Testudo graeca (Linnaeus, 1758)
Testuggine moresca, Testuggine greca - Spur-thighed Tortoise, Greek Tortoise
CLASSIFICAZIONE
Ordine = Testudines
Sottordine = Cryptodira
Famiglia = Testudinidae
Genere = Testudo
Specie: Testudo graeca
Sottospecie:
T. g. graeca, T. g. cyrenaica, T. g. marokkensis, T. g. nabeulensis, T. g. whitei (gruppo africano)
T. g. armeniaca, T. g. buxtoni, T. g. ibera, T. g. terrestris, T. g. zarudnyi (gruppo euroasiatico).
NOTE TASSONOMICHE
Da un punto di vista morfologico questa specie è molto variabile, e ciò ha portato negli anni alla descrizione di innumerevoli sottospecie, ma grazie a più recenti indagini genetiche c’è stata una riduzione del numero, in quanto quelle che all’apparenza potevano sembrare diverse sottospecie, in realtà sono sinonimi di altre, al limite da trattare come varianti geografiche. Tra i sinonimi più comuni si ricordano “T. g. anamurensis, T. g. antakyensis e T. g. floweri” = T. g. terrestris; T. g. nikolskii = T. g. ibera; T. g. perses = T. g. buxtoni. Non sempre morfologia e genetica vanno di pari passo, è possibile che due popolazioni della stessa sottospecie possano presentarsi con caratteristiche fisiche differenti, o al contrario due esemplari in apparenza indistinguibili possano appartenere geneticamente a due distinte sottospecie. Un caso significativo è rappresentato da T. g. anamurensis,seppur da ricondurre alla sottospecie T. g. terrestris, differisce in forma, dimensioni e colori dalle popolazioni appartenenti in senso stretto ad essa, per certi aspetti ricorda più una T. g. ibera che una T. g. terrestris, infatti non si può escludere la possibilità che si tratti di un incrocio tra le due, considerando anche la posizione geografica. Per quanto riguarda il gruppo africano, c’è stato in tempi recenti un cambiamento nell’attribuzione della sottospecie nominale, per via di una errata assegnazione di località che fu fatta in origine per l’esemplare di riferimento. Di conseguenza, il nome della sottospecie nominale T. g. graeca adesso è attribuito a quella precedentemente conosciuta con il nome di T. g. soussensis; a sua volta alla sottospecie precedentemente conosciuta con il nome di T. g. graeca è stato assegnato un altro nome tra quelli disponibili, ovvero T. g. whitei. Si tratta di regole di nomenclatura, discorsi tecnici di classificazione, cui occorre adeguarsi per continuare a parlare una stessa lingua comune e comprensibile.
DISTRIBUZIONE E HABITAT
Testudo graeca è presente in Nord Africa lungo la costa che va dal Marocco alla Libia comprendendo Algeria e Tunisia, e nell’areale euroasiatico si estende dalla Grecia fino all’Iran, passando per i territori tra loro compresi, in ordine alfabetico: Armenia, Azerbaigian, Bulgaria, Daghestan, Georgia, Giordania, Iraq, Israele, Kosovo, Libano, Macedonia, Moldova, Palestina, Romania, Serbia, Siria, Turchia. Sin dai tempi antichi questa specie è stata spostata dall’uomo per diverse ragioni in varie parti del Sud Europa, e oggi ritroviamo alcune popolazioni naturalizzate in Spagna e in Sardegna, soprattutto nella regione di Murcia e nel Parco Nazionale di Doñana nel primo caso (oltre alle Isole Baleari), e nella penisola del Sinis nel secondo caso. In Spagna e Sardegna, tali popolazioni sono da ricondurre geneticamente, in linea di massima, rispettivamente alle sottospecie T. g. whitei e T. g. nabeulensis, anche se morfologicamente in alcuni casi possono differire dalle popolazioni di origine (ad esempio in Sardegna la grandezza media è maggiore), e ciò può essere dovuto o a normali meccanismi di evoluzione e adattamento agli habitat lungo gli anni, oppure a lievi inquinamenti genetici con altre sottospecie. La presenza di Testudo graeca spesso si menziona anche in Sicilia, in particolare a Pantelleria, ma non esistono prove che ci siano ancora oggi delle popolazioni sicule per questa specie. Rari ritrovamenti in natura sono da ricondurre ad abbandoni in tempi recenti da parte dell’uomo o fughe dalla cattività. La specie predilige ambienti di macchia mediterranea, zone costiere, sabbiose e semidesertiche.
