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Lunedì, 23 Giugno 2014 14:10

Progetto TCI Angonoka 2013 parte 2

Ripartiamo

Esemplare sub-adulto di Astrochelys yniphora (Angonoka), foto TCI, autore Agostino Montalti

Inizio ottobre 2013, nuovamente in partenza per il Madagascar, con tanti lavori da fare ed un nuovo interessantissimo progetto di ricerca. Nei lavori dell’ultima missione in primavera, abbiamo constatato che per rendere perfetta la nostra incubatrice, serviva una ulteriore miglioria in quanto il controllo dell’umidità era solo effettuato in caso di abbassamento, con l’entrata in funzione di una pompa peristaltica che immette delle gocce di acqua in un panno che di conseguenza diffonde l’umidità in circolo tramite la ventola che è posizionata vicino, appositamente. Ci siamo resi conto che di notte la percentuale di umidità all’interno dell’incubatrice è troppo alta, supera il 95%, per poi stabilizzarsi subito alla mattina; non siamo sicuri di come possa succedere, visto che il sistema di raffreddamento che è l’unico che potrebbe immettere una piccola quantità di umidità, la notte non funziona in quanto le temperature sono molto basse; potrebbero essere le uova che di notte espellono l’umidità o semplicemente è dovuto al calo di temperatura notturna. Sta di fatto che le nostre prove con il Data-logger (strumento che memorizza i dati di umidità e temperatura nei nidi, con sonde speciali) inserito 15 giorni a fianco di un nido con uova, ha rilevato un’umidità costante durante l’intera giornata, quindi serve fare una modifica. Abbiamo ordinato un nuovo strumento elettronico che, oltre al controllo della resistenza elettrica per l’aumento della temperatura, del sistema di refrigeramento per il freddo e del sistema per aumentare l’umidità, ora comanderà anche un nuovo deumidificatore che abbassa la percentuale di umidità, raccogliendo da 6 a 10ml di acqua all’ora (test già eseguiti).

Nuovo strumento Termo-Igrostato, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Nuovo strumento Termo-Igrostato, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Nuovo strumento Termo-Igrostato, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Nuovo strumento Termo-Igrostato, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Nuovo strumento Termo-Igrostato, retro, foto TCI, autore Agostino Montalti.

La nuova centralina elettronica sarà dotata di doppi circuiti elettronici per ciascuna delle 4 funzioni sopra citate, in modo che in caso di rotture, automaticamente passa al circuito di emergenza, segnalando comunque l’anomalia. Inoltre all’avvicinarsi dei parametri impostati, erogherà una potenza inferiore, in modo da essere più lineare nel mantenere gli stessi parametri. Nei precedenti lavori, abbiamo spostato l’incubatrice da un ambiente che era troppo caldo(non andava sotto ai 28-29°C), ad uno che è molto areato, ma ci siamo accorti che di notte, nei mesi di giugno, luglio e agosto (non siamo mai stati lì in questi mesi) le temperature raggiungono un valore che non ci aspettavamo così basso (10°C) e di conseguenza la resistenza utilizzata per il riscaldamento(15Watt) è risultata di valore troppo piccola, quindi andremo a sostituirla con una più grossa. Negli ultimi giorni, inaspettatamente abbiamo avuto un’accelerazione di un progetto che avevamo in cantiere ma credevamo si dovesse rimandare al prossimo anno, dedicato al riconoscimento del sesso, al momento della nascita, tramite un nuovo procedimento già studiato da ricercatori asiatici, sulle tartarughe marine Chelonia mydas, tramite il liquido amniotico delle uova e nel plasma delle baby di uno o due anni. Gli esami dei campioni si baseranno sui valori di testosterone ed estradiolo. A differenza dello studio sulle marine, il nostro caso è molto più complicato per via della difficoltà a conservare i campioni in un sito senza possibilità di garantire una catena del freddo e per un tempo di oltre 3 mesi. Per questo motivo già prima della precedente missione, ci siamo fermati per verificare se potevamo trovare soluzioni alternative per la conservazione e riuscire a portare a casa i campioni per analizzarli. Inoltre il progetto menzionato ha avuto a disposizione i cadaveri delle piccole nate, mentre noi non possiamo assolutamente uccidere le piccole, per la rarità della specie ma soprattutto perché non condividiamo il metodo di uccidere gli esemplari, noi siamo un’associazione per la salvaguardia e adotteremo sistemi non invasivi. Inaspettatamente pochi giorni fa siamo venuti a conoscenza di un sistema che si adatta alle nostre esigenze e in tutta fretta, pur già pieni di impegni per organizzare la partenza e con le valigie già strapiene, siamo riusciti a reperire una gran quantità di materiali, grazie ad amici che ci hanno aiutato (Dr. Antonio Romeo e Maurizio Bellavista) e all’Università di Ferrara che ci effettuerà poi gli esami.

Attrezzatura e materiali per i prelievi del nuovo progetto per sessaggio, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Oltre alle tante fialette, aghi, liquidi speciali, anticoagulanti, siringhe, pompette con relativi beccucci, ci hanno prestato anche una centrifuga a mano, portatile, in quanto cercheremo di effettuare anche il prelievo del sangue nei 14 esemplari nati nel 2011(7) e 2012(7). I campioni prelevati, poi saranno conservati con uno speciale alcool. Ovviamente i prelievi di sangue nei piccoli esemplari, verranno effettuati solo se la veterinaria responsabile del centro li effettuerà e se è competente, in quanto i prelievi da esemplari così piccoli e preziosi, non è certo uno scherzo. Nel frattempo abbiamo messo a punto un nuovo protocollo per i prelievi sia del liquido amniotico che del plasma che deve essere diviso sul posto per poi essere conservato con lo stesso metodo del liquido amniotico. Cercheremo di eseguire i test per identificare il sesso nei piccoli con sistema non invasivo, per antipare la nostra ricerca dell’individualizzazione delle temperature ottimali per ottenere la nascita di molti maschi, in quanto attualmente nel centro di riproduzione nasce una proporzione di circa 1 maschio e 5 femmine. Nel frattempo il nostro Data-logger dovrebbe essere già stato installato nella zona di distribuzione delle Astrochelys yniphora, parco di Soalala e ci resterà per almeno un anno, registrando importantissimi dati che serviranno in futuro. Questo nuovo sistema se darà risultati soddisfacenti, sarà il primo eseguito in tutto il mondo, su tartarughe terrestri . Partenza il 6 ottobre 2013 carichi come muli (come al solito), destinazione Mahajanga, questa volta siamo ospiti nella casa di un amico italiano che è rimasta libera, piccola ma nuova e con tutto quello che serve per vivere bene, e a soli 500m dal mare del piccolo villaggio di pescatori chiamato Petite Plage a circa 10 km dal centro città, quindi vicino alla città per le provviste alimentari ma fuori dalla confusione e dalla frenesia delle città, pur se qui la vita scorre con ritmi molto più tranquilli rispetto alle città Europee, dove mercatini e venditori ambulanti sono in ogni angolo e strada, dove i carri trainati dagli zebù sono ovunque, dove le carrozzette a due ruote riempiono la città, in asia li chiamano risciò, qui invece sono chiamati pus pus ma sono molto simili, cambiano solo i ragazzi che le trainano, qui sono neri, a torso nudo, piedi scalzi e pettinature quasi rasate e squadrate, simbolo dell’etnia Antandrui del sud del Madagascar. Qui i ragazzi dei pus pus, che dovrebbero essere 4-5.000, sono una vera comunità anche se quasi nessuno ha casa, la loro casa è il pus pus che quasi sempre è a noleggio e lavorano una vita per pagarlo; dormono e vivono sul pus pus e si lavano con una bottiglia di acqua. Ora da due anni sono arrivate le carrozzette motorizzate a tre ruote della Piaggio, tutte rigorosamente gialle, che credo siano costruite in India e dopo una guerra iniziale con qualche carrozzetta bruciata, hanno dovuto accettarle.

Bancarelle in città, foto TCI, autore Agostino Montalti.


Bancarelle in città, foto TCI, autore Agostino Montalti.


Bancarelle in città, foto TCI, autore Belletti Daniela.

Bancarelle in città, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Bancarelle in città, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Rivendita pane, per strada, in città, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Pus pus in città, per il trasporto di cose e persone, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Pus pus in città, per il trasporto di cose e persone, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Ci prendiamo un po’ di giorni per sistemarci nella nuova casa e fare un po’ di lavori, al nostro arrivo non andava ne l’acqua ne la corrente elettrica, chi era stato ospite prima di noi aveva fatto un massacro e fatto sparire un sacco di roba, compresi alcuni nostri attrezzi ed un casco stradale che avevamo lasciato alla partenza della missione precedente a fine giugno. Una volta sistemati prendiamo appuntamento con Ernest, il direttore del centro di riproduzione che si organizza per venire a prenderci. Arrivati al centro di riproduzione, le prime notizie non sono tanto buone; i responsabili Durrell ci dicono subito che per portare in Italia dei campioni da analizzare, serve il permesso del Ministero delle Foreste e qui i permessi sono duri da ottenere se vuoi fare la trafila senza pagare bustarelle. Nel frattempo istruiamo l’amico Ernest, su come fare per effettuare i prelievi di liquido amniotico dalle uova appena schiuse. Deve farlo lui perché il tempo di schiusa di tutte le uova è in genere abbastanza ampio (circa un mese) in quanto deposte in un arco di tempo di oltre tre mesi e noi nel frattempo facciamo base nella città di appoggio sul mare (Mahajanga) che dista circa 120 km e non possiamo essere sempre presenti durante le schiuse. Facciamo la speratura delle 30 uova rimaste in incubatrice (erano 32 ma 2 sono esplose e quindi tolte) e verifichiamo che ci sono molte uova bianche, quindi probabilmente non fertili.

