Da circa 3 anni mi intrigava e affascinava il racconto della segretaria malgascia della nostra associazione “satellite” in Madagascar (Mahajanga Ville Propre).
Mi aveva parlato di una piccola isola sperduta a nord/ovest del Madagascar, di nome Ambari Otelo, dove viveva ancora una antica e vecchia principessa malgascia in compagnia di due enormi tartarughe che gironzolano libere in questa piccola isola.
Per due anni circa sono stato impegnato dalla costruzione del nuovo parco per la protezione delle specie endemiche terrestri del Madagascar e dal progetto per la salvaguardia delle Astrochelys yniphora, ma a fine maggio 2017, con la fine dei lavori, sfruttando l’occasione della visita dei miei nipoti, decidiamo di partire per questa nuova avventura, si perché qui ogni volta che si parte per un lungo viaggio è sempre un’avventura. Noleggiamo un’auto da un amico e si parte….. Il viaggio previsto è di circa 1500 km più un tragitto in battello non quantificabile. I primi 160-180 km li percorriamo velocemente e con strada in discrete condizioni, ma poi inizia il dramma delle buche e dei dossi, quindi la velocità è inevitabilmente ridotta e qualche volta non basta e ci finiamo dentro con lavoro duro per gli ammortizzatori. Ci inoltriamo nella regione “Sofia”, con temperatura diurna abbastanza elevata, sui 34°C e come al solito la polvere sulla strada la fa da regina; poche fermate per acquistare un po’ di frutta, qualche gradevole distrazione come un rossissimo camaleonte che attraversa la strada
e via fino ad Ambanja, dove cerchiamo un alloggio per almeno 3 giorni, è difficile fare programmi quando non conosci bene dove devi andare. Ambanja è una città polverosissima, piena di risciò con la bicicletta,
caratteristici proprio di alcune città della zona; la città è piena di grandi alberi dove al di sotto di questi vi sono immense piantagioni di cacao,
pianta che ha bisogno di zone ombreggianti. Importante anche per pietre preziose e per la vaniglia, ma quest’ultima è diventata talmente cara che non conviene più acquistarla qui. Ambanja è la più vicina al porto di Ankify, imbarco che in genere viene usato quasi esclusivamente per andare nell’isola più famosa del Madagascar, Nosy Be. Noi invece cerchiamo un imbarco per una piccola isola che pochi conoscono; all’arrivo vicino all’imbarco ecco che veniamo assaltati dai soliti procacciatori di imbarchi e nonostante i tanti tentativi, riusciamo a trovare solo una barca veloce che ci propone il viaggio ad un prezzo non tanto economico che non riusciamo minimamente a far diminuire. Resici conto che non c’era alternativa, decidiamo di imbarcarci. Il posto è magnifico, come usciamo dalla baia ci rendiamo conto del paradiso che c’è attorno, tante isole e isolette con baie splendide e vegetazione rigogliosa ovunque.
I due “marinai” sono poco sicuri sulla direzione da prendere, li vediamo tentennare e cerchiamo di precisare bene il nome dell’isola, ma sembra che ce ne siano diverse con nomi molto simili e dopo qualche indecisione con qualche km percorso in direzioni opposte, si decidono ad andare a sud come le indicazioni che avevo ricevuto. Sfioriamo diverse isole medio grandi e ad un certo punto eccone una piccola, ma con una spiaggetta meravigliosa,
un’acqua limpidissima e in mezzo alla vegetazione spuntavano fuori delle piccole capanne di pescatori e le loro piccole “lakana”(piroghe locali con il bilanciere a lato; ovviamente il tutto con una marea di splendide palme da cocco che non possono mancare in queste isole semi-selvagge.
