Articolo di Gionata Stancher per Tarta Club Italia (18-02-2005)
La vivacità dei numerosi dibattiti sul tema "ibridi" (e sulla possibilità di promuoverne la nascita, soprattutto fra T.h. hermanni e T.h. boettgeri) sono la chiara dimostrazione di quanto sentiti siano questo tipo di problemi, che vedono coinvolti tanto i biologi dei progetti di tutela delle specie quanto molti allevatori. Questa relazione vuole essere "di chiarimento", a livello divulgativo, per tutti coloro che ne sono interessati o, loro malgrado, coinvolti.
Cosa intendiamo col termine "ibrido"
Si potrebbe iniziare a definire meglio cosa intendiamo col termine piuttosto ambiguo di "ibrido". In termini generali, per ibrido si intende il risultato dell' "ibridazione interspecifica", cioè dell'accoppiamento o dell'incrocio fra esemplari appartenenti a specie diverse (per esempio, il cavallo e l'asino).
Ciò nonostante in alcuni settori della Biologia, per esempio in Genetica, si fa per tradizione uso di questo termine in modo molto più estensivo, spesso per indicare semplicemente l'incrocio fra esemplari portatori di caratteri differenti: così, per esempio, Mendel definì un pisello odoroso di colore rosa come un "ibrido" fra un pisello odoroso rosso e uno bianco. Come è stato messo in evidenza da Ernst Mayr nel suo Il modello biologico (1997), quest'uso dello stesso termine per indicare cose differenti è stato all'origine di molti problemi nella biologia a partire dalla metà dell'800.
E' chiaro che in ambito naturalistico quella data dalla genetica non può essere accolta come una definizione soddisfacente per il concetto di ibrido: infatti, poiché siamo tutti portatori di caratteri differenti, finirebbe per essere definito "ibrido" qualsiasi risultato dell'incrocio fra due individui che non siano assolutamente identici, cioè che non siano gemelli omozigoti: ognuno di noi, insomma. E' necessario, quindi, circoscrivere il campo d'applicazione del concetto: in questo senso, può risultare utile utilizzare il termine nella sua accezione tradizionale di risultato dell' "ibridazione interspecifica" (=fra specie diverse).
Parleremo quindi di "ibridi intraspecifici" (= fra esemplari della stessa specie) nel caso di T.h.h. X T.h.b., con la consapevolezza che stiamo parlando di qualcosa di diverso dal mulo o dal bardotto.
La situazione degli ibridi INTRAspecifici T.h.h. X T.h.b.
Alla luce di ciò, appare chiaro che gli incroci fra T. hermanni heramnni e T. hermanni boettgeri NON sono ibridi come il mulo e il bardotto, poiché T.h. hermanni e T.h. boettgeri NON sono specie diverse. Ciò non toglie che si tratti di due "popolazioni" differenziate sin dall'ultima glaciazione, e che quindi presentano
Diciamo che sono due "semispecie": le poche migliaia di anni di isolamento non sono bastate a differenziarle a tal punto da poter dire che si tratta di due specie, tuttavia nulla toglie che potrebbero in futuro diventarlo, ammesso che l'uomo decida di rispettare la presenza di quella barriera geografica naturale che è l'Alto Adriatico.
Ora il naturale svantaggio biologico nel quale, secondo i modelli teorici, si troverebbero gli ibridi, i quali posseggono caratteri misti e quindi non ottimali né da una parte né dall'altra, è un problema, appunto, che riguarda GLI IBRIDI INTERSPECIFICI (=fra specie diverse). Le difficoltà possono invero riguardare sia aspetti ecologici che riproduttivi.
Aspetti ecologici: l'ibrido può non essere molto adatto né nell'habitat di un genitore né in quello dell'altro, poiché presenta caratteri "intermedi". Ciò significa che, nel tempo, potrebbe risultare svantaggiato nella competizione con i soggetti non ibridi.
Aspetti riproduttivi: se le due specie parentali presentano sistemi di corteggiamento e di accoppiamento differenti, l'ibrido (che esprime un miscuglio fra i due sistemi) può non disporre di quelle caratteristiche necessarie per indurre un partner non ibrido ad accettare l'accoppiamento (soprattutto se è maschio).
E' certo da discutere se questi modelli possano essere applicati all'interno del genere Testudo. Tuttavia, possiamo essere certi che NON riguardano gli "ibridi" T.h.h. X T.h.b., non essendo questi ibridi interspecifici. Un ipotetico ibrido fra T.graeca e T.hermanni può trovarsi in difficoltà nel riprodursi perchè le due specie hanno sistemi di corteggiamenti diversi, quindi l'ibrido può non essere "ottimale" né con un partner T. graeca né con un partner T. hermanni.
T. h. boettgeri e T.h. hermanni hanno invece comportamenti identici e quindi gli incroci T.h.h. X T.h.b., da questo punto di vista, non si trovano in NESSUN SVANTAGGIO biologico o ecologico che possa far ipotizzare una loro progressiva diminuzione numerica in condizioni naturali.