Speratura di uovo fertile, all’interno della nostra incubatrice, foto TCI, autore Agostino Montalti

Speratura di uovo non fertile, all’interno della nostra incubatrice, foto TCI, autore Agostino Montalti

Sapevamo che nelle prime deposizioni dell’anno, come quelle messe dentro l’incubatrice questa volta, c’erano sempre alte percentuali di uova bianche, ma abbiamo indagato e potrebbe anche esserci un'altra causa, il vermifugo utilizzato dal veterinario del centro, che da alcuni soci del TCI è risultato deleterio nella percentuale di fertilità. Abbiamo anche alcuni dubbi dovuti al fatto che le uova inserite nel’incubatrice a metà aprile, erano state deposte in diversi nidi a partire da fine dicembre 2012 e quindi potrebbero avere subito alterazioni gravi dovute alla troppa umidità del terreno durante i due mesi di forte piogge come gennaio e febbraio. Verifichiamo bene i lavori da effettuare nell’incubatrice e ritorniamo alla base in attesa che arrivi il nuovo strumento ordinato, dalla Repubblica Slovacca. Le nascite nel frattempo iniziano solo dopo l’introduzione del programma 4 dell’incubatrice che è previsto per il 1° di novembre con l’aumento delle temperature ma soprattutto dell’umidità che sta a simulare l’inizio delle prime piogge. Le variazioni climatiche si fanno sentire anche qui; la stagione delle piogge 2012/2013 è stata scarsissima mentre la nuova stagione delle piogge è arrivata in anticipo di un mese, solitamente iniziano a metà dicembre, mentre quest’anno è iniziata a metà novembre. Stranamente il risultato è positivo, non capiamo come mai, ma le deposizioni 2013 si sono prolungate fino ai primi di agosto (non ci sono mai state tante deposizioni), mentre finivano in genere ad aprile e per merito delle piogge anticipate i nidi esterni non hanno avuto problemi con formiche e termiti che quando le piogge arrivano in ritardo, attaccano le uova uccidendo i piccoli all’interno. Quest’anno, nei nidi a terra sono nate ben 56 piccole Angonaka; mai nati tanti piccoli. Nella nostra incubatrice, su 17 uova fertili, sono nati 15 piccoli + due che sono morti nell’uovo. Purtroppo ci sono state ben 15 uova non fertili. Alcuni piccoli alla nascita avevano ancora l’albume non assorbito, ma le nostre raccomandazioni di non toccarli, per la prima volta hanno dato risultati positivi e nessuna baby con sacco vitellino ancora non assorbito è morta.

Nascita di baby Angonoka, nel nostro schiuditoio, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

Nascita di baby Angonoka, nel nostro schiuditoio, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

Nascita di baby Angonoka, prima di essere posta nel nostro schiuditoio, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

 

Il nostro schiuditoio, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.


Schiuditoio all’interno dell’incubatrice, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.


Nascita di baby Angonoka da un nido a terra, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

Nascita della prima baby Angonoka 2013, da un nido a terra, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

Alcune delle 15 baby 2013, nate in incubatrice, foto TCI, autore Agostino Montalti

Una delle 15 baby 2013(nate in incubatrice) dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

 Una delle 15 baby 2013( nata in incubatrice) dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Una delle 15 baby 2013(nata in incubatrice) dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Due baby 2013, dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti


Baby Angonoka, dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Baby Angonoka, dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Baby Angonoka, dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Angonoka sub-adulta, dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Angonoka sub-adulta, dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Baby Angonoka , dopo la pioggia notturna, foto TCI, autore Agostino Montalti

Dopo circa 45 giorni dalla spedizione, il nuovo strumento è arrivato, cominciavamo a preoccuparci, in quanto conosciamo l’efficienza delle poste malgasce. Quindi ritorniamo al centro ed eseguiamo gli ultimi lavori. Per primo sostituiamo la resistenza da 15Watt con una da 50W, poi installiamo il nuovo deumidificatore che abbiamo preparato in Italia. Si tratta di un apparecchio auto costruito, a basso consumo(60watt) in modo da adattarlo alle nostre esigenze.

Nuovo deumidificatore installato nell’incubatrice TCI, foto TCI, autore Agostino Montalti.

L’ultima fase è dedicata alla taratura e impostazione dei tantissimi dati del nuovo strumento che si rivela veramente all’altezza. L’unico piccolo problema che ci troviamo è un abbassamento un po’ troppo veloce del valore dell’umidità quando entra in funzione il refrigeratore, ma poi la pompa peristaltica compensa abbastanza bene e rialza l’umidità fino al valore impostato.

Combattimenti pre-accoppiamento di adulti di Angonoka, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

Combattimenti pre-accoppiamento di adulti di Angonoka, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

 

Accoppiamento di Angonoka, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

 

Accoppiamento di Angonoka, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

 

Adulto di Angonoka con l’organo sessuale non ancora rientrato, foto Durrell, autore Ernest Bekarany.

Purtroppo non è arrivata l’autorizzazione del Ministero delle Foreste per esportare in Italia i campioni biologici e quindi non effettuiamo i prelievi ematici alle neonate e nonostante il responsabile Ernest fosse riuscito a prelevare 10 campioni di liquido amniotico dalle uova delle 15 nate, non possiamo utilizzarlo; peccato, sarebbe stato un progetto interessante. Vedremo se continuarlo comunque ma sulle uova di Testudo Mediterranee. L’ultima fase dei lavori ci ha preoccupato non poco per il fatto che ci erano arrivate notizie gravissime, tramite articoli di giornale e televisioni, che parlavano di un grosso attacco di banditi armati (ben 42) nel nostro parco (Ankarafantsika), con tutti i turisti che sono stati ripuliti di tutto, fortunatamente poi è risultato sbagliato il nome del parco, ma lavorare con questa paura non è stato gradevole. Adesso l’incubatrice è perfetta e restiamo in attesa della decisione del Durrell di quante uova inserire nella prossima stagione 2014, noi pensiamo che sia importante inserire uova di un periodo abbastanza ristretto (30-40 giorni e non più 100 giorni come quest’anno) in modo da lavorare bene con il programma impostato. Con l’arrivo delle prime piogge è sempre bello vedere gironzolare i camaleonti e qualche serpente, usciti dal periodo di latenza. Capitava spesso di incontrare ragazzi che giocavano o maltrattavano qualche camaleonte ed io ne approfittavo per sequestrarglieli e portarmeli nel mio giardino pieno di alberi o di esemplari che attraversavano pericolose strade che recuperavo.

Camaleonte nel nostro giardino, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Camaleonte nel nostro giardino, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Camaleonte nel nostro giardino, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Numerosi sono stati gli incontri con le Astrochelys radiata che sono nei giardini quasi come da noi le mediterranee. La sorpresa più grande però è stata nel nostro giardino dove il nostro vicino(italiano) ha posizionato un recinto (non c’è recinzione di divisione fra le due case e ci sono diversi servizi in comune) con dentro 4 bellissimi esemplari baby di circa 2-3 anni, acquistati poco prima del nostro arrivo per pochi euro. Che dire, qua è talmente normale averle in giardino che è complicato fargli capire che sarebbe meglio non acquistarle; quindi mi sono limitato a dare consigli sull’alimentazione al guardiano, in quanto poi tocca a lui il compito, loro gli stavano dando solo delle porcherie come frutta e insalata…….. non credo proprio che in mezzo alla foresta spinosa del sud del Madagascar, loro habitat originale, trovino del mango e dell’insalata. Quindi l’ho istruito a ricercare nel vasto giardino le erbe selvatiche commestibili per loro e di alternale il più possibile. Devo dire che in tre mesi di nostra permanenza, sono crescite veramente tanto e benissimo, con una linea di crescita esagerata ma perfetta.

Le 4 baby Astrochelys radiata, nel nostro giardino, foto TCI, autore Agostino Montalti.

 

Una delle 4 baby Astrochelys radiata, nel nostro giardino, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Questa volta abbiamo visto anche qualche coccodrillo selvatico nel lago dietro al centro di riproduzione. Sono molto pericolosi, quest’anno ci sono state due vittime fra i pescatori locali.

Coccodrillo nel lago del parco di Ankarafantsika, per la pericolosità la foto è stata scattata da lontano, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Un episodio curioso è stato il ritrovamento in giardino di una coda di un piccolo lemure Catta, probabilmente portata dai tanti cani che di notte non ci fanno dormire.

Coda di un piccolo Lemur catta, trovata nel nostro giardino, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Visto che avevamo anche molto tempo libero e da settembre a fine novembre c’è la stagione del vento, un po’ di kitesurf nella bella spiaggia di Petite Plage, con vento medio non è affatto male.

Spiaggia di Petite Plage (Mahajanga) con il villaggio dei pescatori, foto TCI, autore Agostino Montalti.

 

Tramonto sulla spiaggia di Petite Plage (Mahajanga), foto TCI, autore Agostino Montalti.

 

Agostino Montalti nella baia di Petite Plage (Mahajanga), in versione Kiter, foto TCI, autore Belletti Daniela.

In questa seconda missione 2013 (è la prima volta che ne facciamo due nello stesso anno) non avevamo soldi raccolti da donare ai bambini poveri sotto forma di materiali scolastici, come avevamo fatto ad aprile, forse per questo il contatto coi bimbi ci mancava e durante le tante giornate nella parte di vacanza, che trascorrevamo in spiaggia, piano piano si sono avvicinati a noi molti bambini a cui abbiamo fatto “l’errore” di iniziare a dare qualche dono. Abbiamo iniziato con qualche caramella o gelato e poi un pomeriggio abbiamo regalato dei palloncini gonfiabili; non l’avessimo fatto…… in pochi minuti tutti i bimbi(e non solo bimbi piccoli) del villaggio di pescatori sono arrivati, e qui ce ne sono veramente tanti. Insomma, il sole era ormai tramontato e eravamo attorniati ancora da centinaia di bimbi che attendevano i palloncini. Da quel giorno, ogni bimbo del villaggio gironzolava attorno a noi e chiedeva “balom?” imparando così, come si chiamavano in malgascio, parlando questi solo nella lingua locale. I giorni successivi abbiamo rincarato la dose, portando anche racchettoni e due frisbee, questi mica li avevano mai toccati e poterci giocare per la prima volta per loro era una cosa inimmaginabile. Bellissimo era vederli giocare ed attendere con pazienza il proprio turno in quanti veramente tanti. Ci sembrava di essere in una scuola materna all’aperto. Poi il giorno di Natale abbiamo fatto di grosso, con distribuzione di tantissimi doni(i soliti palloni che erano i più ambiti, biscotti, caramelle, gomme da masticare e Chupa-Chups), la piccola spiaggia era affollatissima, c’erano almeno 150-200 bambini in fila per ricevere qualche dono. Purtroppo ci siamo affezionati ad alcune bambe che ci cercavano sempre, in spiaggia e in acqua, Tre delle nostre preferite le abbiamo portate due volte a casa nostra, con il permesso della nonna(non avevano i genitori), esperienza toccante e irripetibile, si sono mangiate tantissimi spaghetti e tutto quello che mettevamo a tavola, era un piacere vederle mangiare, soprattutto quando dovevano mangiare gli spaghetti che non conoscevano e non sapevano che dovevano essere arrotolati. Tantissime cose che a noi sembrano banali, per loro erano una scoperta ed era simpaticissimo vedere questi bimbi sempre allegri e spontanei. Era diventato difficile stare in spiaggia, alla sera arrivavamo a casa distrutti ma felici. Il problema veramente grosso è stato la partenza, sia per noi che per i bambini e un po’ di lacrime non sono mancate. Sapevamo che forse non era un bene per i bambini tutto l’affetto che gli abbiamo donato e poi negato all’improvviso per la partenza, ma queste cose non si cercano, anzi devo dire che loro ci hanno cercato e scelto, in fondo poi in spiaggia c’erano tanti altri stranieri bianchi che avrebbero potuto fare le stesse cose. Questa esperienza ci ha toccato il cuore e sarà difficile dimenticarla, ma la vita continua e dovremo considerarla un tassello del nostro cammino.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

 

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

I “nostri bambini” in spiaggia, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Le “nostre bimbe” a casa nostra mentre divorano il cibo, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Una delle “nostre bimbe” a casa nostra mentre si diverte a disegnare, foto TCI, autore Agostino Montalti.