Ovviamente noi siamo partiti come privilegiati, la mamma della nostra segretaria è una cugina della principessa e avevamo un permesso speciale per visitare l’isola, con il vantaggio di trovare ad aspettarci proprio la mamma che ci avrebbe fatto da guida conoscendo la lingua francese e per metterci a conoscenza delle regole e usanze da rispettare nell’isola. In genere i rari turisti che arrivano nell’sola hanno un permesso solo di un’ora, ma a noi è concessa tutta la giornata. L’isola è abitata da sole 42 “anime” compreso i tanti bambini che ci vengono subito incontro insieme alla nostra guida che ci accoglie con un caloroso benvenuto. A parte la bella sensazione di essere in un posto dove pochissimi hanno avuto il piacere di visitare, la splendida spiaggia, il mare incantevole con colori stupendi, la vegetazione lussureggiante con tantissimi lemuri che sembrano ti osservino sorpresi,
la sensazione di leggerezza ti da anche una certa calma interiore. Qualche pollo che scorazza sotto alle palme, ma soprattutto tanti lemuri che qui sembrano i gatti della casa. Una breve indicazione di cosa dobbiamo rispettare, soprattutto alcune zone considerate dai locali sacre e off-limit per i turisti e subito che parto all’attacco per trovare le due tartarughe giganti dei tanti racconti che mi faceva Geno, la segretaria. Per la ricerca mi appioppano un ragazzino che ovviamente non capisce una parola di francese, ma la prima tartaruga è facile da trovare, rilassata sotto un grande albero, direttamente sul mare, in una zona dove ci sono grandi sassi rotondeggianti e scuri, tanto che inizialmente è difficile da individuare.
Stupenda, di medie dimensioni, è una femmina di Aldabrachelys gigantea, non endemica del Madagascar, ma a prima vista in ottime condizioni, con carapace sviluppato molto bene, liscio e quasi perfetto. Come quasi tutte le grosse tartarughe, se strofinata sul carapace nella parte sopracaudale, si eccita e alza per farsi ammirare in tutto il suo splendore; ovviamente, come la maggior parte della specie, ama farsi accarezzare sotto al collo e spesso nella parte dietro della testa. Verifico alcune sue feci in zona e vedo che sembrano perfette, piene di fibre, il che spiega la perfezione del carapace. Dopo una mezzoretta passata a fare foto e video, decido di cercare anche l’altra, che mi dicono essere più grande, ma la ricerca si preannuncia più difficile, al punto che il nostro accompagnatore comincia a stancarsi e vorrebbe lasciare perdere. Esiste però un rimedio efficacissimo; dico a mio nipote che mi sta seguendo che conosco un metodo che entro due minuti ci avrebbe fatto trovare la tartaruga: offro 3000 Ariary (soli 90 centesimi di euro) al ragazzino che aumenta vistosamente la ricerca e poco oltre al minuto la tartaruga spunta fuori miracolosamente……..
Un’altra bellissima femmina di Aldabrachelys gigantea,
che sta brucando erba fra due capanne del piccolo villaggio, calmissima, che si lascia fotografare senza il minimo problema; qui sono abituate a vivere vicino all’uomo che però non le importunano e soprattutto la loro fortuna è data dal fatto che è evidente che hanno un’alimentazione ottima data dal fatto che nessuno si cura di loro, scorazzano liberamente mangiando quello che vogliono, con prevalenza di erbe ricche di fibre. Poi mi dicono che durante la stagione delle piogge spariscono, si inoltrano nella parte più alta dell’isola dove la vegetazione è più intensa e intricata.
Ci fanno fare una visita al villaggio, dove come luogo più importante ci mostrano una capanna con un recinto chiuso con un grosso lucchetto, dove dentro c’è solo un pozzo, ma importantissimo per la preziosa acqua dolce che disseta tutto il villaggio.
Nel frattempo si è fatto quasi mezzogiorno e approfittiamo dell’arrivo di una piroga con molto pesce fresco, con poco più di 4 euro ci riempiono un grosso contenitore di diversi tipi di pesce fresco
e un local con soli 1,5 euro ci prepara una grigliata magnifica.