CARATTERISTICHE MORFOLOGICHE
Specie dalle medie e piccole dimensioni, a seconda della sottospecie variano dai circa 15 cm fino a misure record di 38 cm di carapace. Normalmente quelle del gruppo africano rimangono più piccole di quelle del gruppo euroasiatico. Il carapace è cupoliforme e può essere leggermente allargato posteriormente. Le squame delle zampe anteriori sono grosse, in confronto ad esempio a quelle di una Testudo hermanni. Sulla testa è presente al centro una squama più grossa delle altre, di forma pentagonale. Lo scuto sopracaudale è unico, non è diviso in due. Il piastrone negli adulti è semi-mobile nella parte posteriore, in corrispondenza delle suture che separano gli scuti addominali da quelli femorali. Sulle zampe posteriori ai lati della coda sono presenti gli speroni, ovvero dei tubercoli, normalmente uno per lato, ma in casi eccezionali anche due. I colori variano dal giallo, al marrone, al nero e loro sfumature. Se distinguere questa specie da altre dello stesso genere è abbastanza facile, altrettanto non si può dire tra le sue diverse sottospecie, l’alta variabilità morfologica all’interno di ognuna rende la loro identificazione complessa. Conviene iniziare facendo una distinzione tra le sottospecie del gruppo africano e quelle del gruppo euroasiatico. Premessa, le caratteristiche che verranno descritte, vanno considerate soprattutto in esemplari adulti, e ognuna va valutata nel complesso con le altre, poiché prese singolarmente non sono sufficienti per identificare con certezza una sottospecie o la sua provenienza geografica, è un discorso di maggior percentuale dei casi, non c’è nessuna caratteristica presente in una sola sottospecie e sempre assente in tutte le altre. Quelle del primo gruppo si caratterizzano per avere testa e arti anteriori affusolati, spesso macchiati di nero e giallo, un carapace più bombato con colori più accesi, e un piastrone con macchie nere dai disegni irregolari. Il primo scuto vertebrale ha una forma rotondeggiante, e la sutura del piastrone tra gli scuti femorali e quelli addominali crea delle curve alle sue estremità. Di contro, le sottospecie del gruppo euroasiatico si caratterizzano per avere testa e arti anteriori tozzi, scuri quasi in modo uniforme, un carapace più schiacciato superiormente e largo, con colori spenti, e un piastrone che tende ad essere uniformemente scuro con l’avanzare dell’età. Il primo scuto vertebrale ha una forma pentagonale a linee rette, e la sutura tra gli scuti femorali e addominali è dritta. Passando alle singole sottospecie, alcune hanno tra loro le medesime caratteristiche, soprattutto se vicine geograficamente, quindi l’esatta identificazione in cattività potrebbe avvenire solo se si conosce l’origine geografica (dei genitori o degli avi per animali nati in cattività), o tramite indagini genetiche. In cattività inoltre ci sono molti ibridi tra sottospecie e ciò complica ulteriormente le cose.
Testudo graeca graeca (Sudovest Marocco): di piccole dimensioni, il carapace ha colori poco brillanti, che variano dal marrone al giallo spento con macchie nere. In alcuni esemplari la pelle di testa e arti ha delle sfumature di colore arancione o rosa. I piccoli alla nascita sono di colore marrone. Caratteristica unica per questa sottospecie è la totale assenza, nella maggior parte dei casi, degli speroni sulle zampe posteriori.
Testudo graeca marokkensis (Nord Marocco): sottospecie simile a T. g. graeca ma presenta una maggiore variabilità di grandezze e colori, alcuni esemplari hanno una predominanza di giallo, altri invece di nero, altri ancora hanno un motivo punteggiato, maculato o raggiato sul carapace. I piccoli alla nascita sono di colorazione quasi uniforme, marrone o nocciola, il piastrone è più chiaro con una macchia centrale poco estesa.
Testudo graeca whitei (Est Marocco, Algeria, Spagna): la colorazione di fondo del carapace è giallo, con gli scuti bordati di nero con una o più macchie centrali, sulla testa è presente una macchia gialla che si alterna al nero, il piastrone è più scuro, soprattutto nei maschi (escludendo in molti casi gli scuti anali e gulari). I piccoli alla nascita hanno colori più chiari sul carapace, invece sul piastrone è presente una macchia nera estesa. E’ la sottospecie africana che può raggiungere le maggiori dimensioni, anche 30 cm di carapace, in particolare verso la costa centrale dell’Algeria viene citata una popolazione “gigante”, ma non vi è validità tassonomica per considerarla una sottospecie separata, non si riescono a trovare prove odierne in natura di tale popolazione, e gli esemplari attribuiti ad essa in cattività, oltre alla stazza fuori media, hanno colori e disegni riscontrabili in altre sottospecie africane, per cui la questione rimane irrisolta.