La sera della vigilia di Natale siamo stati invitati ad una festa simpatica, dove oltre al tanto cibo si è ballato fino notte fonda e devo dire che i giovani malgasci hanno fatto la parte da leone, ballando tantissimo, loro la musica ed il ballo l’anno nel sangue, sono poverissimi ma ballare non costa nulla e rende allegri. Abbiamo capito che le feste natalizie qui sono percepite in altro modo, si festeggia la sera del 24 dicembre, fino all’alba, così come la notte del capodanno, ma soprattutto per bere birra, rum e ballare, il senso religioso è poco sentito.

Balli durante la festa della vigilia di Natale 2013, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Simpatico l’incontro con un lemure che probabilmente era addomesticato, visto che mi è venuto nelle mani per mangiare un po’ di banana, fa sempre una strana e delicata sensazione sentire i morbidissimi polpastrelli delle zampe e mani e l’estrema leggerezza del corpo.

Incontro simpatico, per strada, con un piccolo lemure, foto TCI, autore Agostino Montalti.

Ritornando alle tartarughe, abbiamo intercettato anche un trafficante di Angonoka che cercava di vendere una ventina di baby, ma non avendole con se, ci siamo limitati a far finta di essere interessati e chiedere il numero di telefono che abbiamo poi passato al Durrell, con la speranza che loro riescano fare qualcosa per beccarlo, anche se ci credo poco. Poi abbiamo visto una baby di circa 3-4 anni in un giardino di un francese ma qui la situazione è complicata e si vedrà in futuro che fare. Ed eccoci nuovamente in partenza per il ritorno in patria, giusto per il capodanno, dopo aver passato un Natale “strano”, con tanto caldo e a mollo nel mare del Madagascar…… e difficilmente ci dimenticheremo delle scorpacciate di mango succulenti e di litchi dolcissimi, ma ci rendiamo conto che c’è chi sta peggio di noi ……….. Con il cuore in gola, salutiamo il nostro meraviglioso Madagascar augurandoci di ritornare presto, ormai l’abbiamo nel sangue.

Testa di Astrochelys yniphora adulto, foto TCI, autore Agostino Montalti. Autore articolo: Agostino Montalti

 

Autore articolo:

Agostino Montalti

 

 

 

Lunedì, 23 Giugno 2014 13:16

Progetto TCI Angonoka 2013 parte 1

Lavori 2013

 

27 marzo 2013, primo giorno a Tana, la capitale del Madagascar e decidiamo di visitare lo Zoo pubblico; da tanto tempo c’era la curiosità perché sapevamo che detenevano diverse tartarughe, compresa qualche Angonoka. Come per tanti altri luoghi, il biglietto per i malgasci è bassissimo mentre per i vasah (nome che viene dato a tutti i bianchi, ad eccezione degli asiatici e indiani anche se di pelle bianca,questa poi non l’ho ancora capita…), che pagano 25 volte in più. Lo zoo non è altro che gli ex giardini della regina, molto grande, considerando che è praticamente in centro città, con due grandi laghi e spazi immensi di verde. Le prime tartarughe che incontriamo sono 3 belle Aldabrachelys gigantea in un grande recinto e con molta acqua a disposizione.

Non è che ci siano molti animali, ma molto bella è la zona coi lemuri che entrando all’interno, con una mancia i guardiani ti fanno toccare per dargli da mangiare un po’ di miele. Vediamo un bel gruppo di Astrochelys radiata,

tenuti abbastanza male in un piccolo recinto, ma il peggio lo vediamo all’interno del reptilario dove in una grande teca ci sono 6-7 A.radiata in condizioni pietose,

tutte con evidenti segni di malattia M.O.M., senza lampade UVB e alimentazione sbagliata. Abbiamo parlato col custode che in un primo momento si riteneva soddisfatto della crescita piramidizzata, evidentemente a lui piacevano così, ma quando gli abbiamo spiegato la malattia, non era più tanto sicuro di se, anche se sappiamo che finchè verranno tenute lì non hanno alternative (povere bestiole). Purtroppo o forse meglio dire per fortuna, di Astrochelys yniphora neppure l’ombra, sono state portate via da molti anni.

Il nostro viaggio prosegue verso la prima meta importante, ed eccoci arrivati nella bella e tranquilla Mahajanga, la nostra città di appoggio, sulla foce del fiume Betsiboka e sul mare che guarda verso il canale del Mozambico, carichi come degli zebù e stanchi per il lungo viaggio, ci prediamo un po’ di tempo per riorganizzare le idee e poi inizia la ricerca dei materiali di cui era previsto l’acquisto in loco; soprattutto l’acquisto dei materiali scolastici per i bambini. Purtroppo quest’anno la raccolta fondi è stata più bassa dell’anno precedente e per giunta la richiesta di aiuto arrivata è stata di 62 bambini in più e quindi ci siamo impegnati il doppio per trovare i prodotti a prezzi più bassi ma con l’intento di accontentare tutti i 262 bambini di 3 scuole all’interno del parco di Ankarafantsika. Tutto sommato la ricerca a dato buoni risultati e siamo riusciti a riempire un Pickup con diversi quintali di articoli vari e zainetti. Per ultimo abbiamo acquistato dei materiali elettrici che ci mancavano per l’installazione del sistema di allarme nella nuova quarantena situata nel centro di riproduzione di Ampijoroa (parco di Ankarafantsika).

Il giorno della partenza, verso il parco di riproduzione delle Astrochelys yniphora, chiamate Angonoka dai locali, ci si sveglia di buon ora ma l’appuntamento slitta di diverse ora per via di un guasto tecnico alla vettura, ma questo è il Madagascar, dove gli appuntamenti non sono mai sicuri; finalmente si parte, con la consapevolezza che già mezza giornata del primo giorno è già persa, tra ritardi e percorso stradale. Arrivati poco prima di mezzogiorno (speravo al massimo nelle 8 di mattina, ma ormai ho acquisito la filosofia malgascia e non me la prendo più), iniziamo subito a testa bassa coi lavori più duri, con un tasso di umidità e temperatura molto alto, siamo alla fine della stagione delle piogge e il caldo/umido si fa ancora sentire, poi c’è da considerare che siamo in mezzo ad una foresta.

Subito ci vengono a trovare alcuni lemuri Sifaka, i miei preferiti, con il candido mantello bianco e macchie marroni, sono di un’eleganza incredibile. Ho imparato il loro classico richiamo e rimangono un po’ ad osservarmi, prima di partire con grandi slanci fra i rami delle piante secolari del parco.

Il primo lavoro è l’installazione del sistema di sicurezza nella nuova quarantena che è ormai già piena di esemplari nei 12 scompartimenti creati .

Riconosco subito il nostro Norbert 1017 

l’esemplare più grande al mondo, salvato nel 2010 dal Tarta Club Italia, che fino a pochi mesi fa era ancora ad Antananarivo dove la sua quarantena prevista ha subito un “incidente” di percorso; in pratica qualcuno per errore lo ha inserito insieme ad altri esemplari, quindi la quarantena è stata iniziata da capo, ma il suo inserimento nella zona di riproduzione è imminente. Comunque ora qui le temperature sono molto più idonee della capitale dove nei mesi invernali arriva anche a 7/8° C notturni anziché minime di 18/19°C della zona di origine di Soalala. Nella nuova quarantena constato subito un nuovo problema sorto da qualche mese; l’attacco dei ratti che hanno mangiato parte delle zampe di alcuni esemplari piccoli 

e purtroppo ad uno si è provveduto ad installare sotto al carapace due piccole ruote in modo da permettergli comunque la mobilità, anche se vederla fa veramente pena. Il personale è corso subito ai ripari, installando una ulteriore fitta rete metallica e di sera tutti i piccoli esemplari vengono ricoverati in grandi contenitori plastici con rete metallica sopra. Lo stesso trattamento è riservato a tutte le circa 85 Pixys planicauda (chiamate Kapidolo dai locali) che sono in una recinzione a fianco.

Installiamo tutti i sensori lungo la rete di recinzione che qui è anche su tutto il sopra, poi i fari al LED, le canaline, i contatti magnetici e tutti i cavi elettrici fino alla centrale elettronica, vero cuore di tutto il sistema. Nel frattempo, nella zona delle deposizioni, abbiamo installato il nuovo Data-Logger che dovrà andare nel parco di Soalala, solo per qualche giorno in modo da rilevare un po’ di dati qui nel centro, da prendere come spunto per l’impostazione dell’incubatrice dopo le modifiche che faremo nei prossimi giorni. Finiti tutti i particolari ed i primi test, ci spostiamo nella zona dove abbiamo tutte le apparecchiature elettroniche ed installiamo i nuovi componenti per la sezione della quarantena.

Effettuiamo tutti i test di funzionalità e tutto fila liscio; la prima parte è finita. Passiamo quindi alle modifiche sostanziali dell’incubatrice; in pratica la “denudiamo“ tutta, lasciando solo il contenitore e iniziamo con l’installazione del nuovo sistema di raffreddamento formato da un compressore e due griglie che fungono da radiatori di cui una interna che fa freddo 

ed una esterna che scambia il caldo,

materiali che vengono usati nei frigoriferi da hotel. Poi al momento di installare la parte centrale interna, dove va posizionata la resistenza elettrica per la funzione di riscaldamento, ci accorgiamo che manca questa resistenza: PANICO!!!!! La testa inizia subito a girare a mille, forse è rimasta in città, forse in Italia…… già pensiamo di sospendere tutto e di tornare in città per richiedere una spedizione del pezzo, considerando che impiegherebbe quasi un mese……. Iniziamo quindi a ispezionare tutte le borse e valigie e… miracolosamente salta fuori, nascosta in un sacchetto, ma che mi fa fare un urlo di gioia; proprio l’idea di dover sospendere tutto non mi andava giù. Avevo studiato per tanti mesi tutto nei minimi particolari e non potevo ammettere una tale dimenticanza. Ormai è quasi buio ma il morale è di nuovo alto e continuo fino all’installazione del canale centrale con la ventilazione forzata e i due sistemi di raffreddamento/riscaldamento,

poi molliamo e tutti sudati sospendiamo i lavori con appuntamento alla mattina seguente. Purtroppo in camera niente luce (promessa il primo giorno) e acqua a goccia nel vero senso della parola, per cui lavarsi è veramente un’impresa, poi cena malgascia in un villaggio vicino e poi a nanna. La mattinata trascorre veloce nell’installazione di tutte le rifiniture dell’incubatrice come la pompa peristaltica, il sistema di temporizzazione per diminuire il flusso dell’acqua che crea umidità all’interno e per finire la nuova centralina elettronica.