In attesa di gustarci il pesce grigliato, ci divertiamo un poco con i tanti lemuri del villaggio, attirati dalle banane che abbiamo tirato fuori, che ci attaccano letteralmente fino a costringerci a mollare le banane. La sensazione di avere addosso i lemuri è fantastica, sono di una leggerezza e delicatezza inspiegabile, pur sapendo che se vogliono sanno difendersi molto bene con i lunghi denti affilati che hanno; ho visto una volta in azione un attacco ad una bambina da parte di una femmina di lemure che solitamente stava in cattività proprio perché non amava i bambini, cosa inspiegabile, ma forse da piccola ha subito dei maltrattamenti, la bimba fra i tanti urli, fini con una bella ferita profonda e nessuno di noi fece in tempo a fare nulla, la scena fu rapidissima.
Dopo esserci riempito per bene le pance e un bagno nelle acque limpidissime, ci fanno sapere che è possibile far visita alla principessa; ci inoltriamo dentro al villaggetto e d’avanti ad una delle capanne si presenta una vecchietta non certo in abiti reali, ma che da come abbiamo capito ha ancora un certo potere e non solo nell’isola ma anche su quelle vicine, in pratica funge da autorità locale dove in fondo la polizia o i gendarmi non ci sono. In fondo era proprio perché il territorio era talmente vasto e frastagliato che una volta c’erano diversi re suddivisi in zone del Madagascar.
La principessa ci parla un po’ della sua isola, e alla domanda di quanti anno le due tartarughe ci racconta che lei se le ricorda da sempre, non sa dargli un’età, ma poi pensandoci bene, dice che da molto piccola, suo padre (il principe o re, non ho capito), un giorno arrivò con 3 tartarughine piccole, ricevute in dono, e una negli anni morì schiacciata da un grosso sasso. Poi ci disse che altre due tartarughe uguali furono regalate ad un altro “reale” che abitava più a sud, indicandoci la strada fra le isole, ma che non seppero comprendere neppure i nostri due marinai……. La principessa ci disse che non si erano mai riprodotte perché erano due maschi………. ovviamente io gli dissi che si sbagliava, erano due bellissime femmine.
Dopo le foto di rito con la principessa
e un regalo (in moneta) sia a lei che alla sua cugina, altre due foto alla prima tartaruga
e ci congediamo da tutti gli abitanti del villaggetto e di li a poco riprendemmo il viaggio di ritorno verso il porto di Ankify.
Il giorno successivo approfittiamo per visitare la parte sud di Ankify perché mi avevano detto che c’erano delle spiaggette quasi deserte di notevole bellezza e così fu, sparse lungo una pista che costeggiava la costa solo per alcuni chilometri. Ogni spiaggia era diversa dalle altre, con sabbie, rocce e colori differenti, il tutto in totale assenza di persone,
nonostante nelle baie c’erano sempre diverse case o villette chiuse come se fossimo fuori stagione; è vero che da li a poco sarebbe iniziato l’inverno malgascio, ma era ancora molto caldo e l’unico ristorante che trovammo, poi abbiamo capito che era chiuso e lo aprirono per noi. Il pranzo non fu nulla di speciale, ma ci rallegrò un gruppo di lemuri che ci fece visita,
non spaventati dalla nostra presenza.
Al ritorno ci aspettò ancora un’altra dura giornata di macchina, ma soddisfatti da questa bella escursione anche se di pochi giorni.
Come al solito il Madagascar continua a stupire……
Alla prossima avventura!
Cosa fare se si incontra una tartaruga in difficoltà?
Alcuni consigli per sapere come aiutarla
Può capitare, andando per mare o camminando su una spiaggia, lungo le coste del nostro Paese, di imbattersi in una delle specie di tartaruga marina che vivono nel Mediterraneo (quella più comune è la Caretta caretta).
Ma cosa fare in caso di avvistamento di un esemplare in difficoltà? Chiariamo intanto che le tartarughe marine sono a rischio di estinzione. Per questo esistono leggi nazionali e accordi internazionali che ne vietano la cattura intenzionale, il commercio e il consumo. Tuttavia, può accadere di pescare accidentalmente una tartaruga marina, senza per questo incorrere in un reato, mentre è condannabile rigettarla in mare senza assicurarsi del suo stato di salute e senza aver avvertito le Autorità Competenti.