Testudo graeca nabeulensis (Tunisia, Est Algeria, Ovest Libia, Sardegna): molto simile a T. g. whitei, le differenze consistono nella tonalità di colori meno accesa, e nelle dimensioni, infatti con i suoi 15 cm (soprattutto nei maschi) è la sottospecie più piccola tra le T. graeca. Sul quinto scuto vertebrale vi sono due macchie nere al centro, che insieme al contorno scuro, in molti casi formano un disegno tipico simile a un teschio umano stilizzato.
Testudo graeca cyrenaica (Est Libia): molto simile a T. g. whitei e T. g. nabeulensis, differisce per il disegno del carapace che presenta diverse macchie nere irregolari, soprattutto sugli scuti laterali. Il colore di fondo è giallo acceso, la forma del carapace è più allungata.
Testudo graeca ibera (Nordest Grecia, Bulgaria, Romania, Nord Turchia e paesi confinanti): rappresenta l’archetipo della Testudo graeca euroasiatica, quindi rispecchia le caratteristiche tipiche per questo gruppo. Ha una colorazione più scura nella maggior parte dei casi, un carapace più largo e meno domato, con testa e arti massicci. I piccoli hanno una colorazione del carapace più chiara, e il piastrone presenta alla nascita una macchia più o meno estesa o irregolare. E’ la sottospecie che può raggiungere le dimensioni maggiori, con casi di 38 cm.
Testudo graeca armeniaca (Georgia, Daghestan, Armenia, Azerbaigian): molto simile a T. g. ibera, il carapace è largo e bombato ma la parte superiore è piatta. Normalmente negli adulti, la superficie del carapace non è liscia poiché si distinguono nettamente le diverse linee di crescita degli scuti. Una caratteristica che non è detto venga mantenuta in esemplari nati e cresciuti in cattività. La colorazione degli adulti è scura e uniforme. I piccoli hanno colori più chiari, con piastrone giallo e macchie nere.
Testudo graeca buxtoni (Est Turchia, Iraq, Ovest Iran): carapace di forma rotondeggiante con gli scuti marginali leggermente estesi posteriormente. Colorazione abbastanza uniforme, marrone chiaro con colori più scuri nella parte interna degli scuti. I piccoli alla nascita si presentano di colore marrone scuro.
Testudo graeca zarudnyi (Est Iran): generalmente ricorda T. g. buxtoni, ma ha un carapace più allungato, largo posteriormente dove gli scuti marginali possono formare un “gonnellino” simile a quello di una Testudo marginata. Il carapace è marrone, con tonalità che variano dal color sabbia al color mattone.
Testudo graeca terrestris (Israele, Giordania, Libano, Siria, Sud Turchia): è la sottospecie che presenta al suo interno la maggiore eterogeneità di colori,forme e dimensioni, nel suo areale si trovano diversi ambienti con climi dai più umidi e ai più secchi, che hanno condizionato fortemente la morfologia. La forma classica, che comunemente si fa ricondurre a questa sottospecie, si caratterizza per avere un carapace cupoliforme, di ridotte dimensioni, con colorazione gialla e grosse macchie nere su ognuno degli scuti vertebrali e laterali. Ma la colorazione può variare dal giallo, al nero, al marrone, fino a tonalità di arancione e rossastro (che coinvolge anche la pelle). Alcuni esemplari sono totalmente neri, altri al contrario totalmente gialli (questa varietà cromatica viene comunemente detta “Golden Greek”). Anche la forma del carapace cambia da una popolazione all’altra, in alcune è più allungata e presenta un “gonnellino” posteriore. A seconda dell’origine, una T. g. terrestris può risultare o molto simile a una T. g. ibera oppure con caratteristiche più comunemente riscontrabili in sottospecie del gruppo africano. La posizione geografica di questa sottospecie non a caso è intermedia, quindi tali similitudini dipendono dal versante del suo areale, nel quale non si escludono zone di intergradazione tra sottospecie diverse.