Poi iniziamo i vari test e lasciamo l’incubatrice in funzione per stabilizzare i parametri e portarla al limite per vedere come si comporta. Nel frattempo dissotterriamo il Data-Logger per scaricare i dati, nella posizione delle deposizioni delle uova, per renderci conto delle variazioni termiche ai vari orari della giornata. Dopo di chè inizia lo studio delle 96 temperature da impostare nella nuova centralina elettronica; 24 per giorno, con 4 programmi che imitano 4 diverse stagioni, con ciascuna un tasso di umidità diverso. La decisione delle 96 temperature è di grande responsabilità per noi, in quanto i risultati dipenderanno soprattutto da questi parametri impostati; il tutto è studiato analizzando le temperature medie mensili della zona di Mahajanga che è sul mare, quindi molto più simile al parco di Soalala (unica zona di distribuzione naturale delle Angonoka) che anch’esso è sul mare anche se circa 100Km più a sud, rispetto al parco di Ankarafantsika che è all’interno e a mio parere molto diverso sia come parametri che come caratteristiche di compattezza del suolo. Il prossimo mese installeremo il nuovo Data-Logger nella zona di Soalala per almeno 12 mesi e così verificheremo i parametri corretti, anche in riferimento a quelli che impostiamo ora. Per iniziare impostiamo una prima serie di temperature anche per testare l’incubatrice il più tempo possibile prima di inserirvi le uova. Rimane qualche ora del pomeriggio e ne approfittiamo per iniziare a spacchettare tutti i materiali per i bambini e inserirli tutti dentro ai 262 zainetti,

facendo attenzione a non sbagliare; per fortuna abbiamo a disposizione un tavolo molto grande dove mettiamo meticolosamente in fila tutti gli oggetti in modo da passare a prenderli uno per uno ed infilarli dentro a ciascun zainetto.

In foto 22 si vedono tutti gli articoli destinati ad ogni zainetto. L’operazione, anche se siamo in quattro, si presenta molto lunga e si fa tardi per finire. Inoltre, faccio notte fonda per decidere tutti i parametri definitivi da impostare la mattina seguente. Di buon mattino completo la regolazione della centralina e partiamo per la distribuzione dei doni ai bambini delle scuole di Ambodimanga (76), Belalitra (150) e Ambalafomby (40), per un totale di 262 alunni. Come sempre l’esperienza è toccante; vedere questi bambini tutti sporchi ma sempre allegri e con degli occhi bellissimi e la timidezza disarmante verso chi gli porta doni così importanti, non si può rimare indifferenti.

Lo sforzo fatto per rimediare i soldi, le tante difficoltà per la ricerca dei materiali giusti e la fatica per riempire i 262 zainetti, sono ampiamente ripagati. La prima scuola è sulla strada nazionale 4, quindi facilmente raggiungibile, ma le altre due sono all’interno della foresta e la strada è veramente difficile da percorrere con il fuoristrada stracarico.

Alla seconda scuola ci dicono che la strada per la terza scuola non è praticabile e quindi arriveranno lì i bambini della scuola per riunirsi in una unica distribuzione; ovviamente i bambini arrivano alla spicciolata e stanchi visto che dista molti chilometri, ma il sorriso non manca comunque. Qui finita la distribuzione, si passa ai ringraziamenti ed è organizzata una piccola cerimonia con “buffet” malgascio con bibite calde e biscotti vecchi,

con tutte le autorità della zona; ovviamente questo per loro è un avvenimento che ricorderanno e parleranno a lungo. Finita la cerimonia si riparte per il viaggio di ritorno e rimane il tempo per la modifica della posizione dell’incubatrice che dall’ufficio in cui rimaneva molto caldo anche di notte, viene spostata in un nuovo locale molto aerato, posto all’interno della recinzione; in questo modo sicuramente le condizioni di lavoro con caldo estremo saranno ridotte. Ora che l’incubatrice è a posto e lavora bene, si procede a dissotterrare 33 uova dalla terra per posizionarle al suo interno:

durante gli scavi, un uovo risulta attaccato dalle termiti 

e quindi le uova diventano 32. Rimane il tempo per scattare un po’ di foto e qualche video e la giornata svolge nuovamente a termine,

non prima di controllare le 7 piccole nate nel 2011

(le prime in incubazione artificiale) e le 7 nate nel 2012.

Nel centro, da tempo ci sono anche 18 Astrochelys radiata provenienti da vari sequestri 

che sono in procinto di partire per il centro di recupero di Ifaty, al sud del Madagascar, sua zona di origine, in cassoni già pronti,

in attesa dell’autorizzazione delle autorità. Constatiamo anche che le cucine solari donate nel 2012 sono utilizzate e lavorano a pieno ritmo,

facendo risparmiare tanto carbone che vuol dire meno deforestazione.

La mattina seguente si carica tutto il materiale per i lavori di Soalala e le valigie personali e si ritorna a Mahajanga, la città di appoggio, dove inizierà lo studio di tutti i particolari e la preparazione dei materiali mancanti per l’ultimo lavoro che necessita di un’attenzione maniacale in quanto in quel sito molto difficile da raggiungere, ci si trova letteralmente fuori dal mondo ed il minimo particolare farebbe rischiare l’annullamento e quindi il fallimento dell’ultima missione. Per questo ci prendiamo il tempo dovuto.

Nel frattempo, in occasione della giornata mondiale dell’ambiente (5 giugno), il Durrell ha organizzato una importante festa dei villaggi all’interno del parco di Ankarafantsika e noi ne abbiamo approfittato per fare qualche dono a chi si è distinto a scuola; altri zainetti pieni di materiale scolastico.

Una brutta notizia: La direzione di Tana, del Durrell, tarda a decidere la data della spedizione e comincio a preoccuparmi un po’, non vorrei che saltasse nuovamente questo ultimo lavoro, come l’anno precedente. In fine, il responsabile dei progetti in Madagascar, Lance Woolaver, mi contatta e mi dice che dobbiamo incontrarci al centro per discutere del programma che ha subito modifiche per via di una brutta notizia. Fin dalla spedizione 2011 nel parco di Soalala, dove vedemmo due tipi cinesi in giacca e cravatta che ci dissero cercavano ferro nella regione, aleggiava nell’aria una notizia terrificante, se veramente avessero trovato il ferro, sarebbe stata la fine per il parco e per i progetti di salvaguardia delle nostre Angonoka, unica zona del Madagascar dove possono ancora vivere in natura, se pur in difficoltà per la continua opera dei bracconieri. Il progetto stava andando a gonfie vele, infatti iniziavano a trovarsi le prime nascite dagli 80 esemplari rilasciati con radiocomando, nella zona di Baeaboaly, dove qualche anno fa erano estinte, con 2 esemplari baby ritrovati e 10 quest’anno. Alcuni degli esemplari hanno 3-4 anni, quindi sin dai primi rilasci ci sono state riproduzioni. Questi ritrovamenti sono la testimonianza che il progetto funziona e i rilasci cominciano a riprodursi naturalmente. Tutte le piccole ritrovate sono poi state rilasciate con installato un micro-radiotrasmettitore che dura circa 6 mesi, per controllare le loro zone di permanenza. Il nostro sistema di allarme doveva essere installato in un recinto di pre-rilascio, in quanto gli esemplari che ogni anno vengono rilasciati (20 per anno), devono adattarsi un poco e tenerli quindi sotto controllo, ma la notizia dei ritrovamenti aveva già fatto pensare alla direzione di iniziare i rilasci in una nuova zona, quindi l’installazione di un nuovo recinto che poi il Tarta Club Italia avrebbe installato i già collaudati sistemi di allarme. Ma una agghiacciante notizia è arrivata come un macigno; sapevamo che i cinesi avevano trovato un giacimento di ferro, ma speravamo che fosse lontano dalle zone popolate dalle nostre Angonoka, invece dista solo 23 Km dalla zona a maggiore densità delle 4 popolate. Inoltre, sicuramente i cinesi cercheranno di fare un nuovo porto per esportare il ferro, o un aeroporto (o ancora peggio entrambi) e le uniche due aree marine con profondità di fondale per fare un nuovo porto, sono posizionate in modo tale che una nuova strada verso la miniera le attraverserà. Entro pochi anni è previsto l’arrivo di circa 35.000 persone da tutto il mondo, ma specialmente cinesi, dei quali si conosce la quasi totale mancanza di rispetto verso gli animali e la natura; questo decreterà la fine dell’area protetta e le nostre Angonoka non avranno più una terra dove sopravvivere, probabilmente rimarranno solo nel centro di riproduzione e nei parchi dove verranno affidate dopo i sequestri. Lo sfruttamento di una miniera, probabilmente durerà qualche decennio, poi alla fine in quella zona per centinaia di km rimarrà solo deserto, in quanto la città che nascerà poi quando la materia prima finirà, così come è nata, scomparirà, essendo in una zona remota senza altre risorse; e la cosa più triste è che al popolo malgascio di tutta quella ricchezza non rimarrà nulla, se non in tasca di qualche politico locale, così rimarranno ancora poverissimi e senza risorse.

Noi nel frattempo consegniamo il nostro Data-logger al responsabile che provvederà alla prima spedizione di inserirlo nella zona di Soalala, per rilevare i dati di tutto l’anno, importantissimi, che serviranno in futuro, anche se il clima in quella zona si modificherà.

Quindi quest’anno ritorniamo con l’amaro in bocca, nonostante i buoni risultati dei lavori eseguiti; ma non vogliamo fasciarci la testa prima del disastro. Ad ogni modo avremo contribuito a prolungare la scomparsa della specie; chissà che non troviamo una zona dove sia possibile rilasciarle e proteggerle, ma sarà indispensabile l’aiuto delle autorità malgascie, chissà che le nuove elezioni imminenti, non cambino qualcosa…….

Ringraziamo l’amico e socio Maurizio Bellavista per l’aiuto nella progettazione della nuova incubatrice.

Agostino Montalti

 

 

 

Lunedì, 23 Giugno 2014 13:11

Progetto TCI Angonoka , programma 2013

 

 

 

Partenza 26 marzo per la missione 2013 in Madagascar.

Tutto è pronto per la partenza dei volontari del Tarta Club Italia per il Madagascar, ormai consueta meta di uno dei suoi progetti naturalisti, il “Progetto TCI Angonoka”, per salvare la testuggine più rara al mondo, l’Astrochelys yniphora, denominata Angonoka dai locali, ma anche aiutare i bambini poverissimi di alcuni villaggi in mezzo alla foresta del parco di Ankarafantsika, nel nord-ovest dell’isola rossa, così è denominata l’isola; una volta era chiamata l’isola verde, ma dopo 50 anni di selvaggi disboscamenti la foresta si è ridotta ad un misero 20-25%, dovuti soprattutto alla scellerata scelta di creare pascoli per l’allevamento degli zebù con l’uso selvaggio degli incendi ed al bisogno di carbone per cucinare. Specialmente la parte sud dove gli allevamenti sono più intensivi, ormai si sta desertificando con conseguente diminuzione delle piogge stagionali e di pari passo con l’impoverimento delle popolazioni che sono ora veramente in condizioni pietose. Purtroppo in questo paese poverissimo c’è da tempo anche una forte crisi politica che sta sperperando le grandi risorse naturaliste ed energetiche a vantaggio dei paesi emergenti che sono affamati di materie prime e non sono minimamente rispettosi dell’immenso patrimonio di biodiversità che ancora resiste con grandi difficoltà in questo meraviglioso paese.