Seguendo alcune suggerimenti pratici che abbiamo individuato insieme al nostro personale specializzato, tutti possono dare un aiuto per prevenire l’inutile morte di molte tartarughe e contribuire attivamente alla loro sopravvivenza anche grazie alla collaborazione con la Rete Nazionale del Progetto Tartarughe Marine.
Ecco una breve guida di pronto soccorso per le tartarughe:
E se invece la tartaruga si trova sulla spiaggia?
Le attività del WWF per difendere le tartarughe
Ufficio Stampa WWF Italia
Tratto da: http://www.lavocedimaruggio.it
Quest’anno era in programma una visita al centro di riproduzione di Ampijoroa (parco di Ankarafantsika, Madagascar) per consegnare alcune parti di ricambio, di riserva, per la nostra incubatrice (ventole, cavi riscaldanti ecc.), in caso di guasti imprevisti perché qua non si trovano e con un’incubatrice che lavora quasi 11 mesi continuativi, il rischio c’è. Ma quest’anno è saltato fuori un nuovo problema molto grave; dopo le piogge che sono state ben oltre alle medie stagionali, sono iniziate a morire molte piccole Angonoka nate nel 2014 e qualcuna del 2013 e poco prima di organizzare la spedizione al centro di riproduzione, mi arriva da parte del Durrell la richiesta di aiuto per una visita urgente per analizzare il problema e per cercare di individuarlo.
Nelle precedenti spedizioni avevo già notato alcuni particolari che non mi piacevano molto sul modo di allevare le baby, all’interno della nursery protetta da fitta rete per evitare i topi, quindi come prima ipotesi mi è balzata in testa l’ipotesi delle dimensioni dei recinti e del substrato, ma all’arrivo al centro, analizzando tutto nei minimi particolari, pur consigliando di aumentare le dimensioni dei recinti e migliorare il drenaggio, i sintomi delle baby Angonoka mi hanno fatto pensare ad un problema di alimentazione, causato da dosi eccessive di Carbonato di Calcio o prodotti similari, in quanto le piccole presentavano una crescita decisamente anomala con le suture fra gli scuti molto evidenziate mentre gli stessi scuti rimangono bassi al punto che i carapaci sono schiacciati e bassi, con conseguente carapace e piastrone molli, niente a che vedere con il caratteristico carapace a palla che hanno abitualmente queste stupende piccole.
Sintomi uguali ad un problema che ebbi molti anni fa, con delle baby Testudo marginata e Testudo hermanni dove purtroppo per eccesso di somministrazione di Carbonato di Calcio, mi morirono una sessantina di piccole. Al momento della mia visita era presente la veterinaria del Durrell
che effettuava dei controlli pesando le baby in questione e somministrando delle vitamine alle più gravi che sono state contrassegnate con vernice rossa. La veterinaria mi ha detto che sono stati eseguiti degli esami batteriologici e parassitari all’istituto Pasteur di Antananarivo (la capitale) e che l’unica cosa strana che hanno verificato è il colore giallastro che presentava il fegato delle baby analizzate. Lei sospettava di un avvelenamento da sostanze chimiche nel cibo, ma dai casi che ho conosciuto nel tempo, le morie per veleni sono veloci, in pochi giorni muoiono e non dopo mesi e non hanno il tempo per modificare in quel modo i carapaci. Altra mio pensiero è rivolto ad un problema di Flagellati ma la veterinaria mi ha detto che ha somministrato del Flagyl per 10 giorni.
Nel frattempo ho aperto via mail una discussione con gli amici allevatori più esperti e veterinari per sentire i loro pareri; ad esempio l’amico Maurizio Bellavista ipotizza una forte infestazione di Protozoi che in effetti creano gli stessi sintomi dell’eccesso di Carbonato di Calcio e sostiene che se il medicinale usato non viene somministrato in forti dosi, non avrà effetto.