Anche se non si tratta di una sottospecie, menzione a parte va fatta per una tipologia di T. graeca fortemente pubblicizzata negli ultimi anni da allevatori e commercianti, con il nome di “East Anatolian”. Se inizialmente questo nome aveva una precisa corrispondenza, ovvero si riferiva ad esemplari di T. g. ibera di grosse dimensioni e originari dal versante Est della Turchia (letteralmente “East Anatolian” significa “della Turchia dell’Est” scritto in inglese), a causa di disinformazione e speculazioni, adesso ha perso totalmente qualsiasi significato. Infatti ormai vengono chiamati con questo nome, sia T. g. ibera di grosse dimensioni che non provengono dall’Est Turchia (e viceversa), sia T. graeca di grosse dimensioni appartenenti ad altre sottospecie e con diverse origini. Quindi all’interno di questo nome ormai possiamo trovare esemplari che tra loro non hanno nulla in comune, né l’origine, né la sottospecie, né le caratteristiche fisiche. Per un allevamento consapevole, è preferibile seguire solo i nomi scientifici delle sottospecie riconosciute.
DIMORFISMO SESSUALE E RIPRODUZIONE
Il maschio è di dimensioni inferiori rispetto alla femmina, tranne nel caso di alcune popolazioni del gruppo euroasiatico in cui maschi e femmine possono raggiungere la stessa grandezza. Nel maschio il piastrone è concavo per aderire meglio al carapace della femmina durante l’accoppiamento, la coda è più grande in lunghezza e larghezza, e gli scuti anali formano un angolo di ampiezza maggiore. Durante il corteggiamento il maschio è molto aggressivo, morde e colpisce ripetutamente col carapace la femmina. Durante l’anno avvengono due o tre deposizioni, di quattro, cinque o più uova ciascuna. I piccoli nascono dopo circa 90 giorni, preferibilmente in una giornata seguente una pioggia di fine estate, che ammorbidendo il terreno ne agevola la risalita in superficie. In incubatrice il periodo di attesa è minore, circa 60 giorni a 32°C, la temperatura di incubazione influenza il sesso, a temperatura maggiore nasceranno in prevalenza femmine e viceversa. La femmina riesce a conservare lo sperma del maschio anche dopo alcuni anni dall’ultimo accoppiamento, e ciò permette di deporre uova fertili anche in anni in cui non sono avvenuti accoppiamenti. Questa caratteristica è comune a molte specie di testuggini, e ciò è giustificata dal fatto che in natura sono animali solitari, quindi una volta che un maschio e una femmina hanno la fortuna di incontrarsi, devono far sì che da quell’accoppiamento, ottengano un elevato vantaggio numerico in termini riproduttivi, per più generazioni.
LETARGO
Testudo graeca effettua letargo in base alla sottospecie e all’areale di origine. In linea di massima, le sottospecie del gruppo africano non effettuano letargo, invece le sottospecie del gruppo euroasiatico si, con le dovute eccezioni, ad esempio alcune T. g. terrestris per aspetti ambientali sono paragonabili alle sottospecie africane. Oltre alla temperatura, anche l’umidità è un fattore determinante per il superamento dell’inverno, infatti un ambiente troppo umido è deleterio per molte popolazioni di origine africana. La sottospecie più robusta e adattabile al clima italiano, è senza dubbio T. g. ibera, ma è possibile tenere tutto l’anno fuori al Sud Italia anche altre sottospecie, che seppur non effettuano un vero e proprio letargo, riescono ad affrontare l’inverno. Bisogna valutare caso per caso, la differenza positiva la fa anche la condizione di animali nati e cresciuti in cattività, rispetto ad esemplari adulti di cattura, facilmente stressabili e poco adattabili ai cambiamenti. Durante il letargo T. g. ibera scava nel terreno fino a sotterrarsi anche del tutto, e questo le permette di passare un letargo a temperatura più costante, senza brusche interruzioni tra inizio e fine periodo. E’ un istinto innato, d’altro canto raramente le sottospecie africane scavano o cercano un adeguato riparo col freddo. Durante l’estate, in giornate molto calde, si può manifestare un comportamento analogo, le tartarughe potrebbero interrarsi e saranno meno attive, anche se non si tratta di una vera e propria estivazione. Per gli esemplari che non effettuano letargo occorre adibire un terrario per la stagione fredda, munito di lampade UVB e riscaldanti. Non esiste un’età adatta per fare letargo, quindi nei casi in cui questo è possibile, va fatto fare sin dal primo anno di vita, se non sussistono particolari motivazioni sullo stato di salute.