L’impegno dell’associazione Tarta Club Italia è iniziato nel 2009 ed è di supporto ad un progetto già esistente denominato “ Project Angonoka”, gestito dall’associazione internazionale Durrell Wildlife Conservation Trust allo scopo di portare nuove energie per migliorare la salvaguardia di questa rarissima specie che purtroppo è ambitissima dai collezionisti di tutto il mondo. Qui si possono leggere i particolari dei lavori eseguiti dalla nostra associazione : http://www.tartaclubitalia.it/progetto-tci-angonoka .

Solo 50 anni fa in tutta l’isola erano conosciuti solo 17 esemplari e si decise di costruire un piccolo centro di riproduzione dove fra impegno di alcuni “eroici pazzoidi” e furti, si è arrivato ad un numero attuale di circa 600 esemplari fra quelli in natura e quelli nel centro di riproduzione. L’azione del Tarta Club Italia si è da prima rivolta verso l’aspetto della sicurezza del centro, installando nuovi sistemi ad altissima tecnologia (italiana) che si sono rilevati molto efficienti, ma poi oltre alla donazione di molto materiale tecnico per il centro (microscopio, strumenti per rilevare il battito dentro le uova, fotocamere digitali, GPS e tanti prodotti medicinali e tecnici) si è impegnata anche nell’incubazione artificiale donando una incubatrice professionale per migliorare i risultati delle schiuse delle preziose uova.

Era però impossibile non farsi coinvolgere dai tanti bambini poverissimi di quella regione ed è nata così anche una raccolta fondi che ogni anno ci permette di portare personalmente aiuti concreti con materiali di cancelleria per permettere ai bambini di andare a scuola. Nel 2012, abbiamo anche consegnato a 4 villaggi, 4 cucine solari che permettono di cucinare il cibo (soprattutto riso) e diverse cucine a legna e carbone ad alta resa che permette il risparmio del 50% di carbone o legna; questo allo scopo di diminuire il disboscamento .

Ora, la nuova missione 2013 consiste il grandi linee nell’installare altri due sistemi di sicurezza, uno in un nuovo recinto di quarantena ed uno in un luogo remoto che viene usato come pre-rilascio degli esemplari sub-adulti, oltre ad una importante modifica dell’incubatrice per renderla sempre più efficiente. Inoltre, porteremo nella zona dove vivono in natura questi rari esemplari (parco di Soalala) un prezioso strumento (Data-logger) che memorizza i dati di temperature e umidità di tutto l’anno, allo scopo di ottimizzare i risultati della nostra incubatrice che è in un altro parco.

Questi i dettagli della nuova missione:

La preparazione dei materiali per il programma 2013 è lunga e occorre tanta pazienza, con vari test per evitare sorprese in luoghi dove anche un piccolo particolare diventa una montagna da scalare.

questi i 5 punti principali del programma 2013:

  1. Installazione sistema di allarme nel nuovo recinto di quarantena. 
  2. Modifiche all'attuale incubatrice.
  3. Installazione del sistema di allarme nel recinto di pre-rilascio nel parco di Soalala.
  4. Installazione del sistema Data-Logger nel parco di Soalala per rilevare temperature e umidità.
  5. Aiuti ai bambini poveri dei villaggi limitrofi al centro di riproduzione di Ampijoroa.

Descrizione dei 5 punti:

1)A fine 2012 nel centro di recupero di Ampijoroa, è stato costruito un recinto di quarantena per ospitare sopratutto gli esemplari sequestrati sopratutto negli aeroporti e ci andranno anche i due esemplari che ha recuperato il TCI nel 2010 e 2011. Prima di questo gli esemplari erano tenuti ad Antananarivo nella sede malgascia del Durrell, ma le temperature per molti mesi non sono idonee, compreso i piccoli spazi. Nel luglio scorso, mentre era in costruzione, abbiamo preso tutte le misure per i nuovi materiali per proteggere anche questo spazio, che ora abbiamo acquistato e assemblato; rimangono solo alcuni cavi e guaine di protezione che acquisteremo in loco.

2)Alla fine della scorsa stagione di incubazione, l'incubatrice faceva fatica ad abbassare la temperatura interna, in quanto esternamente era veramente alta; la minima notturna, all'interno dell'ufficio dove è posizionata non scendeva sotto i 30°C mentre di notte è impostata circa sui 24°C. Questo ci ha fatto pensare che ci fosse anche un problema nel sistema di raffreddamento formato da celle di Peltier; purtroppo sapevamo già che questo è un punto critico,  tale celle hanno il problema di un forte assorbimento di corrente e non molta affidabilità nel tempo. Da noi, in Europa il problema solitamente è il riscaldamento, quindi il raffreddamento è sempre stato poco studiato, mentre nel centro di riproduzione in Madagascar è il contrario e comunque questa specie necessita di tempi di utilizzo dell'incubatrice molto lunghi (10-11 mesi) che mettono a dura prova i materiali.  Proprio per questa poca sicurezza, stavamo pensando da tempo di modificare il sistema di raffreddamento, tanto che nella nostra scorsa missione abbiamo fatto delle prove di temperature a 100cm sul sottosuolo per vedere se la temperatura era più bassa, per studiare un sistema ad acqua con tubo sotterrato, ma abbiamo verificato che c'era poca differenza di temperatura, quindi scartato il sistema. Una volta tornati a casa,  abbiamo iniziato a studiare altri sistemi, fermo restando che si devono considerare parametri fondamentali come affidabilità, basso consumo di energia ed efficienza nel raffreddamento,   arrivando a puntare su un sistema ben collaudato ma non utilizzato nelle incubatrici, cioè un sistema con mini-compressore a gas e due radiatori di cui uno esterno ed uno che viene posizionato all'interno dell'incubatrice. Abbiamo trovato un piccolo compressore che consuma solo 30W (contro i 250 delle celle di Peltier) utilizzato nei piccoli frigoriferi delle camere degli hotel,  quindi molto affidabile e con un potere di raffreddamento notevole.   Già da un anno stavamo studiando un nuovo tipo di centralina elettronica che ci siamo fatti costruire su misura, in cui possiamo impostare 24 temperature durante la giornata e il valore di umidità, ricreando così alla perfezione i parametri voluti,  con linearità. Inoltre il nuovo strumento è impostabile con 4 programmi per simulare al meglio 4 stagioni.  Abbiamo acquistato anche una piccola pompa perilstaltica che fornisce gocce di acqua su un panno-spugna posto sulla base dell'incubatrice che viene controllata sempre dalla centralina per regolare l'umidità. Abbiamo costruito una piccola copia dell'incubatrice in legno, dove stiamo ultimando le prove con tutti i nuovi materiali che sono da mettere a punto in tutti i particolari, ma abbiamo già verificato l'elevata efficienza del nuovo sistema di raffreddamento.

3)Di questo impianto ne era prevista l'installazione già nella missione 2012 ma il Durrell non riuscii a terminare i lavori in tempo e il materiale l'abbiamo lasciato nel centro in attesa di installarlo nel 2013. Restano da acquistare in loco alcuni materiali come cavi elettrici, guaine di protezione, una batteria ed un piccolo pannello fotovoltaico.  Tutto il sistema sarà installato nella stagione secca in quanto nel parco di Soalala è molto difficile arrivarci , è proprio fuori dal mondo.

4)Il Data-Logger è uno strumento che rileva i dati di temperatura e umidità per lunghi periodi, dopo di che i dati possono essere scaricati su un notebook .   Questo studio serve per conoscere i parametri nel luogo dove vivono le Astrochelys yniphora (parco di Soalala) per poi impostarli nella nostra incubatrice che invece è nel parco di Ankarafantsika (circa 300-400 km di distanza in linea d’aria), dove la foresta è più alta e probabilmente i parametri differiscono un pò.  La ricerca di uno strumento adatto alle nostre esigenze non è stata facile in quanto quasi tutti i prodotti in commercio, anche più economici, erano con sonde per rilevamento dell'umidità in aria e non nel terreno.  Finalmente abbiamo trovato delle sonde specifiche per essere infilate sul terreno, sia per l'umidità che per la temperatura, ma i costi si sono rilevati altissimi e abbiamo dovuto prolungare ulteriormente le nostre ricerche che si sono dirette verso uno strumento che riteniamo sia perfetto per noi. La durata della batteria è di ben 3 anni, ma sicuramente scaricheremo i dati ogni anno, impostando i rilevamenti ogni ora. 

5)Al momento la raccolta dei fondi da destinare ai bambini poveri del Madagascar è ferma a circa 1.200 euro che abbiamo recuperato durante l’ultima edizione della nostra grande mostra TARTARUGHE BEACH e dai soci dell’associazione,  ma speriamo che all’ultimo momento in qualche altra donazione.  Dopo di che al nostro arrivo in Madagascar, penseremo come usarli al meglio,  prima ci sentiremo coi nostri amici del centro per decidere cosa acquistare e a quali scuole distribuire i nuovi doni, documentando poi tutte le consegne. Oltre alle consegne degli aiuti, svolgeremo dei corsi di educazione ambientale e del valore della salvaguardia degli animali; devono comprendere che valgono molto di più da vivi che mangiarseli.

Ovviamente non vediamo l'ora di ripartire per la nuova missione 2013 !

Rifacciamo l'appello per chi volesse donare qualcosa sia per il progetto che per i bambini poveri, basta scriverci e prenderemo accordi : Questo indirizzo email è protetto dagli spambots. E' necessario abilitare JavaScript per vederlo.