Ritengo molto importante la segnalazione da parte del mio amico direttore del centro (Ernest Bekarany) , che mi dice che le baby del 2014 sono tenute in due recinti separati ma che all’interno di ciascun recinto, non hanno separato gli esemplari con gravi sintomi e che gli esemplari ammalati non stanno aumentando di numero; stanno continuando a morire quelle con i forti sintomi ma non se ne ammalano di nuove pur essendo insieme . Questo mi fa pensare che se fosse una forte infestazione di Protozoi, piano piano si ammalerebbero tutti gli esemplari dello stesso recinto, quindi ritorno a pensare al problema di eccesso di somministrazione di Carbonato di Calcio, mia prima ipotesi, avvalorata anche dalla conferma della veterinaria e del direttore del centro che per diverse settimane ne hanno somministrato sul cibo, spargendolo a mano; pratica deleteria in quanto in questo modo, il solo fatto di vedere tale polvere sul cibo, vuol dire che se ne sta somministrando una dose esageratissima e questa potrebbe avere mandato in crisi il sistema di assimilazione del calcio e quindi il fegato.
Ho inviato un mio articolo di segnalazione al responsabile Darrell, che provvederà a segnalare la mia analisi ai loro tecnici e veterinari. Per il momento so solo che alle piccole in questione da due anni è somministrato del Repkal + vitamina B, e guarda caso sono proprio gli anni delle baby ammalate. Ora attendo una descrizione dettagliata di cosa è stato somministrato alle piccole e le rispettive dosi per meglio analizzare il tutto.
Al momento, dopo le prime valutazioni, sono propenso a pensare che le piccole Angonoka, allevate in un clima abbastanza simile a quello della zona di origine (nel centro di Ampijoroa che dista circa 150 km dal parco di Soalala, zona di origine, la temperatura media è leggermente inferiore, con il sole che entra meno ore in quanto sono presenti alti alberi), se alimentate correttamente con cibi ricchi di fibre come le graminacee, il problema non si ripresenterà .
Purtroppo però credo che per le piccole ammalate ci sia poca speranza di salvarle, piano piano peggioreranno fino alla morte (stiamo valutando come ultimo tentativo di consigliare di somministrare una forte dose di Flagyl ), è solo una questione di tempo . Al momento ne sono decedute circa 45 e ne rimangono ancora una quindicina con i gravi sintomi sopra elencati.
L’unica cosa positiva, come dicevo sopra, è che non ci sono nuove piccole che si ammalano.
Ma ritorniamo ad un altro degli obiettivi di questo viaggio che era la ricerca di una popolazione sconosciuta di Astrochelys yniphora, segnalatami da una mia conoscente anziana, che si riferiva ad una popolazione di “Angonoka” (questo è il nome delle A. yniphora dato dai local) diffusa nella sua terra di origine, molti chilometri a nord, dove nessuna segnalazione era mai stata fatta.
Siccome il viaggio era molto lungo e impegnativo, e per coincidenza lei doveva ritornare a fare visita a dei suoi parenti, proprio in questo territorio segnalato, pur essendo un po’ motivato ed eccitato come si trattasse di una ricerca al tesoro in piena regola con tanto di mappa e punti di riferimento, ho ben pensato di mandare lei in avan scoperta, pagandogli il viaggio col bus (qua i costi sono molto bassi) e le sorprese non sono mancate.
Una volta arrivata sul posto, ci siamo mantenuti in contatto telefonico e nei pochi giorni di sua permanenza è riuscita a trovare 5 esemplari, classificandoli sempre col nome di Angonoka. A dir il vero dalle sue descrizioni avevo qualche dubbio, che poi si è rilevato fondato ; purtroppo non erano delle Angonoka ma bensì delle Kinixys
che si erano ambientate e diffuse . E’ ormai chiaro che i local chiamano col nome Angonoka tutte le tartarughe di terra, almeno nella parte centro nord del paese. Rimane comunque un’altra segnalazione all’estremo nord della grande isola, dove un particolare è molto importante: quello che mi ha dato l’informazione parla di grosse tartarughe con lo scuto gulare molto pronunciato….. e sappiamo bene che solo le Angonoka ce l’hanno, quindi la speranza di un nuovo “tesoro” rimane ancora intatta, anche se la nuova avventura è rimandata al prossimo anno.
