli massimi, avremo molte probabilità di ottenere una percentuale alta di femmine, quindi, vista l’esigenza di riprodurre più maschi, per la prossima stagione è consigliabile abbassare di almeno 1°C e diminuire di 2 ore il ciclo diurno. Questo però sarà semplificato con la nuova centrale di comando elettronica dell’incubatrice che porteremo la prossima volta, che avrà 4 livelli di temperatura regolabili, anziché 2 come quella attuale . Quindi anziché avere una temperatura diurna ed una notturna, ne avremo anche due intermedie , in modo da simulare un po’ meglio la situazione naturale.
- Per verificare la fertilità delle uova porteremo uno strumento specifico che rileva i battiti del cuore della nascente tartarughina, all’interno del cuore
La percentuale sulle uova fertili è così del 70%
ma io penso che possiamo arrivare al 100% Ricordiamo che nel centro di recupero ad Ampijoroa, nel 2010 la percentuale di nascita è stata circa del 25%, quindi con l’incubazione artificiale il miglioramento è risultato notevole.
Occorre tenere in considerazione quanto affermato dal responsabile del centro di riproduzione di Ampijoroa, Ernest, cioè che quasi tutte le uova delle prime deposizioni sono sempre perse; questo è dovuto all’effetto della pioggia che infradicia le uova. Molto probabilmente in natura le Angonoka nidificano in terreni più drenanti e quindi con meno problemi con l’acqua. Ad ogni modo è risaputo che l’acqua per le uova è pericolosissima ed è la stessa cosa anche per le specie marine che se una mareggiata raggiunge la posizione del nido le infradicia tutte. Siccome in pratica tutte le deposizioni avvengono durante la stagione delle piogge, è importantissimo da subito, inserirle tutte nella nostra incubatrice !
Agostino Montalti (presidente Tarta Club Italia)