ALIMENTAZIONE
Principalmente vegetariana, in natura consuma varie erbe e piante. Essendo animali opportunistici, possono integrare occasionalmente la dieta con lumache, lombrichi, carcasse e feci di altri animali. In cattività è sufficiente limitarsi ai vegetali, preferendo alimenti con un rapporto calcio-fosforo a favore del primo, oltre alle erbe spontanee come tarassaco, trifoglio, ortica e tante altre, possiamo somministrare cicoria, indivia, radicchio e simili. La frutta va data con parsimonia. I liquidi di cui necessitano li assimilano dal cibo, e dall’ambiente circostante se vivono in condizioni naturali (ad esempio dopo la pioggia), ma è possibile farle bere lasciando dei contenitori con acqua, a livello del terreno, da mantenere sempre puliti.
MANTENIMENTO IN CATTIVITA’
L’ideale è allevare questa specie all’aperto tutto l’anno, quando possibile, recintando un terreno o un giardino, scegliendo il substrato adatto, alternando l’uso di terrari o serre, in base alle esigenze di ogni singola sottospecie, in relazione al proprio clima di origine. Non vanno tenuti insieme esemplari di sottospecie diverse, per evitare il contagio di malattie, aggressioni tra loro, e per non creare inquinamenti genetici. Tutte le sottospecie di Testudo graeca possono ibridarsi tra loro, tali ibridi sono sempre fertili, e difficili da identificare, solo in alcuni casi una caratteristica riscontrabile nei piccoli ibridi è l’assenza di macchie nel piastrone. I maschi possono essere molto territoriali e aggressivi, per tale motivo si consiglia di tenerli isolati dal resto del gruppo, se non per farli accoppiare durante alcuni giorni dell’anno.
STATUS GIURIDICO
La specie è stata inclusa nella Convenzione di Washington, CITES Appendice II, e in Allegato A del regolamento CE. Per la detenzione in Italia, oltre alla documentazione che ne attesta l’origine lecita, necessita del microchip.
Testo di: Enrico Di Girolamo (2021).
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http://tartaclubitalia.it/index.php/risorse/veterinari/richiesta-modifica-dati/itemlist/user/736-superuser#sigProGalleria3991ecbc3f
Il ruolo delle tartarughe giganti estinte, nella germinazione dei semi di baobab Adansonia rubrostipa esistenti in Madagascar
Di Anna Romano
26 Luglio 2019
Mancano ancora poche settimane al termine ultimo per denunciare il possesso di una tartaruga Trachemys scripta: entro il 31 agosto, i privati cittadini e i Comuni sono tenuti a compilare il modulo online sul possesso di piante o animali invasivi. E tra questi ultimi c’è, appunto, Trachemys scripta, la tartaruga palustre americana o “tartaruga dalle orecchie rosse” (o gialle, a seconda della sottospecie), originaria degli Stati Uniti orientali e del Messico orientale e giunta in Europa per diventare uno dei rettili più comuni tra quelli tenuti come pet. Negli anni, gli individui fuggiti o rilasciati in natura da proprietari non più interessati a mantenerli si sono rivelati del tutto in grado di cavarsela e si sono stabiliti a danno delle specie autoctone. Ed è questo il punto di partenza che porta all’obbligo di denuncia.
Trachemys scripta, nelle sue sottospecie T. s. elegans, T. s. scripta e T. s. troostii, è stata introdotta in Europa fin dagli anni Settanta, e ora la sua popolazione è ritenuta stabile in diversi Paesi, tra cui l’Italia, dove si trova in tutte le regioni, isole comprese. Il sito delle specie invasive di ISPRA riporta che per decenni la tartaruga palustre americana ha rappresentato uno dei più popolari animali da compagnia non convenzionali, e che in soli dieci anni (tra il 2002 e il 2012) dagli Stati Uniti ne sono stati esportati oltre 100 milioni di esemplari.
«Trachemys scripta elegans andava particolarmente di moda fino a una trentina d’anni fa, quando non era raro che venisse data ad esempio come premio alle fiere», racconta a OggiScienza Mirko Giorgioni, vice-presidente dell’Associazione Tarta Club Italia, una no profit per la salvaguardia delle tartarughe nata nel 2002. «Nel 1997, la sottospecie è stata inserita nell’allegato B della Convenzione di Washington o CITES, per cui ai commercianti erano richiesti specifici certificati che ne garantissero la tracciabilità. Quindi il commercio, seppur non vietato, si è per comodità spostato sulle altre due sottospecie, che pure sono tutte interfeconde».