Altra specie non endemica del Madagascar che si è ben diffusa sono le Pelomedusa subrufa, che ho trovato in quantità nel laghetto artificiale dietro a casa.
Spesso se ne trovavano semplicemente mentre si scavava dei buchi nella sabbia; indice che nella stagione secca si sotterrano, per una sorta di estivazione in attesa della stagione delle piogge, il che vuol dire che rimangono in attesa almeno 7-8 mesi. Caratteristica di queste tartarughe è il forte odore sgradevole che emanano ed è forte vedere come se lasciate in campo aperto, con quanta rapidità si sotterrano.
Ma le sorprese non finiscono mai !
Una sera incontro un amico francese che mi dice che vuole donarmi le sue tartarughe, perché gli rovinano il prato……. e non mi faccio attendere. Sapendo cosa aveva nel suo giardino, di buon mattino parto col carretto attaccato al mio quad, sapendo che sicuramente avevo bisogno di molto spazio disponibile……. Il dono era veramente gradito: 4 Astrochelys radiata adulte,
molto belle, di cui un maschio di oltre 15 Kg con un un buco sul carapace, ma la ferita è vecchia e ben rimarginata,
anche se al momento di donarmele ha avuto un piccolo ripensamento e 3 le ha tenute lui. Una femmina stava deponendo le uova
e quindi sono andato il giorno successivo a ritirarla. Anche se su 4 esemplari 3 sono maschi, è comunque una bella sorpresa e un bel regalo. Ovviamente lì le A. radiata sono tenute nei giardini come da noi lo sono le Testudo; con la differenza che non esistono documenti….. Il giorno stesso mi sono dovuto attivare per costruire un recinto per le nuove ospiti, utilizzando materiali naturali come i pannelli di foglie di ravnala (chiamata palma del viaggiatore) che i malgasci utilizzano per costruire i muri delle capanne abitative più povere. Con l’aiuto del guardiano alla fine della giornata avevamo realizzato un bel recinto se pur provvisorio,
già dotato di vasca in cemento per l’acqua. La nuova casa è piaciuta alle tartarughe e si sono messe subito all’opera.
La speranza è che un domani questi esemplari possano essere inseriti nel grande terreno dietro casa (5.000 mq), una volta che il proprietario costruisca la recinzione come da programma. L’indomani, il mio vicino di casa, un italiano residente, quando vede il bel recinto, mi chiede se le sue 4 piccole A. radiata possono anch’esse inserite li dentro e così sono diventate 8;
niente male !
Spesso ricevo segnalazioni di qualche residente che detiene tartarughe e appena possibile faccio subito una visita; la speranza è sempre quella di trovare qualche Angonoka da poter “salvare”, ma quasi sempre si tratta di A. radiata che come al solito sono alimentate malissimo, a frutta e riso….
Come il bel esemplare che vedete in foto 27 che è detenuto in un cortiletto sudicio e pieno di plastica, insieme alle galline, nutrito quasi esclusivamente con frutta …….. e nonostante gli ho spiegato molto bene cosa deve mangiare, sono pronto a scommettere che continueranno a dargli solo frutta …….. povera tartaruga.
Altre volte mi segnalano di qualcuno che vende tartarughe, come il caso di un ragazzo che mi presentò una bellissima baby A. radiata che era leggera come una scatola vuota, sintomo che non mangiava da molto tempo; io mi finsi interessato all’acquisto, ma questo sparì in fretta .
Negli ultimi 2 anni le offerte di vendita delle tartarughe sono calate nettamente, tanto che viene da pensare che sia maggiore il controllo da parte delle autorità, ma io invece credo che la ragione purtroppo sia un’altra: in natura ce ne sono sempre di meno…...