Agostino Montalti

(presidente Tarta Club Italia)

www.tartaclubitalia.it

 

 

 

Lunedì, 23 Giugno 2014 12:29

Madagascar, missione Tarta Club Italia 2012

 

 

 


Partenza 5 marzo 2012, L'aereo arriva ad Antananarivo(chiamata Tana dai locali) con due ore di ritardo, cambio i primi euro con la moneta locale(Ariary)e prendo un taxi; quando arrivo d'avanti all'Hotel Shangai sono ormai le 3 di notte ed è tutto chiuso, nonostante mi avessero assicurato che c'era sempre qualcuno a ricevermi, ma questo è il Madagascar e sono costretto a cercare un altro hotel, sapendo che di notte Tana non è raccomandabile. Ovviamente il primo che trovo è molto caro ma non vale la pena di rischiare. Sveglia abbastanza presto e parto per l'ufficio del Durrell, dove la mattina trascorre veloce tra un pò di chiacchiere con il responsabile Richard e l'amico Lance, oltre a fare visita al mio Norbert 1017, l'Angonoka più grande al mondo, da me recuperata poco più di un anno e mezzo fà, che si trova ancora qui per finire la quarantena e fra pochi mesi sarà trasferita nel centro di riproduzione di Ampijoroa, dove il clima è un pò più idoneo a lei (o meglio "lui", visto che è un maschio). Ci sono anche diversi altri esemplari confiscati di diverse dimensioni, da piccolissime a sub-adulti e adulti, tutti molto belli. Al pomeriggio ho programmato un incontro con una ragazza malgascia che è specializzata nelle tartarughe ed impegnata in un progetto americano per la salvaguardia delle Astrochelys radiata, nel sud del paese. Riesco ad incontrarla e parliamo un pò dei suoi progetti; forse lei rimane un pò delusa in quanto io a nome dell'associazione non posso prendere impegni immediati, ma il mio intento era quello di verificare i suoi progetti ed in secondo momento analizzarli con il consiglio direttivo e prendere una decisone . Rimaniamo d'accordo che analizzeremo seriamente i progetti che ci invierà e se sarà possibile daremo un aiuto concreto. Il giorno 7 parto per Mahajanga, la città di riferimento per tutti i lavori che faremo. Avevo previsto di partire per il centro di Ampijoroa il lunedì 12, ma la ricerca dei materiali mancanti si è verificata complicata e lunga, quindi ho rinviato a mercoledì 14. Una settimana è volata via nella ricerca dei materiali, specialmente quelli da donare ai bambini di 3 scuole nel parco di Ankarafantsika; trovare 200 zaini per altrettanti bambini, si è rilevata una impresa ardua e sono dovuti arrivare da Tana. Difficile anche la ricerca di due grosse batterie da 200 Ampere che servono per alimentare il sistema di emergenza della nostra incubatrice ad Ampijoroa. L'importo recuperato per i bambini poveri, grazie alle donazioni dei soci ed amici, quest'anno è stato di 1600 euro, quindi con quello che è rimasto dall'acquisto degli zaini, ho acquistato tutto materiale scolastico da metterci dentro a ciascuno ed esattamente:

  • 1 quaderno grande
  • 8 quaderni piccoli
  • 2 quaderni piccoli ma con molte pagine
  • 1 Kit comprendente righello, 2 squadre, goniometro ecc.
  • 1 confezione di 12 matite colorate
  • 3 penne blu
  • 1 matita
  • 1 gomma
  • 1 temperino

poi ho acquistato anche 4 palloni da calcio e 4 da basket, che hanno ottenuto un grande successo.

A spese dell'associazione era previsto l'acquisto di 4 cucine solari a parabola di diametro 140cm, ma Ernest, il responsabile del centro di Ampijoroa mi aveva detto poco prima di fare una prova perchè la gente della foresta di Ankarafantsika é "dura" alle innovazioni e così ho deciso di acquistarne solo una da provare. Oltre a questa però ho acquistato anche 4 piccoli forni, di tre modelli, di cui 2 da utilizzare col carbone e due con piccoli pezzetti di legna; il vantaggio di questi è che quelli a carbone risparmiano il 50% del prodotto e quelli a legna ne usano una quantità irrisoria. Ovviamente tutto questo è nell'ottica di limitare la deforestazione e quindi ho pensato che qualche prova valeva la pena farla.

La mattina della partenza si rileva molto lenta, dalle 7,30 che giriamo per ritirare tutti i materiali già prenotati o pagati, solo dopo mezzogiorno riusciamo finalmente a prendere la strada nazionale 4 che ci porterà in foresta. Siamo carichi all'inverosimile e la temperatura è alta. Dopo poco più di due ore e mezza arriviamo a destinazione; il tempo di scaricare un pò di materiale, verificare alcuni lavori e programmare la giornata successiva che il pomeriggio è già quasi finito. Qui il sole alla sera se ne va presto, in quanto gli alti alberi anticipano di quasi un ora e mezza il tramonto; in pratica alle 17 la luce inizia già a calare vistosamente. In compenso alle 7 c'è già un bel sole e la mattina successiva ci dirigiamo verso la prima scuola. Il programma era quello di distribuire entro la mattinata tutto il materiale alle tre scuole, più la dimostrazione della cucina solare a parabola, nella scuola più grande (109 bambini). Arriviamo nella prima scuola, composta da due strutture fatiscenti, dove nell'aia centrale posizioniamo la parabola, attorniati da una marea di bambini festosi e sempre sorridenti; l'asta nel centro della parabola, che funge da sostegno per la pentola, essendo nuova e quindi appena verniciata, dal fortissimo calore inizia a fumare vistosamente e provoca immediatamente la curiosità di tutti, me compreso. Rimango stupito dalla temperatura al centro della parabola. Subito dopo una donna immette del riso con acqua dentro ad una pentola e la posiziona nella parabola. Devo dire che passano pochissimi minuti prima di vedere bollire l'acqua. Nel frattempo ci spostiamo sotto un grande albero e iniziamo ad aprire le tantissime scatole di cartone e ad aprire gli zaini; dopo di che iniziamo ad inserirci dentro i vari materiali. Nel frattempo l'allegria che ci attornia è impressionante e finalmente i primi 109 zainetti sono pronti ed i maestri iniziano a fare l'appello con relative consegne. L'esperienza di vedere i visi allegri dei tanti bambini è gratificante e toccante, specialmente sapendo che questi non hanno mai ricevuto un tale dono. Consegnati gli zaini, passiamo alla consegna dei gessi per la lavagna, bianchi e colorati, 4 palloni e scattiamo ancora un pò di foto, poi passiamo al rito dei ringraziamenti del capo villaggio che però ci parla anche della necessità di dover ricostruire una nuova scuola....... e così abbiamo già di cosa pensare fino al prossimo anno ! Nel frattempo la cucina solare sta lavorando a pieno ritmo, almeno 5 o 6 pentole hanno cotto il riso per altrettante famiglie che abitano a fianco della scuola e vedo che c'è un gran andare e vieni attorno ad essa; una cosa è certa, ha riscosso un gran successo! e senza usare neppure un pezzetto di carbone; è questa la cosa miracolosa per loro.

Partiamo dalla prima scuola ed è mezzogiorno passato; quindi sforati completamenti i tempi del programma, ma qui in Madagascar il tempo ha poco valore. Andiamo a mangiare qualcosa e decidiamo di preparare prima tutti gli zaini per anticipare i tempi, altrimenti rischiamo di non riuscire a finire nel pomeriggio. Poi ci avvisano che una delle due scuole mancanti non è raggiungibile per via della pioggia del giorno prima che ha distrutto il sentiero, quindi decidiamo che ci torneremo a fine aprile. Durante il viaggio per la seconda scuola, ecco un altro imprevisto, la macchina, un potente Pick-up, si insabbia e solo dopo diverso tempo e l'aiuto di molte persone accorse ad aiutare, riesce a procedere e portarci a destinazione. Con gli zaini già pronti, la distribuzione procede veloce, ma qui ci sono dei tempi da rispettare e non si può fare diversamente. Dopo i soliti ringraziamenti ed il discorso lunghissimo del capo del villaggio che ovviamente non capisco cosa dice, l'amico Ernest mi si avvicina sorridendo e mi dice che anche loro hanno necessità di rifare la scuola e mi invitano a visitarla. In effetti non avevo visto in che stato era, la parte dietro è quasi tutta crollata e dentro è veramente in condizioni pietose. Inoltre erano già venuti a conoscenza della nuova "strana macchina che cucina senza carbone" e anche loro sarebbero felici di riceverne in dono una. Li vicino al grande albero di mango, dove ci eravamo posizionati per godere della sua ombra e distribuire i doni, si vedeva una grande capanna anch'essa in cattivissime condizioni che mi aveva incuriosito e appena finite le consegne ho chiesto che cosa era, mi è stato risposto che è una chiesa e ancora usata. Immediatamente sono andato a fare una visita e un pò di foto; sono rimasto senza parole per lo stato in cui versava. Però non ho visto neppure una croce ne nell'interno ne in esterno e mi sono dimenticato di chiederlo, lo farò un'altra volta.

Al ritorno qui si usa che se si ha posto in macchina e sul cassone si da sempre un passaggio a qualcuno e così carichi più di prima partiamo per il ritorno, felici.

La luce ci permette di fare un piccolo lavoro (in programma) nei sistemi fotovoltaici e la giornata si svolge al termine; rimane solo da lavarci, pranzare nel piccolo ristorante lungo la strada e metterci a scrivere col Notebook la giornata trascorsa.

Venerdi 16 marzo, la giornata inizia presto, poco prima delle 7 sono già sul luogo dei lavori, ma mi rendo conto subito che lì i lavori sono iniziati almeno mezzora prima, con lo scavo necessario per installare un cavo elettrico che porterà la corrente a 220V dal locale batterie al boreau dove è alloggiata la nostra incubatrice. Questa alimentazione fungerà solo di riserva per quando ci sono mancanze di energia dalla linea principale che qui succede spesso. Il mio lavoro inizia con l'installazione del regolatore di carica ed il collegamento delle due nuove batterie.

Successivamente provo l'inverter ma non ne vuole sapere, è difettoso e quindi dovremo acquistarne uno nuovamente, ma ci accordiamo che l'acquisto, se pur a nostre spese, lo farà una ragazza dello staff che la prossima settimana si recherà in capitale, dove costa molto meno. Installo poi un sistema che fa in modo di commutare automaticamente fra le due alimentazioni(quella del villaggio e la nostra coi pannelli fotovoltaici), permettendo di alimentare sempre l'incubatrice. Passo poi a cablare il nuovo sistema elettronico che andrà installato più avanti nel parco di Soalala, verificando la funzionalità con quello già in uso nel centro di Ampijoroa. Una piccola sosta, invitato da Ernest a pranzare con la sua famiglia, poi si ricominciano i lavori di rifinitura con la preparazione dello schiuditoio e la prova delle uova attualmente dentro l'incubatrice, con il nuovo strumento che verifica il battito dentro le uova ; purtroppo nessuna delle uova rileva battiti cardiaci, ancora nessuno conosce il tempo di sviluppo di questa rarissima specie e tutto è da scoprire. Consiglio ad Ernest di provare il battito ogni 10 giorni per iniziare a conoscere questa nuova cosa. Nel frattempo sono un pò perplesso sui modelli di contenitori interni che ha deciso di utilizzare il Durrell, sicuramente troppo grandi e sono tenuti con il coperchio chiuso, sicuramente ci sarà l'umidità costante e circolerà pochissimo ossigeno, ma noi più di dare consigli non possiamo, quest'anno le decisioni dei vari parametri l'ha presa un team di esperti del Durrell; anche se ho un pò di dubbi, vedremo alla fine di trarre le dovute conclusioni.