Tuttavia, come molti altri animali esotici, anche le tartarughe sono di gestione solo apparentemente semplice. «Si tratta di animali che vivono a lungo e possono aumentare molto in dimensione», spiega Giorgioni. «Le cure che richiedono in termini di pulizia e corretta alimentazione, e gli spazi di cui hanno bisogno, implicano molte attenzioni da parte dei proprietari. E, purtroppo, in molti preferiscono abbandonarle quando la gestione diviene troppo impegnativa». Ecco così i rilasci in natura di Trachemys scripta: tra gli esemplari abbandonati illegalmente e quelli fuggiti («Le tartarughe sono bravissime a crearsi vie di fuga», commenta Giorgioni), la tartaruga palustre americana è arrivata anche ai laghetti italiani. E qui si è rivelata un vero problema.
Trachemys scripta compete infatti con Emys orbicularis, la tartaruga palustre europea (considerata unico rappresentante in Europa fino al 2005, quando un’indagine genetica rivelò anche l’esistenza della specie Emys trinacris, endemica della Sicilia). La Red List della IUCN classifica Emys orbicularis come “prossima alla minaccia”: ai danni causati alla popolazione da fattori come la bonifica delle aree umide e il degrado ambientale, vanno aggiunti quelli della competizione con la più grossa e vorace tartaruga americana. Il sito sulle specie invasive dell’ISPRA riporta infatti che le maggiori dimensioni e un più veloce raggiungimento della maturità sessuale di Trachemys rappresentano dei vantaggi competitivi sulla controparte europea. Le due specie competono sia per le risorse trofiche che per i siti di deposizione delle uova e di basking, ossia i luoghi in cui le tartarughe regolano al sole la propria temperatura corporea. A ciò si aggiunge l’aumento del rischio di trasmissione di agenti patogeni dovuto alle Trachemys rilasciate in natura.
Trachemys scripta rientra tra le specie elencate nel Decreto legislativo 230/2017, che recepisce in Italia il Regolamento UE 1143/2014. Quest’ultimo descrive le disposizioni per gestire e dove possibile prevenire la diffusione delle specie invasive nell’Unione europea, raccolte in una lista aggiornata periodicamente, che attualmente conta 49 specie tra animali e vegetali ritenute “di rilevanza unionale”.
Il Decreto 230/2017, entrato in vigore a febbraio 2019, vieta l’introduzione e il transito sul territorio nazionale, la riproduzione, il trasporto, l’acquisto, la vendita, il rilascio e la detenzione degli animali inseriti nella lista (alcuni dei quali, come il procione, non possono comunque essere tenuti come animali domestici perché considerati pericolosi per l’incolumità e la salute pubblica). E, per i cittadini che già convivono con questi animali, ecco l’obbligo di denuncia al Ministero dell’Ambiente (via raccomandata con ricevuta di ritorno, fax o PEC), prorogato di circa un anno e in scadenza il 31 agosto. Le sanzioni previste per chi non rispetta il decreto sono severe, e arrivano all’arresto fino a tre anni e sanzioni tra i 10.000 e i 150.000 euro per il rilascio in natura.
L’obbligo di denuncia vale tanto per i privati cittadini quanto per i Comuni nei cui territori è presente Trachemys scripta, di solito esemplari provenienti da abbandoni, scrive il WWF Italia in una nota. Ma come evitare questi ultimi? Cosa può fare un proprietario che non voglia più tenere o non voglia denunciare la tartaruga?
Purtroppo, la risposta è al momento incompleta, perché il Decreto prevede che le Regioni e le Provincie autonome di Trento e Bolzano possono autorizzare enti, oppure strutture pubbliche o private, alla detenzione definitiva di questi animali. La misura, che ha lo scopo di contrastare i rilasci in natura (contribuendo così al controllo della specie), permetterebbe anche di tutelare il benessere degli animali, che potrebbero essere accolti in impianti idonei. Le strutture autorizzate alla detenzione, specificano le Linee guida redatte dal Ministero dell’Ambiente in collaborazione con ISPRA e con la Societas Herpetologica Italica, devono impedire la riproduzione delle tartarughe, con misure che vanno dalla separazione dei sessi all’impedire la deposizione o la schiusa delle uova con strategie ambientali (ad esempio, eliminando il terriccio o la sabbia in cui le tartarughe possono seppellire le uova, oppure tenendo queste ultime in zone fortemente ombreggiate). Inoltre, le strutture devono prendere ogni precauzione per impedire la fuga accidentale degli animali.
Entrambi questi aspetti valgono anche per i privati cittadini e i Comuni. Per quanto riguarda la riproduzione delle tartarughe, è bene ricordare che esiste anche la possibilità di farle sterilizzare. «È una soluzione che assicura che non nascano piccoli. L’operazione avviene tramite endoscopia, e il costo è relativamente basso, ma sono ancora pochi i veterinari che la praticano», spiega Giorgioni.