E anche per quest’anno la nostra avventura svolge al termine, ma come al solito è stata una bellissima esperienza indimenticabile.
A presto Madagascar !
Agostino Montalti
Avevo sentito parlare di spiagge dove le tartarughe nascevano fra le radici dei grandi e maestosi Baobab e da tempo mi frullava per la testa questa visita, quindi, visto che mi trovavo a Mahajanga, nord ovest del Madagascar per il nostro “Progetto TCI Angonoka”, e da qui ci sono alcuni voli per Mayotte, ho deciso di affrontare questo breve viaggio di 3 giorni anche per visitare questa isola a me sconosciuta e a solo un’ora di volo . Ed eccomi in partenza per l’isola di Mayotte, per vedere le mitiche spiagge di Saziley e Moya, dove le tartarughe marine depongono le uova fra le radici dei grandi e meravigliosi baobab .Mayotte è un grande atollo, con tante isole al suo interno, dove prevalentemente sono abitate le due isole più grandi, Grande terre e Petite terre.
La spiaggia di Moya è situata sul lato est dell’isola Petite terre e la spiaggia di Saziley è posizionata a sud dell’isola Grande terre. Purtroppo per arrivare alla spiaggia di Saziley non esistono strade, ho trovato solo una cartina locale che ne faceva riferimento e quindi partendo dall’Hotel che si trovava vicino alla capitale Mamoudzou , sono partito per trovare un mezzo che mi portasse più vicino possibile alla meta e già questa è stata la prima impresa. Per fortuna i taxi sono molto economici anche se fanno un sacco di fermate per far salire e scendere i passeggeri e la strada è interminabile. Il taxista mi dice che fa uno sforzo e mi porta fino all’inizio della presunta strada che porta alla spiaggia di Saziley, dove c’è un cartello con una freccia che indica 3,3 Km . La strada non si presenta bene, sembra un sentiero stretto e mal ridotto, ma era solo l’inizio, il resto era molto molto peggio. Il paesaggio è una meraviglia ma non ero in forma, avevo un’anca che poco tempo prima mi aveva dato complicazioni serie e quindi non sarebbe stato il massimo sforzarla, ma ormai ero partito e convinto di arrivare in fondo. Le sorprese però non erano finite, dopo 3,3 km di sali e scendi su un sentiero che chiamarlo così è un elogio, più che altro è una mulattiera,
mi rendo conto che il cartello indicava il punto di arrivo al colle più alto, dove poi poco più avanti si trova la deviazione per discendere verso tre spiagge fra cui quella di Saziley. Ovviamente altri 4 km ancora più sconnessi; in totale fra andata e ritorno credo di aver marciato per oltre 20 km in quanto poi al ritorno non c’erano più taxi fino ad un punto più a nord. Lungo il percorso, c’erano delle simpatiche segnalazioni sui sassi, delle tartarughe marine dipinte per indicare la via;
la vegetazione sembrava simile alle vegetazioni delle nostre zone a ridosso del mare, se non per i grandi baobab che ogni tanto svettavano maestosi.
Ogni tanto sbucava qualche uccello endemico,
oltre a bellissimi paesaggi
e un atollo di sabbia bianca sul mare.
Ma parliamo della meravigliosa spiaggia
che si è aperta ai miei occhi, che sicuramente mi ha ripagato della grande fatica. Una spiaggia meravigliosa, con sabbia nera su una baia che dire incantevole è poco, con tanti meravigliosi Baobab che si affacciano sulla spiaggia , al punto che le radici spesso si ritorcono indietro per non andare verso l’acqua salata.