Nel frattempo faccio scavare una buca di profondità almeno 1 metro, per verificare la temperatura, mi serve per il nuovo progetto di una incubatrice a raffreddamento ad acqua, tentativo per cercare di limitare fortemente il consumo di energia. Il nuovo progetto prevede la dissipazione della temperatura tramite un radiatore ad acqua, alimentato da una pompa esterna che pesca acqua da un contenitore; se l'acqua nell'ambiente esterno non è sufficiente per abbassare la temperatura fino al valore desiderato, l'idea è quella di far circolare l'acqua in profondità nel terreno, ma queste sono tutte prove da effettuare. Il tutto poi sarà comandato da una nuova centralina che può impostare 24 ore giornaliere e ben 4 programmi per simulare 4 diverse stagioni o parti di stagioni. Il programma comanda sia il riscaldamento che il raffreddamento, più l'umidità. Tutte le impostazioni di temperature e umidità saranno rilevate nel parco di Soalala, a partire dal mese di maggio quando porterò lì 6 strumenti per analizzare i parametri di 6 postazioni dove vivono in natura le Astrochelys yniphora. Finiti tutti i lavori, finalmente ho a disposizione un pò di tempo per scattare un pò di foto alle Angonoka e sopratutto diversi video bellissimi con situazioni nuove, ad esempio la somministrazione di vermifugo a degli esemplari sub-adulti , le prime 7 baby nate dentro la nostra incubatrice nel 2011, dove si nota già la maggiore dimensione rispetto a quelle nate in terra sempre nello stesso anno. Ernest mi conferma che godono di ottima salute e sono molto vivaci. Poi faccio qualche video a due sub-adulte intente a sgranocchiarsi una povera pianta di Opuntia.

Ci scambiamo un pò di foto e la giornata di lavoro è finita e anche i lavori al centro di Ampijoroa, la mattina successiva l'appuntamento è per le 6,00 per la partenza verso Mahajanga, dove Ernest deve andare a prelevare Richard, il responsabile Durrell di tutti i progetti in Madagascar, proveniente da Soalala dove è stato a verificare lo stato di avanzamento dei nuovi lavori, sopratutto il nuovo recinto di pre-rilascio, dove io successivamente dovrò installare il nuovo sistema di allarme. In attesa che finiscano le piogge dovrò preparare un bel pò di materiali e programmare minuziosamente la spedizione che prevede 4 ore di barca veloce, più diverse ore di marcia dentro la foresta e qui se manca anche una semplice sciocchezza come una vite o similare, tutto salta. Nel frattempo ci prendiamo anche un pò tempo per un pò di riposo e rimettiamo in ordine le idee per il nuovo lavoro.

Le notizie che ci arrivano dei lavori nel parco di Soalala sono poco confortanti, in pratica sono fermi, quindi mi rilasso e mi godo il mio Madagascar, progettando una visita a nord, nella città di Diego-Suarez, soprattutto per cercare un po’ di vento che a Mahajanga proprio non voleva arrivare, per praticare la mia nuova passione: il Kitesurf. Il viaggio è stato tosto, 900 Km in bus, stretti come sardine e carichi come somari, per di più nel portapacchi abbiamo caricato un quad,

indispensabile per le piste che dalla città portano alle spiagge più belle. Oltre 24 ore di viaggio 

e subito a capofitto sulle stupende baie di Sakalava

e del Mer d’Emeroud,

accompagnato da un amico italiano conosciuto a Majanga nel 2009 che ha fatto un corso Kite mentre io mi sfogavo sulle acque cristalline ed i fortissimi venti provenienti dall’oceano indiano.



Purtroppo l’idea di portarmi dietro il notebook per continuare a tenere esercizio alle funzioni dell’associazione (quasi tutte le sere mi collegavo in un internet point col wireless) si è rilevata negativa…….. un giorno, il personale dell’albergo mi ha rubato il notebook e accessori, con la conseguente perdita di tutte le foto e video, fatti fino a quel momento. Per questo, nell’articolo, le foto sono inserite solo dal viaggio a Diego-Suarez……….

A Diego abbiamo trovato due ragazzi italiani che per vari motivi avevano deciso di cambiare radicalmente vita e avevano aperto una scuola Kite in loco, i quali oltre a fare il corso al mio amico, ci hanno aiutato in tante cose. Un giorno ci hanno portato in una nuova baia che anche loro non conoscevano,

per sperimentare nuovi luoghi e con grande sorpresa ho scoperto una sorta di cimitero delle tartarughe marine,

con centinaia di carcasse sparse su scogli, mangrovie e anche sugli isolotti che proteggono la baia. Non sappiamo perché sono tutte li, sono tutti gusci molto simili di dimensioni, sicuramente adulti e fa un certo effetto vedere i tanti crani bianchi sparsi ovunque. Abbiamo assistito anche ad un incontro di box malgascia,

solitamente riservata solo ai locali, molto violenta e praticata anche dai bambini dai 10 anni in su; è stato uno spettacolo molto “colorito” con la presenza di un folto pubblico locale, forse un po’ troppo allegro e agitato per via delle troppe bottiglie di rum che si scolavano e i combattimenti violentissimi, senza guantoni e senza regole, pur brevi, scaturivano forte adrenalina nel pubblico, anche aiutato dalla droga leggera che quasi tutti masticano (sono foglie che masticano fino ad ottenere una grossa palla che deforma letteralmente la mandibola). L’entrata allo spettacolo è riservata solo ai locali ma pagando e conoscendo un ragazzo che fungeva da giudice siamo riusciti ad entrare fra gli occhi stupiti dei altri spettatori; qui nessuno paga perché poi il tutto si basa sulle scommesse. Nota simpatica è data da un lemure che continuava a saltellare tranquillamente nella zona dello spettacolo; era addomesticato ed ogni tanto ritornava dal suo padrone. Il viaggio di ritorno è stato un incubo, ad un certo punto, a circa 160 Km dall’arrivo, ci hanno scaricati e abbandonati in un villaggio con la promessa che da lì a poco sarebbe arrivato un altro bus e ci avrebbe portati a destinazione…. Dopo 10 ore di attesa, abbiamo dovuto caricare tutto su un camion di fortuna, pieno di riso, pagare nuovamente e dopo un viaggio ad una velocità da lumaca, arrivare a notte fonda a destinazione.

Nel frattempo la strada per il terzo villaggio dove andare a consegnare i doni ai bambini della scuola non era ancora percorribile, passavano solo i carri trainati dagli zebù e neppure da Soalala arrivavano buone notizie. Nel frattempo sono inviato a partecipare ad un safari molto riservato,

che ha come meta finale Soalala (forse era distino che ci andassi anche quest’anno), zona molto difficile da arrivare, specialmente quando ancora le piogge in quella zona sono appena finite. Il percorso è di soli 140km ma solo potenti fuoristrada e guide molto esperte possono permettersi fare un tale percorso. Mi dicono che quest’anno ancora nessuno è riuscito ad aprire la pista e il risultato non era affatto contato, infatti lungo il percorso per almeno 30 volte abbiamo utilizzato gli argani per togliere uno dei 3 mezzi dall’acqua e fango. La spedizione comprendeva 3 auto e 3 moto da cross, con un totale di 16 persone. Partenza alle 5 di mattina e arrivo alle ore 23,30 a Soalala dove ci attendeva un traghetto che ci porterà dall’altra parte della baia, direttamente alla fabbrica di crevettes (gamberi) dove il proprietario che faceva parte della spedizione ci ha ospitati in meravigliosi bungalow e riempiti fino all’inverosimile di cibi a base di gamberi e tante altre squisitezze. La fabbrica ha ben 800 operai ed ha una estensione inimmaginabile di bacini d’acqua dove si allevano i gustosi gamberi che poi vengono quasi tutti spediti in Europa. Ovviamente di tartarughe in questo tour nemmeno l’ombra, ma la bellezza dei luoghi ne vale veramente la pena; qui infatti sono rarissimi i turisti che hanno avuto la fortuna di passarci, sembra di essere fuori dal mondo. Al terzo giorno ci prepariamo per il ritorno mentre la famiglia del proprietario della fabbrica ritorna con la sua famiglia in città con l’aereo privato, ma non prima di essere soccorso da noi perché il piccolo aereo, durante le fasi di partenza, nella pista privata, era incappato in un termitaio che ha bloccato la ruota d’avanti e si è reso indispensabile l’utilizzo ancora una volta dell’argano. Esperienza durissima ma irripetibile. Solo a inizio luglio decidiamo di partire per il parco di Ankarafantsika, con altre 3 cucine solari

e per ultimare la consegna dei doni ai bambini della terza scuola. Visto che ormai era chiaro che il lavoro a Soalala era da rinviare, decido di portare tutto il materiale dentro ad una grossa valigia, al parco di Ankarafantsika , dove lo terranno in custodia fino alla prossima missione 2013. Decido come prima operazione di consegnare le 3 cucine solari, anche per liberarci il cassone del pick-up, partendo da un piccolo villaggio nei pressi di Ampijoroa,

dove la gente ci attendeva con grande interesse, erano già a conoscenza di come lavorava la cucina, in foresta le notizie circolano in fretta. La seconda la installiamo a fianco della scuola dove l’anno precedente effettuammo la nostra prima donazione

e quindi mi conoscevano già; io stesso ho riconosciuto molti visi degli adulti. Ogni donazione come al solito comporta un tempo molto lungo per via dei rituali di ringraziamento e i piani saltano sempre, ma l’atmosfera è talmente rilassante e tranquilla che ti fa rendere tutto armonioso, poi ormai sono abituato a tutto questo. In questa ultima scuola, scopro una cosa che l’anno precedente non mi ero accorto; un laboratorio artigianale della lavorazione della raffia, con diversi telai e diverse donne che ci lavorano, molto bello da vedere. Qui mi ha incuriosito l’età di alcune lavoratrici,

veramente molto vecchie ma ancora abilissime a intrecciare questi fili di raffia e ovviamente molto orgogliose di farsi vedere al lavoro. La terza cucina solare decido di donarla ad Ernest e le famiglie adiacenti al centro di recupero,

dove all’entrata ci sono delle statue molto belle raffiguranti dei volti,

scolpiti su dei tronchi di palissandro, proprio in memoria della foresta di Ankarafantsika che una volta era ricca di questa varietà di piante mentre ora ce ne sono rimaste ben poche, con la speranza che questo aiuti la tanta gente che pass lì a visitare il parco, a comprendere il problema del disboscamento delle foreste. Il giorno successivo carichiamo i sacchi pieni degli zainetti, già riempiti di quaderni ed accessori e partiamo per l’ultima scuola, inoltrandoci in un sentiero all’interno della foresta. Dopo diversi chilometri la foresta inizia a diradarsi e iniziano a vedersi delle coltivazioni di limoni(una delle poche coltivazioni in questa zona), ma la strada non è certo bella, fino a entrare in una sorta di grande canale con pareti di roccia altissima, friabile e di colore rosso. E’ evidente che il canale è stato scavato dall’erosione dell’acqua e quando è la stagione delle piogge nessuno riesce a passare di lì. Di lì a poco il pur potente pick-up deve arrendersi e attendere l’aiuto di una squadra di magri ragazzi locali che con le loro caratteristiche vanghe, riescono a spianare alcuni punti della strada e farci proseguire fino alla scuola.