«La nostra Associazione, in collaborazione con l’AUSL Romagna-Forlì, si occupa da anni di specie alloctone di tartarughe, che ospitiamo in un centro di recupero a Cesena. Ogni anno accogliamo centinaia d’individui, e la stragrande maggioranza proviene da privati che li cedono», spiega ancora Giorgioni. «Il problema, per un proprietario che volesse lasciare o non volesse denunciare la propria Trachemys, è che al momento non tutte le regioni hanno un centro riconosciuto ufficialmente per la raccolta delle tartarughe. Per ora, quindi, i proprietari non possono che aspettare l’attivazione dei centri regionali».
https://oggiscienza.it/2019/07/26/tartarughe-domestiche-trachemys/
Di Anna Romano
02 Agosto 2019
Un embrione di tartaruga. Ye et. al / Current Biology
Maschio o femmina? Per molti rettili e alcuni pesci, il sesso del nascituro dipende dalla temperatura cui l’embrione è esposto durante il suo sviluppo nell’uovo. Questo fenomeno può rappresentare un grosso problema quando si considerano i cambiamenti climatici: se una maggior temperatura determina lo sviluppo in senso femminile dell’embrione, il rischio è che il riscaldamento globale porti alla femminilizzazione di intere covate, come è stato osservato ad esempio in alcune tartarughe marine.
Eppure, i rettili sono sopravvissuti a lungo nel corso della storia, attraversando anche periodi con condizioni climatiche estreme, come dimostrano le ricostruzioni filogenetiche. Come si concilia questo con l’apparente vulnerabilità delle specie nelle quali la determinazione del sesso è legata alla temperatura? Uno studio appena pubblicato su Current Biology fornisce parte della soluzione al quesito: gli embrioni sono in grado di spostarsi all’interno dell’uovo in risposta a un gradiente termico, e i ricercatori hanno dimostrato che questo tipo di comportamento consente loro anche d’influenzare la determinazione del sesso.
Per i rettili esiste una temperatura, diversa fra le specie, che consente di far nascere maschi e femmine in egual proporzione. Per la tartaruga cinese palustre tricarinata (Mauremys reevesii), questa temperatura è stata individuata, in condizioni semi-naturali, a 27,9 gradi centigradi: man mano che la temperatura aumenta o diminuisce, cresce il divario fra la nascita di maschi (con un ambiente più freddo) e femmine (con un ambiente più caldo). Ci sono però delle strategie che gli animali possono mettere in atto per tamponare i cambiamenti del regime termico. Ad esempio, la femmina può deporre le uova in periodi o luoghi più freddi, optando per la deposizione in primavera invece che in estate oppure all’ombra invece che in un luogo esposto al sole.
E poi c’è la strategia indagata nello studio appena pubblicato: l’embrione può contribuire alla determinazione del suo stesso sesso, modificando così le proporzioni tra neonati maschi e femmine. «In precedenza, avevamo dimostrato che l’embrione è in grado di termoregolarsi muovendosi all’interno dell’uovo, per cui eravamo curiosi di scoprire se questo comportamento fosse anche in grado di determinare il sesso del nascituro», spiega in un comunicato Wei-Guo Duo, professore della Chinese Academy of Sciences e uno degli autori dello studio. «Volevamo sapere se e come ciò possa aiutare a tamponare l’impatto del riscaldamento globale sul rapporto tra i sessi in queste specie».
I ricercatori hanno incubato le uova di tartaruga cinese palustre tricarinata in stagni (sia in laboratorio sia all’esterno) facendo in modo che vi fosse sempre un gradiente termico, per cui un’estremità dell’uovo risultava più calda dell’altra. La differenza poteva arrivare a 4,7 gradi centigradi: un dato già importante, perché un cambiamento di soli due gradi della temperatura esterna può, da solo, spostare in modo sostanziale la proporzione tra maschi e femmine. Metà delle uova esaminate sono quindi state trattate con una sostanza, la capsazepina, in grado di bloccare i sensori termici dell’organismo e impedire così la termoregolazione.
Alla schiusa delle uova, i ricercatori hanno scoperto che gli embrioni sottoposti al trattamento si erano sviluppati quasi tutti come maschi o come femmine, a seconda della temperatura d’incubazione. L’altra metà, rappresentata dagli embrioni in grado di percepire la temperatura e quindi spostarsi nell’uovo per trovare quella ottimale, erano invece maschi e femmine in pari proporzione.