Alcune delle aree protette del territorio italiano, per esempio il "Bosco della Mesola" in provincia di Ferrara, sono colonizzate da un gran numero di "ibridi" intraspecifici T.h.h. X T.h.b. che, come testimoniato da Silvio Bruno, sono il risultato di introduzioni eseguite per mano dell'uomo in un'epoca in cui il concetto di biodiversità non era ancora sufficientemente radicato nella cultura della nostra nazione. Si possono infatti incontrare esemplari con macchie sul piastrone da 'boettgeri' ma suture da 'hermanni', altri con suture da 'boettgeri' e macchie da 'hermanni' e via dicendo, soggetti questi osservati personalmente. Diciamo che è un interessante "laboratorio naturale" dove è possibile studiare la distribuzione dei caratteri delle due sottospecie quando queste sono messe a stretto contatto. Ma è obiettivamente difficile, in situazioni come questa, riconoscere all'area protetta il ruolo di "Parco naturale", il quale, secondo le accezioni attuali, dovrebbe come prima cosa tutelare la biodiversità.
Le differenze genetiche e la loro origine
Il lavoro di Van der Kuyl et al.(2002), dimostra che esistono delle differenze genetiche fra T. hermanni hermanni e T.h. boettgeri. Non "enormi" differenze, sia chiaro. Diciamo che se T.horsfieldii, che è la specie del genere
Testudo più vicina a T. hermanni, si distingue da T. hermanni per 6 sostituzioni nucleotidiche (misura della diversità usata in biologia), T.h.boettgeri si distingue da T. hermanni hermanni per n=2. Tuttavia questa differenza è reale, non è una cosa apparente che vediamo solo noi o solo qualche esperto che va a cercare il pelo nell'uovo. Inoltre, dallo stesso lavoro è emerso chiaramente che esiste una grossa uniformità genetica nelle popolazioni italiane, uniformità che non si trova in quelle balcaniche. Di T.h. boettgeri ci sono molte popolazioni diversificate, mentre di T.h hermanni sembra vi sia un unico ceppo distribuito nella nostra penisola.
Per essere chiari, le differenze riscontrabili fra una 'hermanni' (boettgeri) della Grecia del nord ed una della Grecia del sud sono molto, molto più grandi di quelle osservabili fra una 'hermanni' (hermanni) del Nord Italia (per es., della Toscana) e una del Sud Italia. Tutte le 'hermanni' Italiane derivano, probabilmente, da un unico areale, localizzato in epoche storiche molto a Sud, forse in Sicila: un "rifugio glaciale". Solo le popolazioni presenti in questo ristretto rifugio glaciale sono sopravvissute all'ultima glaciazione; poi, con il ritirarsi dei ghiacci, si sono distribuite verso il Nord fino in Toscana, Liguria. Si tratta quindi di una "razza geografica" molto uniforme che ha delle caratteristiche – sia morfologiche che genetiche - che la differenziano dalla "cugina" dei Balcani.
Come dobbiamo comportarci?
Purtroppo, la risposta a questa domanda non può trarre che pochissimo spunto dalle oggettive considerazioni delle scienze biologiche. La Biologia può dirci infatti solamente che dall'incrocio fra T. h. hermanni e T. h. boettgeri nascono piccoli sani e non sterili. Può anche dirci però che in condizioni naturali quei piccoli non sarebbero mai nati. Questo significa qualcosa?
Ora io vorrei dire questo: far accoppiare una 'hermanni' con una 'boettgeri' non è certo un delitto, né i piccoli frutto di questa unione debbono essere considerati, in alcun modo, diversamente da qualsiasi altro essere vivente. Abbiamo il preciso dovere morale, in quanto esseri umani, di rispettare qualsiasi manifestazione di ciò che chiamiamo "vita". Però, e anche questo va detto, dobbiamo essere allo stesso tempo consapevoli che, ad ogni incrocio di questo tipo, progrediamo di un piccolo passo verso il livellamento delle differenze, cioè verso la perdita della bellezza che si trova nella diversità delle forme viventi. Perché il contrario del razzismo non è fingere che siamo tutti uguali, ma riconoscere la diversità di ognuno e vedere in questa diversità un pregio.
Non solo: mi pare che, promuovendo l'incrocio fra T. h.h e T.h.b., perdiamo anche un po' della nostra "italianità". E' un po' come se permettessimo ad un pittore orientale di lavorare a suo piacimento sulla Cappella Sistina o sulla Pietà di Michelangelo, apportando modifiche qua e là secondo il suo gusto e le sue tradizioni. Non permetteremmo mai una cosa del genere non perché siamo razzisti o perché disprezziamo l'arte orientale; al contrario, perché vogliamo tutelare tanto l'arte italiana quanto l'arte orientale e le loro radici. Ne andrebbe infatti persa non solo l'unicità dell'opera in sé, ma anche tutto ciò che essa simbolizza: il genio di un artista con tutti i suoi trascorsi personali, il periodo storico con le su vicende etc.
Anche la nostra T. hermanni hermanni – e la "loro" T. hermanni boettgeri - sono, a modo loro, uniche, ed anch'esse incarnano quei trascorsi storici - "filogenetici"- che ne hanno determinato le caratteristiche, e precisamente più di 10.000 anni di storia. Se ci pensiamo, qualcuno in più della Cappella Sistina o della Pietà.