La scuola si trova in un grande spiazzale, è di recente costruzione e sembra ben solida, ma sembra abbandonata e poco dopo mi spigano che da oltre due mesi è chiusa per via dello sciopero degli insegnanti statali che protestano per il bassissimo salario (circa 22 euro al mese). Le uniche scuole aperte in tutto il paese sono quelle private, ma ben pochi sono i privilegiati in questo pur meraviglioso paese. Una breve attesa e alla spicciolata iniziano ad arrivare i primi bambini, avvisati al momento;

infatti Ernest mi aveva detto che non era stato possibile avvisare gli abitanti e che probabilmente con tutti gli adulti al lavoro nei campi, sarebbe stato difficile riuscire a radunare tutti i bambini nella scuola, ma l’idea di rinunciare alla consegna non mi piaceva affatto e ho insistito per procedere comunque. Nel frattempo gli adulti arrivati aprono l’aula più grande e si mettono a pulirla facendo un polverone incredibile; dentro c’era una puzza esagerata di guano di pipistrelli e un dito di polvere su tutti i banchi e sedie. Tutti collaborano con un’aria di allegria e quando l’aula ha un aspetto di decenza tutti iniziano ad entrare e diligentemente si siedono, dando precedenza ai bambini; dopo di chè portiamo dentro i due grandi sacchi con gli ultimi 46 zaini pieni di materiali e gli ultimi 2 palloni. Un anziano arriva con l’elenco degli alunni, classe per classe e inizia a parlare, dopo poco iniziamo la distribuzione;

mancano solo 4 bambini su 46 ma ci sono dei parenti che ritirano i corrispettivi doni. Nel frattempo quasi tutto il villaggio è arrivato a vedere cosa succede e la gente si accalca sulla finestra e sulla porta, ma in rispettoso silenzio. Pian piano procediamo alla consegna e dopo i soliti rituali di ringraziamento ci avviamo sulla via del ritorno, però questa volta il pick-up, avendo il cassone vuoto è assalito da ragazzi con le loro vanghe che chiedevano un passaggio. La mattina seguente, prima della partenza per il ritorno in città, verifico lo stato di avanzamento dei lavori al centro di recupero per quello che riguarda la nuova recinzione per la quarantena,

dove l’anno prossimo dovrò installare il sistema di sicurezza; è quasi pronto e quindi prendo tutte le misure per cavi, sensori, canaline e quant’altro per l’installazione futura.

Ernest mi dice che ha eseguito regolarmente la verifica dei battiti del cuore dentro alle uova e solo verso i due mesi ha iniziato a percepire qualcosa. Purtroppo i fori sulle scatole di plastica non erano ancora stati fatti e sono molto preoccupato per questo e ho insistito per avvisare i responsabili in capitale.

Quest’anno le uova inserite in incubatrice sono 29 e quelle lasciate in esterno sono 32; in pratica si è proceduto a inserire un nido ogni due in incubatrice, questo per verificarne l’efficacia, sperando che la mancanza dei fori nei contenitori non renda vano questa prova. All’arrivo in città ho scritto subito ai responsabili insistendo sull’importanza dei fori e di conseguenza per l’ossigeno. Per fortuna che la mia imposizione per verificare lo stato dei battiti del cuore ogni 15 giorni avrà almeno dato un po’ più di ossigeno alle uova(meglio di niente).

Un giorno il figlio del proprietario dell’albergo dove risiedo, mi telefona dicendomi che ha un regalo per me; era una bellissima Pixys aracnoides aracnoides(foto40), colorata con un pennarello nelle intersezioni degli scuti da qualcuno, ma sembrava ben sana. Non sapendo come poterla riportare nei suoi luoghi di distribuzione(sud-ovest), decido di lasciarla provvisoriamente insieme alle altre Astrochelys radiata che sono in un piccolo recinto dell’albergo. Qui gli alberghi o i privati che hanno un giardino, quasi tutti hanno all’interno delle tartarughe, quasi sempre A. radiata

o qualche Pyxys, un po’ come da noi le Testudo hermanni. Spesso nelle mie visite a conoscenti o amici ho visto bellissime A. radiata e tanti altri animali come lemuri,

serpenti di tutti i tipi, coccodrilli, ricci,

insetti,

uccelli e tantissimi camaleonti

che quando vedevo nelle strade mi fermavo per posizionarli nel verde dei bordi, questo perché sapevo che per i malgasci i camaleonti portano sfortuna e cercano di schiacciarli con le ruote…… Ho anche visto una Astrochelys radiata in cattività, che deponeva le uova.

Il periodo alla fine della stagione delle piogge è veramente uno spettacolo di verde e fioriture ; le fioriture dei Pachypodium poi sono incredibili

e si trova tanta frutta gustosissima.



Alcune foto di vita malgascia



Nel frattempo in città ho conosciuto diversi italiani e sono nate alcune importanti amicizie che mi hanno aiutato a trascorrere ancora meglio il soggiorno; due note negative, una che così parlavamo sempre in italiano e ho migliorato poco la mia conoscenza della lingua francese e l’altra che quasi tutti i giorni ci si incontrava per abbuffate esagerate, ma si può sopravvivere lo stesso……..

L’ultima settimana si spargono voci che ci sono delle Angonoka in città, in vendita e riesco a vedere una baby ma non riesco a bloccare la donna che la cercava di vendere. Il penultimo giorno riesco ad ottenere un contatto ed un appuntamento con un bracconiere al quale mi preparo ad attenderlo con la polizia nascosta, ma qualcosa va storto e non si fa vivo nessuno……. Peccato!

La missione 2012 è ormai finita e si ritorna a casa, ma questa lunga permanenza rende difficile staccarsi da questa meravigliosa terra sempre piena di sorprese.

Arrivederci al 2013 !

Agostino Montalti.

 

 

 

Domenica, 22 Giugno 2014 15:52

Urtica dioica L.

Urtica dioica L. (ortica)

Famiglia: urticaceae

Pianta erbacea perenne facilmente reperibile in campi incolti, lungo i sentieri, nei boschi e nei luoghi a mezz'ombra, è comune in tutta Italia.
Sia le foglie che i fusti sono ricoperti di peli urticanti che irritano e bruciano appena vengono toccati, i fiori sono insignificanti di colore gialloverde.
I germogli teneri vengono utilizzati in cucina sia come verdura cotta che per la preparazione di pasta fresca, ha innumerevoli qualità farmacologiche ed è molto utilizzata in erboristeria e farmacia.
Per le tartarughe è un ottimo alimento per l'elevato rapporto calcio/fosforo e contrariamente a quel che si pensa non hanno problemi a mangiarla, evidentemente i peli urticanti non hanno effetto su di loro.
Si può dare in abbondanza se è gradita in quanto a differenza del tarassaco non tutte le tartarughe la apprezzano.

Domenica, 22 Giugno 2014 15:49

Taraxacum officinale

Taraxacum officinale (piscialetto, dente di leone, dente di cane, soffione, barba del Signore)

Famiglia= Compositae (=Asteraceae)

In Italia il tarassaco è molto diffuso in tutte le regioni ed è facile reperirlo nei frutteti e nei vigneti, negli incolti e lungo i sentieri soprattutto nelle zone più umide e fresche.
E' facilmente riconoscibile per le infiorescenze vistose gialle e per il pappo che porta i semi chiamato anche soffione.
In cucina si utilizzano tutte le parti: le foglie, i petali ed anche i boccioli e le radici
Per le nostre tartarughe è un valido alimento con un ottimo rapporto calcio/fosforo e ne sono golose, amano molto anche i fiori e può essere somministrato a volontà.

Sonchus oleraceus L. ( crespino liscio, cicerbita, cardone )

Famiglia = Compositae (=Asteraceae)

E' una pianta annua estiva, al sud è rinvenibile in inverno, primavera ed autunno ma raramente d'estate.
Ama i terreni ricchi di azoto in luoghi poco soleggiati ed umidi. Ha i fiori di colore giallo.
Una volta era impiegato nella medicina popolare ed oggi viene consumato cotto come la cicoria selvatica.
Da dare ai nostri animali senza paura perché apporta liquidi, fibre e calcio in buona quantità.
Si cerchi di dare ai cuccioli i fiori che, vedrete, saranno molto apprezzati.
Ho visto mangiare di questa pianta anche i capolini maturi (semi) molto fioccosi, non preoccupatevi la tartaruga non soffocherà!!!

Plantago major L. - piantaggine maggiore (Barbara Beccari)

Plantago major L. (piantaggine maggiore, lingua di cane)

Famiglia: plantaginaceae

Erbacea perenne a carattere infestante, si trova negli orti e negli incolti, ai bordi di strade e sentieri ed ama le zone umide dove cresce in maniera rigogliosa.
E' praticamente priva di fusto, le foglie sono esclusivamente basali a forma di rosetta e in zone umide crescono molto rimanendo più tenere mentre in zone aride rimangono più piccole e dure.
Le foglie tenere vengono utilizzate per insalate miste ad altri ortaggi ed erbe.
Per le nostre tartarughe è un alimento eccellente in quanto ha un ottimo rapporto calcio/fosforo e contiene molte fibre, da somministrare senza problemi.

Lamium purpureum L. - falsa ortica purpurea (Barbara Beccari)

Famiglia= lamiaceae

 

Pianta erbacea annuale molto simile all’ortica dalla quale si differenzia per le foglie non urticanti, comune in quasi tutta Italia si trova solitamente lungo sentieri ombreggiati o nei pascoli.

Le foglie hanno un odore poco gradevole però le tartarughe solitamente la gradiscono ed è ottima per i valori nutritivi per cui si può dare in abbondanza

Esistono anche altre varietà di falsa ortica, tutte ugualmente ottime come cibo:

- falsa ortica macchiata – Lamium maculata L. detta anche dolcimele per il gusto dolce dei fiori, tra le false ortiche è la più gradita alle tartarughe e si trova in tutta Italia ad eccezione della Sicilia

- falsa ortica bianca – Lamium album L. detta anche urtia bianca, lamio ed ortica morta è caratterizzata dai fiori di colore bianco, si trova un tutta Italia a parte le isole

- falsa ortica maggiore – lamium orvala L. meno comune perché si trova solo nelle regioni del nord est e cioè Lombardia, Veneto, Friuli Venezia Giulia e Trentino Alto Adige

Tutte le varietà si possono proporre in abbondanza alle nostre tartarughe perché variano le foglie o i fiori ma non i valori nutritivi.

Hyoseris radiata L. – radicchio selvatico (Barbara Beccari)

Famiglia=Asteraceae

Nomi volgari: radicchio selvatico, trinette, ioseride, schiappa grotti

Pianta erbacea di origine mediterranea si trova nei campi incolti, nei bordi stradali e sui muri fino ai mille metri di altezza ma è poco comune se non inesistente nelle regioni a nord della Liguria.

Le foglie sono ben riconoscibili perché lunghe e strette con incisioni che arrivano fino a metà della lamina fogliare dando origine a segmenti triangolari.

I fiori gialli sono ottimo cibo per le tartarughe come tutto il resto della pianta.

Il rapporto calcio/fosforo è notevole e solitamente si cibano anche degli steli che apportano molte fibre.

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