In pratica, quindi, se l’uovo ha un gradiente termico, l’embrione può spostarsi per trovare il punto in cui la temperatura non è né troppo alta né troppo bassa: è quella che Richard Shire, uno degli autori dell’articolo e professore alle Maquarie University in Australia, chiama la “Zona Riccioli d’Oro”, riferendosi al principio di Riccioli d’Oro impiegato in alcuni campi scientifici. Così, il tartarughino non ancora nato può proteggersi dalle temperature estreme, e il rapporto tra i sessi dei neonati risultare relativamente proporzionato.
Questo meccanismo, tuttavia, ha dei limiti. «La termoregolazione dell’embrione risulta limitata se il gradiente all’interno dell’uovo è scarso, così come se l’embrione è troppo grande per riuscire a spostarsi o troppo giovane per aver imparato a farlo», spiega Du. L’effetto “tampone” di contrasto alle temperature esterne è limitato anche nel caso vi siano episodi con picchi di alte temperature, per i quali ci si aspetta un aumento di frequenza a causa dei cambiamenti climatici.
Quindi, scrivono gli autori, la termoregolazione da parte dell’embrione può influenzare la determinazione del sesso solo in alcune circostanze, ossia quando la temperatura del nido è comunque vicina a quella che consentirebbe la nascita di maschi e femmine in egual rapporto e l’embrione ha effettivamente la possibilità di termoregolarsi spostandosi. Gli autori spiegano che vi potrebbero essere altri meccanismi con cui le specie mitigano il rischio legato alle temperature estreme. «I nostri prossimi studi esploreranno il significato adattativo della termoregolazione embrionica e di altre strategie, sia comportamentali che fisiologiche, che gli embrioni di tartaruga e le madri possono adottare per tamponare l’effetto del riscaldamento globale».
Tratto da : https://oggiscienza.it/2019/08/02/tartarughe-embrione-sesso/
Vi segnaliamo dal sito dei Carabinieri, corpo forestale:
Linee guida sintetiche per il mantenimento in cattività delle testuggini (Testudo spp.).
Superficie minima per il rispetto del benessere animale in allevamenti a scopo amatoriale.
Non ci sono riferimenti di legge, ma il consiglio è di attenersi a queste misure minime in quanto poi in caso di contestazioni è facile che i tribunali gli diano ragione.
Da parte nostra il consiglio è, se possibile, di aumentare anche di molto le misure dei recinti o terrari, indicate nelle tabelle della Forestale; questo per il benessere delle nostre beniamine.
"Per la prima volta nel mondo scientifico sono state testate le abilità cognitive dei cheloni, in particolare della specie Testudo hermanni, con risultati sorprendenti fuori da ogni aspettativa! Le testuggini sono state messe alla prova con una serie di test volti a provare se fossero capaci di discriminare quantità continue e discrete, in questo caso porzioni di cibo, capacità fino ad ora indagate solo in alcuni mammiferi, uccelli e pesci.
La cognizione è un insieme di rappresentazioni e processi mentali essenziali ad affrontare il mondo fisico e sociale. Qualsiasi organismo si deve confrontare con elementi quali lo spazio, il tempo, gli oggetti, gli altri individui ecc. Pertanto, non c'è motivo di credere che determinate abilità cognitive — come saper discriminare quantitativamente — siano prerogativa dell'essere umano, fatto perdipiu già confutato da tempo dopo la scoperta da parte della psicologia comparata di un sistema numerico pre-verbale tra gli infanti umani, i quali acquisiscono fin dalla tenera età la capacità di discriminare quantitativamente sequenze sonore e visive, cioè ancora prima di aver appresso i rudimenti del linguaggio, rendendo questo sistema completamente slegato da simboli e sintassi.
Stesse metodologie di ricerca sono state applicate così agli organismi non-umani, arrivando a conclusioni qui brevemente esplicate, dimostrando che tali competenze hanno radici molto lontane nella storia evolutiva delle specie animali. Ergo, non si tratta di semplici competenze percettivo-sensoriali ma vere e proprie competenze numeriche. L'uomo ha saputo semplicemente razionalizzare queste capacità, di cui molte specie animali son dotate fin dalla nascita, attraverso processi logici come la matematica — una serie infinita di convenzioni universali utili per intendersi con individui appartenenti alla sua stessa specie — spinto dalla sua mania di catalogare e controllare tutto ciò che lo circonda."
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Autore della presentazione: Luca Boscolo