La prima cosa che vedo sono le tantissime tracce delle tartarughe marine
che sono venute la notte precedente a deporre le uova; sulla sabbia nera e liscia, senza tracce umane, sembrano delle piccole piste che vagano nella larga spiaggia per trovare il luogo migliore per deporre. Le prime che vedo sono su una parte dove dopo la sabbia c’è dell’erba o piccoli arbusti e qui le tartarughe cercano di scavalcare il lato più alto in modo che le maree non arrivino fino ai nidi. Questo prima spettacolo mi ha incantato al punto che inizialmente non mi ero accorto che li vicino c’erano tanti bellissimi baobab
che si slanciavano in alto e largo vicino a bellissimi grandi massi neri arrotondati dalla forza del mare. Per una mezza giornata sono stato l’unico visitatore ad eccezione di un pescatore locale
che pescava a lenza, sul mare, molto inoltrato in quanto la marea era molto bassa. Vedo quasi subito tanti gusci di uova schiuse,
segno che qui l’attività è frenetica e viva, ed ho trovato anche il segno che è recentissima, purtroppo macabro ma è la realtà, una zampetta di una baby,
ancora molto fresca, quindi segno che è uscita la mattina stessa e non ce l’ha fatta; ci sono molti corvi
che popolano la baia e questi fanno sicuramente strage delle piccole ritardatarie che escono con la luce del giorno. Trovo anche diversi teschi di tartaruga, proprio a fianco di un grande baobab.
Fa effetto vedere che la maggior parte dei nidi è scavata proprio far le radici dei grandi baobab, come se in qualche modo cercassero protezione. Dopo aver scattato tante foto e rimasto abbagliato e entusiasmato dalle forme dei grandi alberi di baobab, di cuoi ho raccolto anche i semi a terra, comincio a pensare di rimanere la sera fino all’arrivo delle prime tartarughe, ero troppo eccitato dall’idea, ma l’idea me l’ha fatta cambiare il pescatore quando mi ha chiesto se ero da solo, quella zona purtroppo non è molto sicura e spesso si sono verificati dei furti o attacchi a turisti. Prospettiva poco rassicurante, aggiunta al fatto che non ero attrezzato per la notte e il percorso era veramente duro, considerando poi che i taxi di notte non ci sono, a malincuore ho ripensato di tornare . Lungo il tragitto, con mio stupore ho visto dei lemuri fulvi,
pensavo fossero solo in Madagascar. Il giorno seguente, di primo pomeriggio avevo il volo di ritorno, ma sapendo che la spiaggia di Moya era sulla stessa isola dell’aeroporto, pur ancora tutto dolente per la sfacchinata del giorno prima, quando scendo dal traghetto mi do da fare per trovare un taxi che mi accompagni il più possibile vicino alla spiaggia di Moya, cosa però non facile, ho dovuto chiedere a lungo e pazientare per trovarne uno, che però mi ha lasciato ad alcuni km dalla spiaggia; tanto per cambiare ancora tanta marcia a piedi…… solo l’ambita meta mi faceva non pensare alla fatica e al dolore, ma la passione è talmente forte che non mi fermo. Anche qui mi si presenta una piccola baia, sempre con sabbia nera vulcanica,
molto carina, anche se non come Saziley, ma con tanto fascino e anche qui diversi baobab direttamente sulla spiaggia, dove le tartarughe scavano immense buche proprio fra le loro radici, al punto che le scoprono tantissimo per entrarci in mezzo e fanno si che si presenta uno spettacolo meraviglioso di intrecci di mega-radici . Purtroppo il meraviglioso spettacolo era rovinato dalla tantissima plastica mischiata in mezzo ai tantissimi gusci di uova di tartarughe marine.
Anche qui gli immancabili corvi neri e bianchi che pattugliano continuamente la spiaggia, non lasciando via di scampo ai piccoli che rimangono indietro o nascono con la luce del sole. A fianco di questa baia ce n’è un’altra piena di mangrovie, quindi meno di effetto, ma anche in questa ho trovato alcune posizioni con le tracce delle tartarughe e dei nidi; sembra che ci sia una lotta ad accaparrarsi le posizioni migliori lontane dall’acqua. Un’altra passeggiata di avvicinamento all’aeroporto e la nostra avventura svolge al termine.
By by Mayotte !
Agostino Montalti